Matematica, materia affascinante: prima il numero 4 e poi nove zeri. Nel mondo – secondo il rapporto dell’International Solid Waste Association (associazione mondiale degli operatori del settore trattamento e smaltimento rifiuti), vengono prodotti circa quattro miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno. Volendo rendere visibile questo numero ho cercato immagini paragonabili: quanti campi da calcio? O laghi? Oppure…? Perché si fa fatica a “vedere” quattro miliardi di tonnellate, si fa fatica persino a immaginarli…
Per ridimensionare, secondo uno studio di Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in Italia nel 2013 ogni persona produceva 490 chilogrammi all’anno di rifiuti. Divido questa cifra per 365 giorni: ogni giorno, un italiano produce in media 1,3 kg di spazzatura. Paradossalmente, più il numero si riduce più perde fascino e si comincia a intravedere la dimensione enorme del problema. E a sentirne perfino la puzza.
Bea Johnson non può certo salvare il mondo, ma intanto ha deciso di preservare la sua famiglia da una vita “usa e getta”.
Dieci anni fa, in un momento di riflessione col marito Scott su quale mondo lasceremo alle prossime generazioni, si è sentita responsabile e si è posta delle domande: come possiamo lasciare in eredità un pianeta migliore ai nostri figli? La novità è che ha messo in atto delle risposte, e oggi la famiglia Johnson composta da Bea, Scott, i figli Max e Leo, rispettivamente di 17 e 16 anni, e il cane Zizou realizza un chilogrammo di spazzatura all’anno. In quattro persone, un chilo, in un un anno. Un barattolo di vetro di quelli grandi che ora diventa facile da visualizzare. Meno facile imitare Bea forse, ma il suo libro “Zero rifiuti in casa”, edito da Logart Press, e tradotto in ben 17 lingue, sta convincendo parecchie persone a provarci almeno nell’alleggerire il proprio bagaglio personale.

Bea, Scott, i figli Max e Leo
Un ultimo dato, per persuadere anche gli ultimi indecisi: gli imballaggi costituiscono il trenta-quaranta per cento in peso e il cinquanta per cento in volume di tutti i rifiuti solidi urbani. In media ogni italiano consuma 34 kg. di imballaggi ogni anno, il doppio se si considerano i consumi fuori casa. L’ottanta per cento di questi sono fatti di vetro, plastica, cartone.

Bea Johnson, photo credit Noel Mahon
Bea Johnson ha cominciato a studiare: prodotti, pulizia, ordine, cucina, acquisti, inviti a feste fuori, ricevimenti in casa, lavoro, pranzi in viaggio… insomma tutto quello che una persona media in una giornata media in un mondo occidentale quale il nostro spende, consuma, vive, e butta via.
E ne ha elaborato una teoria che ha letteralmente provato sulla sua pelle, e su quella di Scott, Max, Leo e il cane Zizou i quali, dopo alcuni momenti di perplessità, diverse rimostranze e anche scatti di ribellione, si sono ritrovati ad ammettere che vivere con zero rifiuti non solo è più semplice, ma è più bello.
Cinque passi sotto l’ombrello del cambiare mentalità; difficile, anzi di più, ma non impossibile, perché Bea è incredibilmente convincente con consigli pratici e alla portata di ognuno di noi.
Rifiutare
Ridurre
Riutilizzare
Riciclare
Usare il compost

photo credit Michael Clemens
Imparare a dire di no: ai gadget promozionali, ai flyer per strada, all’imballaggio dell’imballaggio, alla carta e al nastro, al sacchetto di plastica, ai prodotti da toilette negli alberghi, ai prodotti confezionati, fino alla ricevuta o allo scontrino…
Pensate a quante volte, anche solo nella giornata di oggi, avete preso qualcosa che un momento dopo avete gettato da qualche parte. Dire no grazie a un futuro rifiuto non è rifiutare: è preservare.
Scoprire che abbiamo bisogno di molte meno cose di quante ne abbiamo: la cucina di Bea prima aveva accanto ai fuochi un vaso che conteneva gli utensili per cucinare: lo abbiamo tutti, chi più chi meno. Lei ha contato dieci mestoli di legno. Gliene serve uno per cucinare. Voi quanti utensili avete per mantecare il sugo? Chi è senza peccato scagli la prima pietra: io ne ho dodici.
La Johnson ha fatto uno studio sul guardaroba scoprendo che usiamo il venti per cento di ciò che contiene il nostro armadio. L’ottanta per cento restante è per quelle occasioni in cui ci diciamo: E se…?
Qualche esempio: e se poi quella gonna torna di moda? E se Carlotta si sposa quest’estate? E se alla festa di laurea devo mettermi elegante? E se poi piove tanto, o troppo? O nevica? O improvvisamente appare il sole? E se poi mi pento di averlo buttato via?
Allora sì, meglio tenerlo ancora qualche anno da parte, sentirmi al sicuro e fare pure la felicità delle tarme.

