Nel centro dell’Italia c’è il cuore della ceramica, l’argilla lavorata in mille modi e declinata secondo varie e diverse tradizioni in quella preziosa fascia di mezzo che separa (o unisce) arte e artigianato.

Il Museo della Terracotta di Petroio
Il triangolo della ceramica
Tra Umbria e Toscana si trova infatti un ideale triangolo che unisce Deruta a Petroio (con il suo bellissimo Museo delle terrecotte) e a Cetona, storico borgo del senese dove, nell’ampia bottega di Franco Cicerchia nella centrale piazza Garibaldi, rivive l’antica arte dei manufatti d’argilla che il ceramista toscano riveste in “abiti moderni”. Sono queste, anche, le terre del “bucchero”, fragile impasto dal colore nerastro che gli etruschi usavano fin da quando il sole di Roma non era ancora sorto all’orizzonte. E che somiglia, ci spiega Franco, ex giramondo, al “Barro negro” messicano…
La vetrificazione
Franco usa l’argilla delle terre di fiume (Arno, Tevere, Paglia, Astrone), morbide e vive, ricche di micro-organismi che rendono dolcemente plasmabili i manufatti che l’artigiano-artista pone quindi in uno dei due forni della bottega a quasi mille gradi di temperatura. Il ceramista, pittore e buon acquerellista, interviene poi sull’argilla, sulla terra cotta (in greco Kéramikos…), riprendendo l’antica tecnica di vetrificazione che era stata importata dalla Turchia (ma in questo paese, in realtà, giunta dalla lontana Cina) e che ebbe gran successo nell’Italia rinascimentale grazie, in particolare, ai bassorilievi maiolicati dei Della Robbia, due magnifici esemplari dei quali si possono ammirare in due diverse chiese della non lontana Radicofani (un cucuzzolo dove si arrampicavano le auto delle Mille Miglia e dove, molto secoli prima, operò il celebre Ghino di Tacco, “brigante buono”, secondo la definizione del Boccaccio).
Tra smalti e terre di Siena
Ex viaggiatore verso mete inusuali, grafico pubblicitario e poi diplomato all’Istituto d’arte di Perugia, Franco immerge le sue opere, le sue ceramiche, in un “bagno” di pigmenti, per lo più costituiti da ossidi di silicio, di ferro o di quarzo. L’operazione regala al manufatto una consistenza calda ma non brillante, a metà tra lo splendore dello smalto e le tenere opacità delle terre di Siena. Sue creazioni sono le più volte premiate “semisfere”, grandi ciotole dall’interno smaltato e l’esterno grezzo, di terra cotta a 960 gradi e che sembrano evocare la roccia vulcanica, come in un involontario confronto tra l’arte della natura e quella dell’uomo.
Franco è figlio di Vincenzo Mencaglia (detto Pippo), che dette vita alla bottega-studio e che da molti viene considerato la vera “memoria” del paese. Pippo cominciò a lavorare in un periodo di espansione del nostro Paese, in un momento in cui scrittori, giornalisti, politici e gente del cinema, si comprava casa a Cetona, a metà strada tra Roma e Firenze, facendone il loro invidiato “buen retiro”.
Da Pajetta a Valentino
Qui si ricordano Giancarlo Pajetta, il turbolento deputato comunista, che spesso lasciava Montecitorio per una breve pausa nella casa cetonese della sua compagna Miriam Mafai. Qui, ancora recentemente, si potevano incontrare lo stilista Valentino Garavani e il suo socio e partner di una vita Giancarlo Giammetti, proprietari di un palazzo con parco nel cuore di Cetona, mentre acquistavano i piatti della serie “Via lattea” (premiata nel corso di varie manifestazioni), oltre a Cesare Romiti, al compianto Tommaso Padoa Schioppa e a Fabrizio Saccomanni. Giornalismo e cinema romani (Sandro Viola, Philippe Leroy e Giuliano Gemma, per citarne alcuni) si ritrovavano dal ceramista Pippo e dal giovane Franco nello spazio d’arte (minore?) del borgo toscano…
Ora i tempi sono cambiati. I visitatori di luoghi di tradizione e cultura come la bottega di Franco Cicerchia non vengono più dal mondo dorato della Capitale, ormai in declino. Il loro posto è stato preso dai turisti americani che a loro volta sembrano aver soppiantato gli inglesi, un tempo grandi amanti della Toscana e in perenne ricerca di una “room with a view”….
Ma resta Guido Ceronetti
Resiste tuttavia nel borgo, uno dei più eruditi ed anticonformisti intellettuali italiani. Guido Ceronetti. Insignito della cittadinanza emerita di Cetona, Ceronetti si muove nel paese appoggiandosi ad un deambulatore, con una badante al suo fianco. Chino sull’attrezzo, a causa degli anni e di una grave scoliosi, il grande saggista, poeta e scrittore, entra spesso nella bottega di Franco Cicerchia che utilizza come suo personale ufficio di “fermo posta”. E, a volte, su una fragile opera del ceramista, trova anche delle fragilissime uova che per lui ha portato qualche gentile signora di Cetona.

Cetona, acquarello di Mario Gazzeri

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