Finanziaria, una camomilla per accontentare tutti

Un altro approccio richiederebbe equilibri politici ora assenti. Economicamente debole ma, se la si guarda in termini politici, la legge di bilancio ha una sua razionale. Purtroppo, questo non basta.
FRANCESCO MOROSINI
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La manovra finanziaria di un governo, in Italia come in qualunque altro paese, dipende strettamente, oltre che dai vincoli esterni, dalle condizioni politiche interne in cui l’esecutivo opera. Pertanto, con la campagna elettorale alle porte (dove le opposizioni e gli esecutivi, più vincolati al principio di realtà, cercano di minimizzare le perdite di consenso), la via dinnanzi al premier Gentiloni in ambito di manovra sui conti pubblici, per di più con una maggioranza claudicante, era oggettivamente piuttosto stretta.

Difatti, l’approccio adottato è il basso profilo; un atteggiamento adatto, appunto, al fine legislatura. L’dea prevalente è di evitare pedaggi fiscali irritanti per il contribuente/elettore; ma anche di utilizzare un approccio minimalista, ma attento ad accontentare (non scontentare) il più possibile in ambito di spesa pubblica.

Nulla di strano, si badi; tant’è che queste modalità del formarsi dei bilanci pubblici trovano riscontro in molti degli studi politologici in materia. Conseguentemente, se s’inforcano questi occhiali di lettura, e senza perdersi nel gioco delle parti della competizione partitica, la manovra finanziaria del governo Gentiloni appare dotata di una sua razionalità politica, espressione delle possibilità di gioco poste dalla situazione in cui opera. Che è quella di subire i minori danni di consenso elettorale possibili.

Da questo punto di vista, il passo più pericoloso per palazzo Chigi sarebbe stato quello di lasciare che scattino le cosiddette “clausole di salvaguardia” che pendono sul Belpaese. Introdotte per la prima volta nel 2011, queste dovrebbero garantire il rispetto dei vincoli europei (in realtà, e conta assai di più, la credibilità della Penisola nei mercati finanziari) dinnanzi a “buchi” tra risorse impiegate e reperite.

Come? O contraendo la spesa pubblica – lavoro difficilissimo per governi politicamente ben più solidi del nostro e, ad ogni buon conto, cosa mai fattibile in tempi d’elezioni (che favoriscono i “politici cicale”; oggi basta guardarsi intorno per vederli); oppure, e vale lo stesso discorso, con aumenti di tasse ed imposte: che, nel caso in oggetto, avrebbero significato aumenti, di certa impopolarità, dell’iva.

Ovvio quindi che, essendo l’esecutivo un operatore attento al consenso, l’attenzione nell’impostare la Legge di bilancio 2018 andasse prioritariamente alla sterilizzazione dell’iva medesima, magari anche sacrificando obiettivi più utili ma meno remunerativi in termini di consenso. Infatti, la sterilizzazione dell’iva ha assorbito all’incirca i quattro quinti dei venti miliardi di risorse disponibili.

Naturalmente, le clausole di salvaguardia continueranno a pendere sul nostro capo; ed è un male. Purtuttavia, è assurdo criticare la politica finanziaria senza collocarla nel contesto politico entro il quale essa deve muoversi. Caso mai, è lecito dire come essa rispecchi le condizioni esistenziali di quest’ultimo; e che, quindi, la riflessione critica dovrebbe andare in questa direzione. Ma questo è il tema delle riforme istituzionali; altro discorso; e, ad ogni buon conto, oggi in disuso.

Insomma, per dirla chiara, una Legge di bilancio figlia di una maggioranza di governo “disossata” difficilmente poteva essere diversa da questa che si potrebbe definire di “galleggiamento”. D’altronde, a riprova, appartiene alla stessa “filosofia finanziaria” il pulviscolo di bonus che dalla Legge di bilancio giunge all’economia puntando a produrre a sua volta, con misure minimaliste (anche utili come gli ammortamenti per chi investe in macchinari), del consenso minimalista.

Forse, se è lecita un po’ d’ironia, si potrebbe chiamare questa Legge di bilancio una “Legge camomilla” che, per avere qualche approvazione (gli sgravi sulla ristrutturazione i terrazzi, ad esempio) cerca, al contempo, di scontentare il meno possibile. È quello che serve al Paese? No, ma un altro approccio richiederebbe, come detto, equilibri politici ora assenti. In conclusione, la manovra finanziaria del governo è economicamente debole ma, se la si guarda in termini politici, ha una sua razionale. Purtroppo, questo non basta.

Il Piccolo/Il mattino

Finanziaria, una camomilla per accontentare tutti ultima modifica: 2017-10-18T19:39:33+02:00 da FRANCESCO MOROSINI
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