Harvey Weinstein è il produttore cinematografico accusato di molestie sessuali, aggressione e violenze nei confronti di numerose attrici. Negli Stati Uniti, nelle ultime settimane, questo muro di silenzio che lo circondava è caduto. Nell’ambiente pare che molti fossero a conoscenza dei comportamenti di Weinstein. E molti quelli che ne hanno taciuto. L’affaire Weinstein però sta avendo un effetto domino oltre il perimetro americano, scuote anche altri paesi, riportando al centro del dibattito politico il tema della violenza sulle donne. Come se le donne cominciassero a parlare e non avessero più timore.
In Francia, l’hastag #BalanceTonPorc, “denuncia il tuo maiale”, ha avuto un enorme successo: dal 13 ottobre, circa 335,000 messaggi sono stati pubblicati, di cui circa 17,000 sono testimonianze di violenza e molestia. A differenza degli Stati Uniti, è però la classe politica che nelle ultime settimane, senza alcuna differenza di colore politico, è stata al centro di numerosi denunce.
Come Denis Baupin, Europe Écologie les Verts, vice di Bertrand Delanoe, l’ex sindaco di Parigi, e deputato nella legislatura 2012-1017. A fine settembre, l’ex portavoce del suo stesso partito lo ha accusato di aggressione sessuale. A cui poi si sono aggiunte tre elette.
Come Jean Lassalle, deputato ed ex candidato alle presidenziali del 2017. La direttrice della comunicazione del Parti communiste français lo accusa di averla molestata, quand’era assistente parlamentare. L’ex deputata socialista, Colette Capedevielle, ha raccontato che Lassalle una volta le propose di farsi la doccia assieme nei bagni dell’Assemblea nazionale. Stessa accusa da una giornalista Afp che, durante un viaggio a Osaka nel 2007, Lassalle aveva tentato di abbracciare senza consenso. All’ufficio stampa di Lassalle non hanno trovato altra risposta che attribuire questi comportamenti all’età del deputato, un uomo di una generazione e di un’epoca in cui “la mano sulla spalla o sull’anca significavano amicizia e non perversione”.
Come Gilbert Cuzou, consigliere regionale in Ile-de-France, ex-Ps passato con Benoit Hamon. Cuzou è stato escluso dal suo gruppo in consiglio regionale perché a inizio ottobre due sue collaboratrici l’avevano accusato di aggressione e molestia sessuale.
Come Christoph Arend, l’uomo de La République En Marche che ha sconfitto Florian Philippot, l’allora vice di Marine Le Pen. Arend è stato accusato di molestia e aggressione sessuale dalla sua assistente parlamentare. Ogni giorno il deputato non faceva mancare i propri apprezzamenti, anche in presenza di altri (“T’as des jolis p’tits seins, j’aime les p’tits seins”; “Ah bah, j’ai une belle vue, t’as des belles fesses, ouais, il te va bien ce pantalon!”). Poi dai complimenti Arend sarebbe passato all’azione, bloccandola, durante una serata, e cercando di baciarla. Finché, dopo l’ennesima molestia e incoraggiata dalla vicenda Weinstein, decide di denunciarlo.
Come Pierre Joxe, figura storica del socialismo francese ed ex ministro di Mitterrand. Lo accusa la scrittrice Ariane Fornia, la figlia dell’ex ministro sarkozysta ed ex socialista Eric Besson. Fornia accusa Joxe di averla aggredita sessualmente più volte, a tredici anni e poi a diciannove. L’ultima volta nel 2010, quando all’Opera Bastille, Fornia, che accompagnava il padre all’opera ma che era in ritardo, si è trovata accanto a Joxe e a sua moglie. Durante lo spettacolo, Joxe l’avrebbe molestata ripetutamente. Lei lo denuncia sul suo blog, ma nulla si muove.
Nei giorni si susseguono le testimonianze di assistenti all’Assemblea nazionale e al parlamento europeo (qui una testimonianza), accanto ai racconti delle esperienze personali di personalità politiche di primo piano. È il caso di Agnès Buzyn, l’attuale ministro della sanità e medico, che ha denunciato al Journal du dimanche tutte le molestie sessuali che ha subito durante la sua carriera.
In poche settimane si è aperto il vaso di Pandora. E i dati confermano le condizioni in cui molte donne si trovano a confrontarsi quotidianamente.
Uno studio Insee del 2013, sostiene che in Francia le donne vittime di violenza fisica e sessuale siano aumentate nelle zone urbane sensibili. I dati Ifop del 2014, dicono che una donna su cinque deve confrontarsi con la molestia sessuale nel corso della vita professionale e il principale fattore di esposizione è il posto di lavoro, soprattutto se si tratta di un ambiente prevalentemente maschile. Nel novanta per cento dei casi, l’aggressione è perpetrata da persone conosciute dalla vittima. Secondo un sondaggio più recente di Odoxa-Dentsu per Le Figaro e Franceinfo, una francese su due dice di essere stata vittima di aggressione sessuale (mano sul sedere, bacio forzato, carezze a sfondo sessuale) e di molestie sessuali (proposte degradanti, insulti a sfondo sessuale, proposte sessuali).
