Referendum veneto-lombardo, the day after

ADRIANA VIGNERI
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Si è concluso il referendum consultivo del Veneto, così come quello della Lombardia, sull’autonomia.

Se occorresse avere le idee più chiare sulla differenza tra i due referendum, Lombardia e Veneto, l’esito di stasera provvede già a rendere limpida questa differenza.

Il referendum lombardo chiede di procedere lungo il percorso di maggiore autonomia id est di maggiori competenze legislative e relative risorse, previsto dall’art. 116, comma 3, della Costituzione. Nulla di più e nulla di meno. I cittadini sono andati a votare SI ma senza infiammarsi particolarmente (quaranta per cento). Nulla di sovversivo, poco più che ordinaria amministrazione.

Il referendum veneto non chiede neppure, nel testo del quesito, maggiori competenze legislative, chiede più autonomia, genericamente. Ma al di sotto di quella coltre la richiesta vera è trattenere i 9/10 delle tasse, diminuire il proprio residuo fiscale, come da affermazioni esplicite del governatore Zaia nella conferenza stampa serale. Esattamente quelle richieste che la Corte costituzionale aveva dichiarato inammissibili nel 2015. C’è, per i cittadini, da che essere galvanizzati. Perché non farla, una battaglia così? Basta crederci. Molti ci credono o almeno ci sperano. Di qui il sessanta per cento del Veneto.

Di qui la diversa, molto diversa affluenza tra Lombardia e Veneto. E ora? Si può pensare che, sia pure in ritardo, sia pure dopo aver svolto un referendum, si svilupperà da parte del Veneto un corretto dialogo e confronto – prima in sede regionale, come la Costituzione richiede, poi con il governo – in modo da attuare la previsione costituzionale?

Temo che non sarà così. E non lo dico per diffidenza, preferirei di gran lunga che avvenisse così. Preferirei che questa particolare trattativa, con la legge finale del parlamento a maggioranza assoluta, si svolgesse come previsto. Lo dico perché i segnali già da oggi sono preoccupanti.

1 Il primo segnale preoccupante è quello delle risorse. Zaia ha già dichiarato (nella conferenza stampa di un’ora fa) che non gli interessano le risorse per esercitare le nuove funzioni che venissero trasferite al Veneto (l’ha chiamata una partita di giro). Gli interessano i 9/10 di imposte e contributi versati complessivamente dal Veneto. E poiché non è pensabile che i 9/10 vengano applicati ad una sola regione, a scapito di tutte le altre, questa strada significa la fine dell’unità nazionale. Non sono giochi con i quali si può scherzare.

2 Il secondo segnale è la richiesta stessa di avere nuove competenze in 23 materie. Le 23 materie sono quelle nelle quali si può chiedere di avere maggiori competenze. Ma se le nuove competenze sono richieste in tutte e 23 materie, come è stato preannunciato nella conferenza stampa, questo significa gonfiare gli apparati regionali, la burocrazia, fino a farne uno staterello. Non succederà, ma siamo al di fuori di una ragionevole attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione.

Spero di sbagliarmi. Che questa partita non venga giocata soltanto nel conflitto con lo Stato. Che i rapporti istituzionali vadano altrimenti. A cominciare dal protagonismo dei sindaci veneti, dato che secondo la Costituzione le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia vanno chieste “su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali”. Che si resti nel solco costituzionale. Ma le avvisaglie non sono buone. Chi tenta delle forzature non può che provocare analoghe reazioni nelle altre istituzioni interessate. E un disordine generale.

IL REFERENDUM PER L’AUTONOMIA:

GLI INTERVENTI SU YTALI.

Referendum veneto-lombardo, the day after ultima modifica: 2017-10-23T11:46:52+02:00 da ADRIANA VIGNERI
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