Possa la strada alzarsi per venirti incontro. Possa il vento soffiare sempre alle tue spalle. Possa il sole splendere sempre sul tuo viso e la pioggia cadere soffice sul tuo giardino. E fino a che non ci incontreremo di nuovo, possa Dio tenerti nel palmo della Sua mano.
Questo il saluto e l’augurio con cui il cardinal Ravasi ha chiuso gli Stati generali del paesaggio. Voluti dal MiBACT, grazie all’impegno della sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni, a quasi venti anni dalla Conferenza nazionale del paesaggio che nel 1999 si era tenuta a San Michele a Roma.
Cosa ci lasciano questi Stati generali? Cosa hanno significato e soprattutto, vogliamo sperare, cosa significheranno per le politiche paesaggistiche di domani?
Molte le considerazioni che sono state fatte nei sei tavoli tematici: legislazione e diritto al paesaggio; paesaggio bene comune e risorsa economica; paesaggio politiche di trasformazione territoriali e qualità progettuale; legalità e inclusione sociale e cultura del paesaggio.

Ilaria Borletti Buitoni
Nel suo discorso di apertura, Ilaria Borletti Buitoni ha definito le diverse finalità di questi Stati generali: quello di proporre un’agenda a chi avrà la responsabilità politica, quella di scrivere una “Carta italiana del paesaggio”, quella di presentare il Rapporto sullo stato delle politiche per il paesaggio e non ultima quella di riportare l’attenzione sul paesaggio che, come ha detto Andrea Carandini, nel suo discorso di chiusura, non si ricorda da lungo tempo al centro degli interessi del Paese.
La “Carta Italiana del paesaggio”, rientrerà a pieno titolo nella tradizione consolidata del Paese delle carte del restauro, dalla carta del restauro di Atene a quella italiana del ’32 fino a quella di Venezia del 1965 e di Cesare Brandi del 1972.

Paolo Gentiloni interviene agli Stati generali del paesaggio
Ci si aspetta molto da questo documento: che sappia finalmente tracciare delle linee guida per la tutela e valorizzazione del paesaggio che stabilisca metodologie e categorie, che riporti il paesaggio al centro delle politiche di sviluppo.
Il Rapporto presentato dal MiBACT sullo stato delle Politiche per il paesaggio è un lavoro importante, ampio, ben documentato che descrive “lo stato dell’arte” del paesaggio italiano, lo fa con i numeri delle statistiche ufficiali , con la descrizione puntuale del lavoro delle Soprintendenze, con la riflessione sui piani paesaggistici, il loro punto di attuazione e le future prospettive di sviluppo.
Una grande parte del lavoro è dedicato alla formazione, educazione e sensibilizzazione alla qualità del paesaggio e alla partecipazione dei cittadini e delle associazioni al paesaggio, temi che, introdotti dalla Convenzione europea del paesaggio (Firenze 2000) sembravano rimasti lettera morta.
Alcune parole sono rimaste impresse più di altre di queste due giornate:
paesaggio/diritto,
paesaggio/legalità,
paesaggio/identità,
paesaggio/cultura,
paesaggio/educazione.
Diritto al paesaggio come diritto di ognuno di vivere in un ambiente piacevole, nella consapevolezza che la bellezza può generare altra bellezza. Fabrizio Barca chairman della sessione sul diritto al paesaggio ha insistito sull’importanza dell’accesso ai paesaggi qualificati che deve essere di tutti, di qui l’attenzione alla qualità dei paesaggi anche urbani, in particolare quelli delle periferie, luogo di vita di tanta parte della popolazione. Paesaggio di qualità inteso come spazio di vita di tutti.

Dario Franceschini e Paolo Gentiloni
Già la Convenzione europea del paesaggio aveva indicato “paesaggio” una determinata parte di territorio così come definita dalle popolazioni, ora il giudizio sul paesaggio delle popolazioni che vi abitano appare centrale, perché la tutela riesce soprattutto dove c’è condivisione di obiettivi.
Ricordando che è la cifra della nostra identità, più volte durante i lavori, si è insistito sulla necessità della partecipazione della società civile alla tutela del paesaggio, ma anche della condivisione con la società civile delle scelte che li riguardano.
Identità sentita come diritto e dovere al paesaggio. Salvatore Settis ha ricordato l’importanza dell’educazione al rispetto del paesaggio. Se, infatti, il concetto di bene culturale è da tempo definito, quello di paesaggio resta ancora per i più indefinito.
L’educazione al paesaggio è un compito urgente della scuola, la tutela del paesaggio come bene comune, come educazione alla cittadinanza.
Sono state di estremo interesse le riflessioni sui paesaggi colpiti dal sisma del 2016, sulle problematiche della ricostruzione, dell’utilizzo o meno delle rovine, della necessità della memoria che deve passare anche nella conservazione della materia. Identità che, come ha sottolineato Giovanni Carbonara, passa anche dalla materia storicizzata, dalla conservazione, là dove possibile, del tessuto minuto dei borghi colpiti.
Hanno chiuso i lavori il ministro Dario Franceschini e il presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Il ministro ha ricordato quanto fatto per aumentare il peso della tutela delle Soprintendenze attraverso la creazione della Soprintendenza unica e la nascita della Direzione generale educazione e ricerca, che punta all’integrazione della ricerca e dell’educazione anche nelle Soprintendenze.
Ha sottolineato l’impegno per mettere un freno al consumo del suolo e la legge che attende al Senato e quello per la riqualificazione delle periferie.
Il presidente del consiglio ha riportato l’attenzione di tutti nuovamente sul tema dell’identità richiamando l’importanza del paesaggio italiano come fattore identitario, ha ricordato l’impegno del governo per l’emergenza del sisma del 2016 e l’importanza della cura delle fragilità dei nostri territori .
La giornata era iniziata con la lectio del cardinal Ravasi che, parlando di Adamo, ci ha ricordato che il suo significato in ebraico è terra d’ocra, forse l’esempio più lampante dell’inevitabilità della nostra corrispondenza con il paesaggio ed è terminata lasciandoci la speranza che, da oggi, si ricominci a parlare di paesaggio.

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