Referendum Veneto. “Sì. Ma è solo un primo passo verso l’autodeterminazione”

Nel dibattito in corso su ytali in vista della consultazione del prossimo 22 ottobre interviene il fondatore di Indipendenza Veneta
ALESSIO MOROSIN
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Il 22 ottobre 2017 il  Popolo Veneto sarà chiamato ad una consultazione referendaria sul seguente quesito:

Vuoi che alla regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?

I quesiti previsti dalla Legge regionale del Veneto  nr 15/2014 erano cinque ma la Consulta (sentenza nr 118/2015) ha ammesso solo quello sulla cosiddetta “maggiore  autonomia” bocciando gli altri quattro che chiedevano o un Veneto a statuto speciale o di trattenere maggiori risorse nella regione.

Con la stessa sentenza la Corte ha bocciato anche il referendum per l’indipendenza del Veneto “alla catalana” previsto dalla Legge regionale 16/2014 ritenendolo “extra ordinem”.
Italia e Spagna, così come la Ue, temono la democrazia e l’applicazione del diritto pre-politico (ante – non anti – costituzionale) di autodeterminazione dei popoli?
Quanto è attuale, ma quanto è ancora lontana, la Magna Charta Libertatum!

Luigi Boldo di Indipendenza veneta parte dal Veneto per la Catalunya per sostenere il #referendumcatalunya, 15 settembre 2017

Quanto al referendum “minore” sull’autonomia va detto che se da un lato è solo consultivo, dall’altro ha un indiscutibile, fortissimo e dirompente valore politico, atteso che è la prima volta che il Veneto nella storia italiana (dopo il plebiscito del 22 ottobre1866) si conta intorno ad un progetto di cui Roma dovrà, volente o nolente, tener conto, soprattutto se la partecipazione ed il voto per il SÌ saranno molto forti.

Sul piano istituzionale il “dopo referendum” non ha un percorso facile in quanto, come previsto dall’articolo 116 della Costituzione, per concretizzare l’obiettivo di maggiore autonomia serve una trattativa, con conseguente intesa, tra Regione e Stato e poi una legge dello Stato da approvare con la maggioranza assoluta dei “componenti” delle due Camere.
È chiaro che, per ovvie ragioni di equilibrio politico (ma anche territoriali e di finanza pubblica), l’Italia non è assolutamente nelle condizioni di concedere al Veneto ulteriori competenze e maggiore autonomia con le relative risorse, perchè, se così fosse, le verrebbero a mancare cospicue entrate finanziarie, tanto da esporla ad un default per l’esplosione del suo debito pubblico.

Va detto, peraltro, che il referendum veneto del 22 ottobre 2017 non potrebbe mai portare ad un livello di autonomia “come Trento e Bolzano” di cui taluno parla a sproposito.
Basti considerare – come detto – che i quattro quesiti ulteriori formulati dalla Legge regionale del Veneto n. 15/2014 sono stati bocciati dalla Consulta proprio perchè “la distrazione di una cospicua percentuale della finanza pubblica generale per indirizzarla ad esclusivo vantaggio della Regione Veneto e dei suoi abitanti” (N.B.: somme che comunque vengono dalle imposte e tasse pagate dai Veneti! sic!) creerebbe “alterazioni stabili e profonde degli equilibri della finanza…” dello Stato!

“L’autogoverno del Popolo Veneto” enunciato all’articolo 2 dello Statuto regionale rimane, quindi, per lo Stato italiano una mera enunciazione a vantaggio degli “elementi strutturali del sistema di programmazione finanziaria” dello Stato.

In altri termini, il principio di responsabilità nella spesa dello Stato e degli Enti pubblici, così come il principio dello “equilibrio tra le entrate e le spese” (articolo 81 Costituzione) o se vogliamo anche residualmente la necessità per tutti di non superare i costi standard, viene dopo l’interesse statale alla “unità giuridica ed economica” della Repubblica. Evvai!
Tutti i virgolettati in corsivo sono tratti dalla citata sentenza n. 118/2015 della Corte costituzionale italiana che è bene ricordare non è un organo giurisdizionale terzo ed imparziale ma “un organo di chiusura politica dell’ordinamento” e quindi un organo funzionale alle esigenze dello Stato non agli interessi superiori dei cittadini!

Ciò richiamato e dissipate le prospettazioni dei millantatori, secondo cui dopo il 22 ottobre 2017 il Veneto avrebbe risolto i suoi problemi con la possibilità di trattare la sua maggiore autonomia, resta il fatto politico del passaggio referendario.

