Gli ingraiani? È la sinistra tennistica…
La frase, secondo le testimonianze orali di Botteghe Oscure (sede storica del Pci), è da attribuire a Giorgio Amendola, l’antagonista di Pietro Ingrao negli anni Sessanta. L’epiteto era particolarmente sprezzante.
All’epoca, il tennis non era uno sport popolare e non c’erano molti campi in terra rossa, cemento o sintetico dove praticarlo. Per i comunisti, meglio il calcio che mobilitava anche allora le masse e aveva in Palmiro Togliatti uno strenuo tifoso juventino.

Palmiro Togliatti, Giorgio Amendola e Pietro Ingrao
I “sinistri” erano quindi “sinistra tennistica” o “pariolina”, oltre che esponenti di tesi fumose e cervellotiche.

Lucio Magri e Giorgio Amendola
In effetti, a Pietro Ingrao, attento ai movimenti sociali e alle novità politiche, piaceva giocare a tennis. Uno dei suoi maestri fu Alberto Palmieri, scomparso nel 2006, ottimo tennista, che fu l’allenatore di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Sabina Simmons (numero uno in Italia), Di Domenico, Di Matteo. E di personaggi dello spettacolo, e non solo, come Ornella Muti, Corinne Clery, Giorgio Bassani, Gillo Pontecorvo, Paolo Villaggio, Giuliano Gemma.
C’è chi ricorda mitiche partite d’Ingrao con Aldo Natoli, che diverrà uno dei fondatori del gruppo del Manifesto. Le memorie famigliari di Ingrao annotano inoltre che a incrociare la racchetta con Pietro era soprattutto il livornese Renzo Trivelli, dal 1956 al 1960 segretario dei giovani comunisti, poi a lungo responsabile scuola del Pci.

Aldo Natoli
Si giocava sui campi del circolo sportivo di Montecitorio all’Acqua Cetosa? Le testimonianze sono incerte. Il tennis piaceva molto pure a Lucio Magri e Luciana Castellina, ingraiani doc, eccellenti sportivi, patiti pure di sci, altro sport snob e poco popolare fino a non molti anni fa (“Magri voleva eccellere in tutto quello che faceva: politica, sport, cucina, scacchi”, racconta un amico di Lucio).
La polemica politica nel Pci emerse con forza nel 1966, data dell’XI Congresso del partito, il primo senza Togliatti. La sinistra ingraiana attribuiva al centro-sinistra di Pietro Nenni e Aldo Moro il disegno di integrazione culturale e sociale di una parte del movimento operaio.
La destra amendoliana considerava al contrario il centro-sinistra un tentativo abortito, oltre il quale già riemergeva l’incapacità delle classi dirigenti italiane di guidare la modernizzazione del paese e proprio perciò nutriva maggiore fiducia in un rapido recupero della tradizionale unità tra comunisti e socialisti.
Da queste diverse letture derivava una diversa gerarchia delle alleanze sociali e politiche: socialisti e forze laiche minori o nuove realtà emergenti nel mondo cattolico ispirate dal papato di Giovanni XXIII e dal Concilio? Gli ingraiani optavano per la seconda ipotesi, segnalando la necessità di un nuovo “modello di sviluppo”.
L’intervento di Ingrao all’XI Congresso provocò una reazione negativa dell’intero vertice del partito.
Aveva detto più o meno:
Sarei insincero se tacessi che il compagno Longo non mi ha persuaso rifiutando di introdurre nella vita del nostro partito il nuovo costume di una pubblicità del dibattito, cosicché siano chiari a tutti i compagni non solo gli orientamenti e le decisioni che prevalgono e tutti impegnano, ma anche il processo dialettico di cui sono il risultato.
Parole che prefiguravano una riforma del partito e del metodo del centralismo democratico.
A dividere non era però solo la politica. Ci pensavano anche le metafore sportive di cui si serviva Amendola. Il tennis era sport di élite, come lo sci. A praticarli erano dirigenti “poco di massa”.

Giuliano Amato
Di primissima mattina, con i campi ancora ricoperti di sale per combattere il gelo, negli anni Ottanta all’Acqua Cetosa si potevano incontrare i socialisti Giuliano Amato e Franco Bassanini, provetti tennisti. Ma anche un invincibile Massimo Cacciari, allora giovane deputato del Pci, che giocava da fondocampo con invidiabile velocità e tenacia. Con loro un insospettabile Beniamino Placido, simpatico e fulminante critico televisivo e letterario, giornalista della prima ora di Repubblica.
Su quei campi giocava pure un giovane Paolo Gentiloni, futuro premier, allora redattore di Pace e guerra, sofisticato mensile della sinistra critica diretto da Claudio Napoleoni, Luciana Castellina e Stefano Rodotà. Con lui Chicco Testa, fondatore di Legambiente, successivamente presidente dell’Enel e manager nuclearista, insieme a Ermete Realacci, successore di Testa in Legambiente, futuro deputato piddino di estrazione Margherita come Gentiloni.
Erano anni in cui i nostri idoli erano i romeni Ilic Nastase e Ion Tiriac, lo svedese Bjorn Borg, gli statunitensi John McEnroe e Jimmy Connors, il cecoslovacco Ivan Lendl. Tra le donne eravamo innamorati della classe – anche fuori dal campo – della veterana Chris Evert, statunitense, e dell’emergente argentina Gabriela Sabatini. Martina Navratilova ci colpiva per la potenza e perfezione dei suoi colpi.
Si andava in quel periodo al Foro Italico per assistere agli Internazionali di tennis e ammirare i nostri idoli. Dopo gli anni Ottanta, il tennis maschile si sarebbe trasformato soprattutto in un gioco dal “servizio” supersonico e dai pochi scambi. Ci resta quello femminile, per ammirare la russa Maria Sharapova e la statunitense Serena Williams che giocano un tennis più tecnico e non stratosferico.
Intanto il tennis è diventato né di destra, né di sinistra.
Nota del direttore: l’autore di questo articolo era anche lui della “sinistra tennistica”.
Grazie Aldo.
Aggiungo che con Natoli – almeno da quando ricordo io – papà in genere non giocava, per manifesta disparità. Aldo Natoli era infatti considerato bravissimo, e papà non era assolutamente in grado di tenergli testa. Oltre che con Trivelli (che difficilmente però può essere considerato della “sinistra” tennistica. Ti ricordi il congresso di Roma?), giocava spesso con Ignazio Pirastu.
Incontri con Magri non ne ricordo. Ricordo invece che quando Magri ci veniva a trovare a Lenola partecipava a molti tornei di ping pong con noi ragazzi e regolarmente stracciava tutti.
Celeste Ingrao

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