Potere, morale, diritti umani. I dilemmi diplomatici della Germania

L’alleanza Cdu-Csu-Verdi-liberali si prepara a governare il paese. Una svolta inedita nella politica interna. E in quella internazionale?
FRANCESCO MARIA CANNATÀ
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Discontinuità e Germania. Un rebus che abbia queste come parole chiavi potrebbe essere risolto cosi: il 2017 è stato l’anno della svolta per la politica interna e internazionale della Germania. E il dilemma sarebbe sciolto. Ma solo apparentemente. Perché, per quanto paradossale possa apparire, questo è vero solo per la prima parte dell’equazione.

Indubbiamente l’alleanza Cdu-Csu-Verdi-liberali che si prepara a governare il paese, è un inedito per Berlino. Per le relazioni internazionali invece le fratture sono tante e nascono in momenti diversi.  2014/2015 Crimea e Ucraina, 2016 Brexit, 2017 elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.

Secondo il politologo di Francoforte Günther  Hellmann, queste sono le fratture più potenti vissute dalle relazioni euro-atlantica dal 1949. Anno della nascita di Rft e Rdt e della divisione europea in due alleanze militari contrapposte.

Ministero degli affari esteri (Auswärtiges Amt) a Berlino

Finito il mondo nato nel 1949

Dal 1949, governo Adenauer,  all’ultimo governo Merkel l’orchestra della diplomazia tedesca ha suonato sempre lo stesso spartito. La Germania doveva rappresentare il punto di equilibrio quasi perfetto tra est e ovest. Il legame privilegiato era certo quello con l’occidente, Westbindung, ma quello a oriente, Ostverbindung, non doveva essere per nessun motivo inferiore. Nel 2014 questo schema è saltato in aria.

Le relazioni con Mosca hanno preso una strada differente che sarà seguita per un periodo prevedibilmente lungo e anche quelle con Washington difficilmente saranno più come prima. Comprensibile dunque che quanto avvenuto nel 2014 nelle relazioni euro-atlantiche e in quelle tra l’est e l’ovest dell’Europa, da Berlino sia visto e valutato in maniera differente rispetto agli altri paesi del continente.

È stato il cambio di leadership a Washington a spingere Angela Merkel, attuale e con ogni probabilità prossima cancelliera tedesca, ad affermare che per gli europei è arrivato il momento  di “prendere in mano il loro destino”. Chi in queste parole vi ha visto la dichiarazione di indipendenza tedesca ha compiuto un passo estremo. Il cambio di priorità è stato però netto. In futuro il baricentro della politica estera di Berlino sarà l’Europa.

L’arrivo al cancellierato del nuovo primo ministro francese Edouard Philippe per la sua prima visita a Berlino, 15 settembre 2017 Foto: Bundesregierung/Denzel

La Germania s’impegnerà al massimo per rendere l’Ue capace di resistere alle forze centrifughe interne e le minacce esterne in grado metterne a rischio la coesione. Una politica da fare insieme alla Francia se le proposte di Emmanuel Macron non si contrapporranno alle rappresentazioni e ai principi tedeschi sull’argomento.

In questo caso sarà possibile anche scandagliare i punti d’incontro franco-tedeschi per la, maggiore, governance dell’Unione. Per l’Unione monetaria ciò significa lavorare alla sua stabilizzazione. Naturalmente specialisti e diplomatici tedeschi non negano che stabilizzazione e sviluppo continentale e dell’Unione Europea, rappresentano i principali interessi strategici della politica estera tedesca.

Fragilità strategiche

Anche in questo caso però onori e oneri. Secondo quanto pubblicato lo scorso anno nel Libro bianco sulla politica di sicurezza il governo tedesco ammette che dovrà abbandonare alcune comodità che finora avevano permesso di non prendere posizione riguardo la soluzione e la gestione delle crisi globali.

Al contrario Berlino si dovrà impegnare e dare “rapidi, decisi e sostanziali” impulsi alla propria azione internazionale. Ossia assumersene le responsabilità ed esercitare la leadership. Si tratta di trasformazioni strategiche imposte sia dalle crisi e minacce alla stabilità internazionali che dal maggiore peso politico conquistato dalla Germania dopo la riunificazione.

Tallinn Digital Summit

Il combinato di questi fattori renderebbe assurdo un comportamento basato sulla politica della rinuncia ad agire tipico della vecchia Bundesrepublik. Trasformazioni indipendenti dal maggior o minor consenso goduto da Angela Merkel. Le maggiori iniziative e gli impegni più concreti della Germania sono indispensabili e inevitabili. La questione è se il nuovo governo sarà disposto ad assumere tali compiti e se sarà pronto a pagarne i costi politici, finanziari e, nel caso,anche militari.

Alcuni di questi punti critici sono apertamente venuti alla luce durante le scorse elezioni. Ora la coalizione nera-giallo-verde come quella in via di preparazione darà i contributi necessari alla politica europea e mondiale? Senza dubbio si dovrebbero superare sensibili contrapposizioni. Basti pensare alla politica nei confronti di Mosca, dove non solo esistono punti di vista diversi tra Verdi e liberali ma anche dentro la stessa Unione, la questione divarica la Cdu dalla Csu. L’idea che Merkel possa guidare un governo di minoranza sembra azzardata. In questo caso leadership e responsabilità politiche globali andrebbero a farsi benedire.

Altrettanto si può dire riguardo l’altro, controverso, obiettivo della politica di sicurezza tedesca, far si che le spese per la difesa raggiungano il due per cento del Pil. Su questo tema  un governo di minoranza non potrebbe mai raggiungere la maggioranza.

Nel suo libro “Potenza centrale”, lo storico Herfried Münkler ha sottolineato le tre “fragilità strategiche” che potrebbero rendere difficile alla Germania l’affermazione della propria leadership internazionale. Innanzitutto l’avvento del populismo, poi la perdita di attrazione delle “coalizioni al centro”, infine la strumentalizzazione del passato nazista.

Proprio questo potrebbe rivelarsi lo scoglio più delicato da superare per la Germania, come dimostra l’attuale polemica del governo polacco. Varsavia ritiene che Berlino debba fare ancora fronte ai danni economici e morali causati dal Terzo Reich alla Polonia durante la seconda guerra mondiale.

Vladimir Putin con la cancelliera tedesca a Sochi nel gennaio del 2007. In primo piano il labrador Koni, del leader russo. Merkel ha notoriamente una fobia per i cani

Se si prende poi l’instabilità di cui è ancora preda il sud e il sud-est dell’Europa, e i problemi che agitano il modo: guerre civili, terrorismo, decadimento statale e affermazioni di strutture autoritarie – allora i compiti di politica estera e di sicurezza del nuovo governo non sono assolutamente da invidiare. L’esperienza del terzo cancellierato di Angela Merkel dimostra inoltre come serva essere pronti all’eventualità che nuove grandi crisi possano esplodere in ogni momento. Naturalmente è innanzitutto l’Europa ad avere bisogno di una Germania stabile e prevedibile.

Potere, morale, diritti umani. I dilemmi diplomatici della Germania ultima modifica: 2017-10-06T16:44:19+02:00 da FRANCESCO MARIA CANNATÀ
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