Ci sono ancora dei santuari intoccabili? Parrebbe di sì, a leggere le cronache seguite a una mozione del Pd presentata alla camera dei deputati in cui si critica l’azione di vigilanza sul sistema bancario da parte di Bankitalia e di conseguenza del suo governatore Ignazio Visco.
L’interpretazione della mossa piddina è stata univoca: Matteo Renzi vuol fare fuori Visco per chissà quali disegni politici (l’occhiolino strizzato ai risparmiatori inviperiti), mettendo in seria difficoltà il presidente Mattarella e il premier Gentiloni che erano sul punto di rinnovare il mandato che scade il 31 ottobre.
Parentesi: Visco è del 1949, ha 68 anni e in caso di bis nel suo ruolo ne avrebbe alla fine 74 (i manager pubblici o privati non vanno mai in pensione?).
Santuario intoccabile resta evidentemente quello di via Nazionale, dove ha sede la Banca d’Italia. Questo è l’aspetto più interessante della questione, ancora di più dell’intenzione della mossa di Renzi. Chi ha la memoria corta pensa che in quel luogo operano solo tecnici di alta professionalità – è indubbio – e al di sopra degli interessi di politica e partiti (è meno indubbio).
- Ignazio Visco
- Mario Draghi
- Antonio Fazio
- Carlo Azeglio Ciampi
- Paolo Baffi
Lì hanno svolto la funzione di “governatore” personaggi illustri come Luigi Einaudi, Guido Carli, Paolo Baffi, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi. In quelle stanze si sono accompagnati gli anni sessanta del boom, poi quelli di crisi ricorrenti, poi ancora quelli che hanno preparato l’entrata nel serpentone della moneta unica dell’euro. Le giustificate lodi a Bankitalia non possono tuttavia far dimenticare che fino al 2006 si nominava bizzarramente il governatore “a vita”, retaggio di un dopoguerra complicato e post-fascista.
- Guido Carli
- Donato Menichella
- Luigi Einaudi
- Vincenzo Azzolini
- Donald Stringher
A vita – fino a Ratzinger – venivano nominati solo i Papi e fino al 2006 l’inquilino più illustre di via Nazionale. Nel luglio 2005 l’allora governatore Antonio Fazio rimase però implicato a sorpresa in un affaire dettato da alcune intercettazioni telefoniche che evidenziavano un suo ruolo improprio – forse pressato da interessi politici e di gruppi privati – nell’offerta pubblica di acquisto di Banca popolare di Lodi e Banca Antonveneta.
In quell’occasione si ruppe il velo di verginità e sacralità che avvolgeva Bankitalia. Fazio si dimise dal suo ruolo il 19 dicembre 2005, dando così il via alla tardiva riforma che prevede da allora la durata di sei anni per il ruolo di governatore, con mandato rinnovabile una sola volta e con nomina prevista da un decreto del presidente della Repubblica di concerto con la proposta del premier di governo. Fazio se l’è intanto cavata tra condanne, annullamenti di secondo grado e prescrizioni scattate nel 2012.
Sarebbe un altro errore dimenticare che dal settembre 2017 c’è una Commissione bicamerale presieduta dal senatore Pierferdinando Casini che ha il compito di indagare sul sistema bancario e finanziario italiano: in particolare su vigilanza e correttezza delle operazioni finanziarie. Se mai, il suo operato a fine legislatura potrebbe rivelarsi, oltre che un flop, un vero e proprio bluff.
L’elenco delle banche da analizzare è lungo: Monte Paschi di Siena, Popolare di Vicenza, Veneto Banche, Banca Etruria, Banca Marche, Carife, Carichieti. Sotto indagine sono pure l’operato di vigilanza della Banca d’Italia, i compensi dei manager e le vendite alla clientela di prodotti retail.
Dov’è, allora, lo scandalo politico di cui si discute da giorni? L’alternanza dovrebbe essere una delle regole principali della democrazia. Anche al vertice del santuario di Bankitalia, dove non si è più eletti “a vita”. Visco ha svolto bene il suo ruolo? Altrettanto farà il suo successore, se ci sarà. La discontinuità non fa mai male in una democrazia in buona salute.

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