E su questo versante si apre un vaso di Pandora perché, inevitabilmente, verranno a galla le molte contraddizioni dei vari attori sulla scena politica, tanto veneta quanto italiana, ma anche degli schieramenti, tanto
 di centrodestra quanto di centrosinistra, che nel tempo, a vario titolo, hanno cavalcato il tema delle autonomie solo in modo populistico e demagogico.

L’avvocato Morosin incontra il console di Spagna per esprimere preoccupazione per l'”azione antidemocratica in Catalunya”, 21 settembre

Ha cominciato il centrosinistra nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione e la riscrittura, in particolare, degli articolo 116 e 117 della Carta fondamentale ove vengono individuate le “materie di legislazione concorrente” tra Stato e Regioni e la possibilità per le regioni di chiedere e vedersi attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” che è proprio l’oggetto del quesito referendario veneto del 22 ottobre 2017.

Dal canto suo il centrodestra, che mai ha operato (nemmeno quando era al governo a Roma) in attuazione spontanea del nuovo titolo V della Carta dal 2001 ad oggi, si vede ora impegnato – in particolare con la Lega (non più “Nord” ma “italiana”) su un progetto sovranista e di fatto centralista ben lontano dalla politica attenta alle istanze territoriali da cui era partita – su un versante, quello delle autonomie, che imponendo di lasciare sui territori competenze e risorse gli renderebbe assai problematico governare con un debito pubblico esorbitante e crescente e con i territori affaticati da tassazione giugulatoria in un contesto economico di perdurante recessione.

Tra il 2015 ed il 2016, in dodici mesi, in Veneto sono state chiuse oltre duemila aziende! Questi sono i fatti.

Concludendo, almeno per chi come me ed il mio Movimento politico Indipendenza Veneta non crede più agli Stati risorgimentali europei, che stanno perpetuando anche nella Ue un indomito centralismo ed una asfissiante burocrazia come a casa loro, l’unica via rimane quella dell’Europa dei Popoli che maieuticamente rinasce dal basso e per via democratica (non diplomatica) con un progetto ove le piccole patrie territoriali gestiscono al meglio tutte le competenze possibili delegando ad un vero Parlamento europeo legiferante e ad un vero Governo europeo democratico le sole materie della difesa, politica estera, moneta e giustizia federale.

Partendo dal pensiero federativo europeo di Altiero Spinelli e lavorando per una Europa federale dei Popoli, e non degli Stati, forse sarà più facile progettare una Europa di pace, prosperità ed eguaglianza.

Del declino degli Stati Europei finalmente se ne accorgono anche gli osservatori politici più attenti e ne parla, in un editoriale del Corriere della Sera dell’11 ottobre 2017, anche Ernesto Galli della Loggia, il quale osserva che “un po’ dappertutto nell’Europa Occidentale… si nota un diffuso appannarsi del senso di appartenenza allo Stato unitario tradizionale”.

Proprio per questo motivo solo l’esercizio del diritto naturale di autodeterminazione dei popoli, che godono di forti valori identitari e di appartenenza, consente, a mio avviso, di superare le tensioni interne, la pesante burocrazia, le lobbies e la decadenza delle Istituzioni della attuale Ue.

L’avvocato Morosin con Nicola Sturgeon, attuale primo ministro scozzese, nel settembre 2013 a Edimburgo

Ci vuole pazienza, visione lungimirante ed azione politica coordinata tra chi crede in questo, difficile ma necessario, percorso per un Rinascimento europeo.

Intanto, noi Popolo Veneto ci impegnamo nell’allenamento democratico del referendum del 22 ottobre 2017, sapendo che questo passaggio non ci porterà ad una maggiore autonomia, ma ci aiuterà a prendere consapevolezza della forza unificante di un progetto ambizioso e davvero rivoluzionario quale quello dell’indipendenza, da attivare quale piano B subito dopo aver constatato che l’Italia è uno Stato lontano, estraneo, inaffidabile, nemico e profittatore dei Veneti.

In tal modo potremo liberarci dal provincialismo italico e assumerci la responsabilità, da protagonisti, nel nuovo contesto rinascimentale europeo. Noi veneti/europei infatti siamo pronti alle sfide ed alle competizioni nel contesto mondiale ove, come popolo, abbiamo sempre dimostrato di poter dare il meglio delle nostre energie, soprattutto se ripuliti – ripeto – dal fardello del provincialismo centralista italico. Il Risorgimento italiano ormai ha finito il suo scopo ed il suo ruolo. È tempo di Rinascimento europeo! È tempo di libertà, di democrazia, di autodeterminazione!

Referendum Veneto. “Sì. Ma è solo un primo passo verso l’autodeterminazione” ultima modifica: 2017-10-12T20:53:42+02:00 da ALESSIO MOROSIN
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