photo credit Michael Clemens
Bea oggi ha nel suo guardaroba due vestiti, due gonne, sei top, due camicie, un maglione, due paia di pantaloni, cinque paia di scarpe. Non sto inventando dei numeri a caso.
Sembra eccessivo, sembra troppo poco; ma voi quante paia di pantaloni avete nel vostro armadio? Per l’inverno? E per l’estate? Anche dimezzandolo non arrivate ai numeri di Bea, ma solo l’idea di vuotare un cassetto il senso di libertà si fa sentire…
Usate la fantasia: un oggetto monouso può essere riutilizzato in altri modi. Gli esempi di Bea: la federa del cuscino per comperare il pane della settimana, il lenzuolo di cotone tagliato diventa lo scottex per la cucina e per il bagno, i sacchetti di cotone per acquistare i prodotti secchi, i barattoli in vetro per conservare i prodotti freschi o umidi. Comperare solo di seconda mano per dare vita a ciò che c’è già. Se non si consuma non si butta, è semplice.
Il quarto passo, il riciclaggio, si raggiunge solo dopo aver ben sviluppato i primi tre passi, perché, avverte Bea, bisogna riciclare il meno possibile, comunque. Infatti, la plastica è riciclabile, ma una volta sola. La panchina in materiale riciclato quando sarà la sua ora verrà gettata in discarica, non diventerà nuovamente un altro oggetto. Ammetto di non averci mai pensato. Senza dimenticare che stiamo parlando di materiale tossico, la plastica, che Bea ha completamente abolito dalla sua vita sostituendola con vetro, tessuto, etc. (vedi punto 3).
Il compost è il passo più ostico per la nostra mentalità di consumatori: intanto lo spazio in casa, poi l’odore, poi la vita di città, il diverso approccio alla gestione degli sprechi. Infatti è il quinto punto: e quando si arriva a questo traguardo la mentalità è già cambiata e diventa più facile ricordare che i materiali da compost sono numerosi: il legno, la paglia, i capelli, gli avanzi di cucina, fondi di tè e caffè, tutti gli scarti delle piante, alcuni materiali biodegradabili come carta non patinata, cartone, segatura e trucioli di legno…
Risultato: Bea Johnson compra solamente il burro imballato in carta oleata. Adopera la carta igienica – dopo alcuni esperimenti fallimentari e molto divertenti da leggere – ma l’acquista in rotoli senza confezione e senza l’anima in cartone. Prepara i cosmetici una volta l’anno: il mascara con le mandorle ridotte in polvere, per esempio, e tante altre ricette nel suo libro.

Prodotti sfusi in un supermercato (photo Michael Clemens)

Prodotti sfusi in un supermercato (photo Michael Clemens)
La famiglia Johnson fa la spesa una volta la settimana, ha un menu variegato, sano, senza essere a contatto con sostanze tossiche (plastica, alluminio, teflon).
Il frigorifero è fatto a cassetti in modo da organizzare meglio gli spazi, avere sotto mano l’intero parco provviste e non sprecare nulla.
Il garage contiene un armadio e sei biciclette, più una pompa per gonfiare le ruote.

photo credit ZeroWasteHome.com
E, udite udite, la famiglia Johnson con zero rifiuti risparmia il quaranta per cento del proprio budget famigliare annuale rispetto alla vita precedente corredata di rifiuti.
Dopo la promozione del libro in Germania, Svizzera, Dublino, Capetown, e Montreal sono stati aperti da uno a otto negozi “alla spina” dove si può fare la spesa di prodotti sfusi portando i propri contenitori. In Italia abbiamo Negozio Leggero, un franchising che da Torino fino a Palermo si sta diffondendo. In Canada sono 270 i supermercati che adottano la politica di mettere la merce nel contenitore che il cliente si è portato da casa ma, senza andare così lontano, se provate a comprare delle triglie al mercato consegnando il vostro barattolo di vetro, il pescivendolo non fa una piega. Ricordatevi di far sottrarre il peso della tara del contenitore, però.

photo credit Michael Clemens
La casa spaziosa e luminosa della famiglia Johnson vi sembra asettica? I Johnson troppo rigidi? La loro vita troppo minimal? Forse, ma provate ad allargare i vostri parametri, o meglio, ad alleggerirli: via i barattoli di shampoo non finiti, quei due maglioni con i buchi, le padelle in teflon, tutti i sacchetti per la spazzatura in plastica e il sacchetto – in plastica pure quello – che li contiene tutti, i fili per connettere apparecchi che non usate più, quegli apparecchi che non usate più se neppure quelli avete già eliminato, il biberon di quando vostro figlio era un bebè, e ora è all’università, la valigia extra del non si sa mai, e anche quell’altro borsone sempre extra che ha la cerniera rotta ma non si sa mai di nuovo, quel paio di scarpe impermeabili che ormai non tengono neppure due gocce… Persino la lista delle cose da buttare che è infinita, è da gettare via, ma solo dopo aver eliminato tutto quello che avete annotato.
Non è necessario seguire il percorso di Bea nel dettaglio e neppure fare tutto insieme. Basta cominciare, per prenderci gusto e continuare.
“Gandhi ha detto che felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in armonia e credo che Zero rifiuti sia esattamente questo”, dichiara Bea. E lo dimostra ogni giorno senza buttare più nulla.
Esagerato dire che il non rifiuto dà la felicità? Forse, ma è certo che rende la vita più semplice. “Cosa avete da perdere nell’adottare uno stile di vita zero rifiuti?” Chiede Bea.
E per rifletterci un altro po’ ho chiesto ad amici fisici di dirmi a cosa corrispondono quattro miliardi di tonnellate di rifiuti: occhio e croce ogni anno un lago di Garda.
zerowastehome.com
QUANTO BASTA IL LIBRO-MANIFESTO DELLA SOBRIETA‘

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!