“Ridare alla politica il desiderio dei pensieri lunghi”. Parla Achille Occhetto.

I politici devono riprendere a pensare. Anche dicendo cose molto discutibili. La politica non può essere solo una cosa per “maneggioni”. Parola dell'ultimo segretario del Pci.
GIORGIO FRASCA POLARA
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Qualche giorno fa mi sono ritrovato con Achille Occhetto – l’ultimo segretario del Pci, il primo del Pds – davanti ai microfoni di Radio Rai, nello studiolo a fianco della sala stampa della Camera, per discutere delle differenze tra le tribune politiche d’antan e il confronto politico di questi ultimi anni. Cioè tra un dibattito (quasi) sempre civile, di merito, e il precipitoso superamento delle barriere del rispetto verso un linguaggio aggressivo dove all’avversario si è sostituito il nemico da delegittimare, da odiare, con il merito delle cose che va a farsi benedire.

Facile l’accordo tra i due interlocutori, in particolare sulla riduzione della politica (come dice Luciano Violante, nel suo ultimo libro, Democrazie senza memoria (Einaudi, pp 136, 12 euro), che analizza proprio questo processo) in pura tecnica di governo, ciò che ha prodotto disinteresse per i valori propri della democrazia: uguaglianza, intangibilità dei diritti fondamentali, merito, responsabilità nell’esercizio del potere politico.

Fatto è che, più tardi, tolte le cuffie e nell’offrirgli un caffè alla buvette di Montecitorio (“sono vent’anni che non ci mettevo piede…”), come un lampo mi son tornati alla memoria i suoi Pensieri di un ottuagenario – Alla ricerca della libertà nell’uomo (Sellerio ed., 2016): c’è tutto e di più di quanto aveva appena detto in radio. Tutto, sul degrado della politica, e qui ora mi fermerò. Di più, perché in realtà Occhetto compie, novello Diogene, un viaggio tortuoso con incontri ineludibili (Euripide, Lucrezio, Hiordano Bruno, Giacomo Leopardi, Voltaire e tanti altri) e incontri inaspettati (Friedrich Nietzsche per tutti), un vagabondaggio che il filosofo Salvatore Veca definisce in premessa à la Montaigne nei territori di differenti saperi, a partire da quelli scientifici e filosofici.

Achille Occhetto arriva alla camera ardente di Marco Pannella allestita alla Camera dei Deputati, Roma, 20 maggio 2016.

Ma ora mi soffermerò solo sugli sviluppi (sottintesi) di quel confronto radiofonico, partendo da quello che per Occhetto è un punto-chiave:

La convinzione che i politici devono riprendere a pensare, e che chiunque pensa fa filosofia […] i gruppi dirigenti laici dovrebbero avvertire con maggiore apprensione che viviamo in un mondo in cui l’offuscarsi dei pensieri lunghi, la crisi delle grandi formazioni politiche, l’eclissi di sistemi di valore operanti sul terreno della laica attività di massa hanno lasciato sul terreno una tale desertificazione da cedere il campo esclusivamente alle grandi religiosi positive. E’ giunto il momento della conversione laica.

Solo desertificazione? O c’è qualcos’altro che ci fa vivere

in tempi di crisi della politica, cioè di quell’arte che gli antichi consideravano la più alta delle attività umane, sino a sentire aleggiare, nei confronti di questa sublime attività, disillusione quando non profondo disprezzo.

L’ottuagenario (ha un anno più di me, e ci conosciamo da mezzo secolo) ha ben  precisa una idea:

Alle porte del secolo ventesimo il filosofo (ecco una delle citazioni di Nietzsche, ndr) ha gridato: Dio è morto. Il secolo ha risposto sostituendolo con molte divinità terrestri – i capi carismatici – idolatrate dalle masse. Con il crollo dei regimi autoritari la dittatura della maggioranza, quella che Tocqueville aveva preannunciato come dittatura democratica, ha generato le nuove divinità: i leader risolutori. Attorniati dall’ampio stuolo dei sacerdoti della governabilità. Oggi ci troviamo sull’orlo di un nuovo crepuscolo degli dèi. E’ giunta l’ora di gridare: i capi carismatici sono morti.

Non si tratta (solo) di pensieri lunghi, se è vero che di lì a qualche pagina  Achille Occhetto entra trasparentemente nel vivo della polemica politica, distinguendo tra capo e dirigente nelle “normali funzioni democratiche della direzione governativa”. Altro discorso va fatto naturalmente per i suscitatori di immense energie rivoluzionarie:

Ma i capi rivoluzionari sono altra cosa dai Presidenti del Consiglio […] e questa avvertenza dovrebbe militare a favore di una distinzione tra un Presidente del Consiglio e un leader politico impegnato, anche al di fuori di immediate cariche governative, in grandi progetti di trasformazione della società. Non è un caso che persino molti leader rivoluzionari, quando hanno assunto funzioni di governo, hanno fallito.

L’icona di @achilleocchetto sul suo account twitter

Aveva avvertito Occhetto, già nelle prime pagine del libro, che la sua voleva essere

La testimonianza  della volontà di un politico di invadere tutti i campi del sapere per ridare alla politica stessa il desiderio dei pensieri lunghi, anche per individuare meglio gli obiettivi epocali di cui nutrirsi e su cui fondare un nuovo modo di essere della prassi e dell’impegno. Forse erano molto migliori i tempi in cui i politici  facevano invasioni di campo, magari dicendo cose discutibilissime, come la rudimentale critica di Lenin all’empiriocriticismo. Ma tant’è, era meglio dell’attuale situazione dove da una parte ci sono grandi intellettuali inascoltati e dall’altra i maneggioni della politica.

Tornerà, quest’assillo, nelle considerazioni finali, “a mo’ di commiato”. Ai giovani “di sinistra e di destra” intanto:

Presentatevi a mani aperte e pulite, senza violenza e i sordidi intrighi dei palazzi della politica. Solo così contribuirete al rinvigorimento dello spirito pubblico, e attraverso il confronto, il duro scontro – duro, aperto, tenace, senza compromissioni – si potrà riformare la politica stessa.

E a tutti quanti:

Non si può pensare a un nuovo paradiso terrestre, alla fine della storia, alla fine della lotta, dello scontro; ma si può tutti lavorare per un livello più alto dello scontro o, se si vuole, del confronto. Io sogno per i miei nipoti un mondo in cui una sinistra finalmente purificata si confronti con una destra pulita. Il mondo delle nobili alternative e non il pantano dei vergognosi compromessi.

Bevuto il caffè, inevitabile fu percorrere un Transatlantico ancora deserto dove lo aveva avvistato una collega d’agenzia. Poteva lasciarsi sfuggire un’occasione d’oro come quella di intervistare Occhetto? E lui, secco, sillabò: “Il Paese è in mano a un serial killer e nessuno dice niente”. Per tutti, il killer sarebbe Massimo D’Alema. Dal libro-vagabondaggio tra filosofi, al parlato terra terra.
Povera, e nuda vai, Filosofia” (Francesco Petrarca, Le rime, sonetto VII).

“Ridare alla politica il desiderio dei pensieri lunghi”. Parla Achille Occhetto. ultima modifica: 2017-10-17T12:02:47+02:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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