Qualche giorno fa Marine Le Pen ha lanciato la sua campagna congressuale. Ai giornalisti ha detto che nel Front National
…deve cambiare tutto, dal pavimento al soffitto, e si deve discutere dell’organizzazione e del funzionamento del nostro movimento […] il nostro partito non è più un movimento di opposizione: dobbiamo acquisire una cultura di governo, a tutti i livelli.
Soprattutto a livello locale il Front National non può più permettersi di essere soltanto un partito protestatario: deve cominciare a definire progetti, inventare nuove idee, nuove strategie, avere un programma politico globale e coerente. E deve iniziare a discutere delle alleanze. Parole dell’ex candidata frontista.
Per tale ragione qualche giorno fa è partita la “Tournée Marine”: fino a marzo 2018, data del congresso del cambiamento, Marine Le Pen visiterà la Francia in dodici tappe, con particolare attenzione alle aree periferiche e rurali del paese. Per riallacciare i fili con la base frontista. Per ristabilire un legame con gli elettori. E, soprattutto, per cercare di riprendere in mano lo scettro di principale antagonista di Emmanuel Macron.
Infatti, secondo i recenti sondaggi Ifop, il 45 per cento dei francesi pensa che il partito che meglio incarna l’opposizione al presidente sia la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, il 22 per cento Les Republicains e solo il 21 per cento il Front National di Marine Le Pen. Le molte difficoltà del Front National dipendono, come abbiamo visto nelle puntate precedenti (qui e qui), da un problema reale di definizione della linea politica dopo la sconfitta delle presidenziali.

Marion Maréchal-Le Pen alla Manif pour tous (2014)
Il Front National ha contribuito a rendere obsoleto il bipolarismo francese, ma non riesce a raggiungere il potere. Le anime del partito offrono soluzioni diverse: il gruppo degli identitari, l’area che fa capo a Marion Maréchal-Le Pen, ritiene che la scelta del ni droite ni gauche non sia la scelta dei militanti e pertanto sostiene il ritorno alle tematiche tradizionali e all’unione delle destre; il gruppo dei sovranisti, che fa capo all’ormai ex-Fn Florian Philippot, sostiene che il successo del partito sia dovuto al sorpasso del clivage tradizionale tra destra e sinistra e alle politiche sociali portate avanti recentemente. Una situazione che ha creato a livello locale non poche frustrazioni per i dirigenti e i militanti. Cambiare il nome al partito (la rivista Challenges dice che è stato depositato da persone vicine a Marine Le Pen il nome “Unione nazionale”) probabilmente non basterà.
Chi sono gli elettori e gli iscritti del Fn?
Rispetto agli altri candidati alle presidenziali, Marine Le Pen aveva ottenuto il migliore risultato tra i lavoratori dipendenti (32 percento), gli operai (37 percento), i disoccupati (26 per cento) e i dipendenti pubblici (27 per cento) (Ipsos-Sopra Steria per France Télévisions). Gli elettori che hanno votato Marine Le Pen costituiscono quindi un amalgama composito, che rappresenta un po’ tutta la società francese. Le ragioni di Philippot stanno in questi dati: malgrado la sconfitta, il Fn si è aperto a tutta una serie di elettori che prima non raggiungeva, anche in settori tradizionalmente appannaggio della sinistra.
In realtà qui cominciano le divisioni. Perché le indagini recenti sull’orientamento ideologico di chi ha votato Le Pen dicono che il 32 per cento dei suoi elettori si dichiara di estrema destra, il 32 per cento di destra, il 19 per cento di centro, il tre per cento di sinistra e il 14 per cento non ha voluto rispondere. La forza del Fn, secondo gli avversari di Philippot, sta nella capacità di attirare elettori dalla destra e dal centro, facendo leva sui temi quali l’immigrazione, la sicurezza, la questione dell’identità: la capacità di attirare voti a sinistra è pressoché nulla. Quindi la scelta politica che il Fn dovrebbe fare, secondo gli identitari, è ritornare alle tematiche originarie frontiste e abbandonare la questione dell’uscita dall’euro, per promuovere l’unione delle destre (col Fn in una posizione di forza rispetto agli altri partiti). Un ritorno al vecchio Fn. Più in accordo con gli iscritti.
Perché nella gerarchia dei problemi da risolvere, gli iscritti pongono l’immigrazione , l’insicurezza e la mondializzazione ai primi posti. Le tematiche sociali, non interessano molto. O almeno, non interessano i militanti storici. E in questo vi è una differenza con i nuovi iscritti, le persone che hanno aderito al Fn negli anni di Marine Le Pen e Philippot. I neoiscritti sono più sensibili alla tematiche dell’educazione e delle ineguaglianze sociali. Certo è difficile capire gli iscritti del partito. Devono essersene accorti anche al Fn se ai propri iscritti si è deciso di inviare un questionario per conoscerli meglio. Per capire cosa leggono, dove si situano nell’asse destra-sinistra, quale è il loro personaggio storico preferito o ancora la personalità politica preferita al di fuori del Front National.
Nord contro Sud
I dirigenti locali invece hanno bisogno di chiarezza immediata: nel 2020 vi saranno le elezioni municipali. La partenza di Philippot ha destabilizzato tutta una frangia di militanti, che ha aderito al partito in seguito alla de-demonizzazione del partito. Sono soprattutto giovani, che interpretano lo scontro interno al Fn come una guerra intergenerazionale tra i vecchi dirigenti, che vorrebbero riportare il Fn nell’ambito dell’estrema destra, e la nuova dirigenza che punta a scrollarsi di dosso quest’etichetta. Una strategia minoritaria, così la definiscono i giovani philippottisti.