Tale il clamore e la dimensione del problema che Emmanuel Macron gli ha consacrato uno spazio nella sua recente intervista su Tf1, l’occasione per rilanciare l’agenda politica del quinquennato.
Sotto i riflettori della scena politica però ci è finita Marlène Schiappa, la segretaria di stato incaricata dell’uguaglianza tra donne uomini. Schiappa non è una politica, bensì un’attivista: ha fondato la rete Maman travaille, prima un blog di successo e poi una vera e propria associazione che rivendica l’uguaglianza genitoriale, sopratutto per quanto riguarda la conciliazione della vita professionale e privata. Anche lei è stata vittima di molestie nell’ambito della politica (è stata coordinatrice delle politiche per le pari opportunità de La République En Marche).
Schiappa ha quindi presentato una proposta di legge contro le violenze sessuali, i cui punti cardine sono il prolungamento a dieci anni dei termini di prescrizione per i reati sessuali commessi sui minori, la verbalizzazione della “molestia da strada” (cioè tutte quelle molestie sessuali subite principalmente nei luoghi pubblici e nei trasporti), la fissazione dell’età minima per rapporti sessuali consensuali.
Quest’ultima è la conseguenza di un recente evento: un ventottenne è stato giudicato colpevole per aver abusato sessualmente di una ragazzina di undici anni. L’accusa richiedeva la condanna per stupro di minore. Secondo il giudice, però, la ragazzina era consenziente. In Francia questo limite di età non esiste, a differenza di paesi come la Spagna (dodici anni), della Germania (quattordici anni), della Gran Bretagna (sedici anni). In Italia è di quattordici anni ma sale a sedici anni per certi tipi di rapporti, se il partner è persona con un particolare ascendente sul minorenne. La Francia vorrebbe introdurre il limite dei quindici anni).
Ma il vero oggetto del contendere è la “molestia da strada”, traduzione dell’espressione inglese street harassment. La verbalizzazione, ossia una multa, non raggiunge infatti consensi unanimi. La “molestia da strada” non è considerata come tale dalla legge, al contrario della molestia sessuale o morale, e sul piano giuridico, perché vi sia molestia, si richiede la ripetizione del gesto. La “molestia da strada” però ha carattere molto spesso episodico.
Come ha sottolineato Marlène Schiappa, l’obiettivo non è tanto quello di dare una multa a chi fischia a una ragazza per strada ma punire, ad esempio, chi la segue fin dentro alla metropolitana. Il problema è poi quello delle prove: la polizia ha bisogno di cogliere la persona che commette la “molestia da strada” in flagranza di reato per poterla multare. Non basterebbero i poliziotti probabilmente, anche se è stata proposta l’idea dei poliziotti di prossimità per pattugliare i trasporti pubblici. I parlamentari di sesso maschile non hanno fatto mancare tuttavia le proprie critiche alla punizione di un gesto che molti considerano innocuo e che probabilmente dovrebbe far piacer a una donna (o almeno lo sostiene Claude Goasguen, deputato Républicain).
Le difficoltà per Schiappa però arrivano dal suo stesso governo. Pochi giorni fa il ministro dell’economia, Bruno Le Maire, ex Républicain, si è lasciato andare a una sincera confessione di autotutela della classe politica maschile:
Non denuncerei dei responsabili politici, se fossi a conoscenza di fatti relativi a molestie sessuali commesse.
Deve poi essersi accorto di aver detto un’idiozia e ha fatto subito marcia indietro. Ma ha detto ciò che molti pensano: la Francia è un paese di seduzione e di seduttori. E quindi tutto è giustificato. Poco importa se non vi è consenso nella relazione tra uomo e donna.
Quello che è certo è che l’affaire Weinstein sta facendo fare dei passi avanti. Come una reazione a catena, molte donne non hanno più paura di denunciare i propri aggressori. Probabilmente i provvedimenti legislativi non basteranno, poiché c’è un problema culturale di fondo, che comincia nelle scuole. La denuncia collettiva di #BalanceTonPorc è però riuscita a riportare al centro del dibattito politico un tema di vita quotidiana. E ha fatto sorgere un nuovo hashtag #Moiaussi (“pure a me”) che sta riscuotendo enorme successo.
E da noi? In Italia per ora tutto tace. Qualcuno ha parlato di molestie e violenze nell’ambito cinematografico. Per ora il mondo della politica italiana ne è escluso. Più che per virtù, probabilmente perché non se ne parla a sufficienza. Finché qualcuno non deciderà di esporsi. E forse questo è il momento.

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