Marion Maréchal-Le Pen e Bruno Gollnisch, parlamentare europeo Fn (2014)
Non è tuttavia solo uno scontro generazionale. Christèle Marchand-Lagier, ricercatrice in scienze politiche presso l’Università di Avignone, dice che c’è una differenza anche geografica: il sud di Marion Maréchal-Le Pen, un partito ripiegato sulle tematiche originarie, che rema contro la strategia nazionale; il nord di Philippot nel quale la classe dirigente cerca di professionalizzarsi e di acquisire nuovi spazi per vincere.
In questo scontro tra modelli di partito diversi, la sconfitta alle legislative è stata una mattanza a livello locale. Nel sud molte circoscrizioni considerate come già acquisite sono state perse e la responsabilità è stata attribuita a Philippot e alla sua linea sull’Europa. Come ha detto Jérôme Rivière, ex-Ump, candidato frontista nel Var:
L’uscita dall’euro è stato una terribile palla al piede. Un tema tecnico, e incomprensibile. Proprio quando i nostri elettori si aspettavano delle risposte sull’immigrazione, l’islamizzazione della società francese, la sicurezza e l’occupazione.
Il tema “Europa” ha generato ansia tra gli elettori, respingendo possibili sostenitori del Fn nel campo della destra repubblicana. O almeno questo è quello che sostengono gli epigoni di Marion Maréchal-Le Pen.
La guerra a livello locale sta raggiungendo livelli intensi di divisione. E non sono mancate le epurazioni, soprattutto dei sostenitori di Philippot. Inizialmente per mettere pressione al vice di Marine e oggi per liberarsi di un gruppo che infastidisce la vecchia guardia frontista e gli identitari di Marion.
Nell’est del paese, prima delle dimissioni di Philippot dal partito, Sophie Montel, vicinissima a Philippot e presidente del gruppo Fn nella regione Borgogna-Franca Contea, è stata rimossa dall’incarico su decisione di Marine Le Pen. Qualche settimana prima Montel era diventata la vice-presidente dell’associazione di Philippot, Les Patriotes.
Al contrario, altri hanno deciso di dimettersi per dare un segnale a Marine Le Pen. Come il sindaco di Cogolin, Marc-Etienne Lansade, una delle città conquistate dal Fn negli ultimi anni. Lansade ha lasciato il Fn in polemica con Marine Le Pen e in solidarietà con Marion Maréchal-Le Pen, oggetto di attacchi mediatici. Secondo Lansade
il programma del Front National sull’economia e sul sociale è troppo a sinistra, quasi delirante […] il partito è una macchina che raccoglie solo sconfitte.
Dietro quest’uscita c’è lo spettro di Marion. La sua rinuncia alla candidatura alle legislative ha lasciato il Fn in una situazione delicata. Con qualche impatto sugli iscritti meridionali del partito. E forse è ciò che la nipote di Marine voleva. Creare il clima adatto, riorganizzarsi, attendere che la zia sbagli qualcosa nella gestione del difficile equilibrio interno. E poi ritornare. Perché Marion Maréchal Le Pen non ha rinunciato alla vita politica. E a differenza di Philippot, può contare su proprie “divisioni”. Il sud l’appoggerebbe e il nonno, Jean-Marie Le Pen, qualche influenza la esercita ancora nel partito.

Marion Maréchal-Le Pen alla Manif pour Tous (2014)
Mentre l’ala sinistra del partito sembra per ora essere uscita di scena, Marine al momento è in salvo. Anche se gli avversari di Philippot non dimenticheranno che la “linea Philippot” è stata la “linea Marine Le Pen” in tutti questi anni.
E molti immaginano già lo scontro futuro tra zia e nipote. Un partito che sostituirà al conflitto tra padre e figlia quello tra zia e nipote. Un partito che adora le faide familiari.
Il prossimo sarà certamente un congresso di cambiamento.

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