Il Palazzo di vetro? È in Vaticano

L'Onu ha un segretario generale “ombra” che oscura quello nominato. Non c’è dossier caldo che non abbia visto papa Francesco assumere posizioni coraggiose. Agisce come un leader globale che supplisce alla mediocrità della classe politica mondiale, priva di visione e coraggio.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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L’Onu ha un segretario generale “ombra” che oscura, alla grande, quello nominato. Convoca vertici, influenza scelte strategiche di geopolitica, ammonisce i grandi della Terra, denuncia i disastri ambientali provocati dalle scelte scellerate delle multinazionali onnivore, dà voce ai senza parola, perché a nessuno interessa ascoltarli. Il suo “regno” non è al Palazzo di Vetro, semmai nei cieli… La sede del suo “segretariato” è Roma, Santa Sede. Il segretario “ombra” è papa Bergoglio.

Mentre Donald Trump, impelagato nel Russiagate, fa alzare in volo i B52 con il loro armamento atomico, Francesco si fa da mediatore diplomatico e convoca un vertice sulla Corea del Nord il 10 e 11 novembre prossimi in Vaticano, per cercare una via d’uscita che eviti al mondo una terza, devastante, guerra. Una guerra nucleare. Al suo fianco vi saranno undici premi Nobel per la Pace, alcuni dei quali protagonisti della battaglia per il disarmo nucleare, nell’anno in cui il Nobel è andato proprio alle organizzazioni promotrici di questa battaglia di civiltà. In Corea del Nord non vi è una minoranza cattolica da preservare, come in Siria, ma c’è il rischio, tutt’altro che remoto, di un’immane apocalisse nucleare.

Non è la prima volta che papa Bergoglio entra dalla porta principale nelle grandi crisi che sconvolgono aree cruciali del pianeta. Non c’è dossier caldo che non l’abbia visto assumere posizioni coraggiose. Posizioni politiche, nel senso più alto e nobile del termine. Si dirà: è nel suo magistero. È vero. Ma dalla Siria alla Palestina, da Cuba al Venezuela, dall’emergenza migranti alla condanna di un’Europa che alza muri e abbatte ponti (di dialogo), dalla difesa del clima (e dell’accordo di Parigi) alla lotta contro la povertà, Jorge Mario Bergoglio si è mosso, si è comportato, ha parlato come un leader globale, l’unico in circolazione. Un papa all’altezza dei tempi. E questo è un bene anche per chi non lo segue per fede religiosa. Ma, e qui inizia il brutto, nel convocare vertici, riunire capi di stato e di governo, Papa Francesco esercita un’azione di supplenza, mettendo così in luce la mediocrità della classe politica mondiale, priva di visione e di coraggio.

Papa Francesco, un leader globale che supplisce alla mediocrità della classe politica mondiale, priva di visione e coraggio.

Uscito di scena Barack Obama, in un presente segnato dall’insorgere del sovranismo nazionalista (“America first”) e di disegni neoimperiali (quello panrusso e quello ottomano per esempio), Bergoglio sembra essere l’unico a credere ancora nel multilateralismo, nel dialogo, interreligioso e per questo politico (visto che le religioni sono usate strumentalmente per veicolare messaggi e pratiche di morte). Ai neofiti dello “Scontro di civiltà”, per i quali islam uguale terrorismo, il pontefice ribatte che “il dialogo con l’islam è un valore positivo”. In tempi in cui l’arma della diplomazia ha lasciato il campo alla diplomazia delle armi, il Segretario generale “ombra” non ha divisioni corazzate da esibire ma ha la forza delle idee, e la determinazione a portarle avanti. E per questo viene seguito. In tempi di piazze vuote, Bergoglio è l’unico in grado di riempirle, soprattutto di giovani.

Non si limita a invocare concordia, e quando usa la parola pace aggiunge subito che non c’è pace senza giustizia, e questa è un’indicazione politica e non solo ecclesiale. Perché vuol dire, ad esempio, riconoscere ai palestinesi il diritto a uno stato indipendente a fianco e in pace con Israele (la Santa Sede, innalzando il livello della rappresentanza diplomatica dell’Anp ad ambasciata, ha riconosciuto lo Stato di Palestina), agire per la riconciliazione in Colombia, per la difesa dei diritti democratici in Venezuela, per un’Europa inclusiva e per il disarmo nucleare.

Nell’agire a tutto campo, Bergoglio sconta anche resistenze interne alla gerarchia vaticana, e guarda ai Sud del mondo senza un vizio eurocentrico. Da leader globale, per l’appunto. Non ha armate da schierare, Papa Francesco, ma neanche tanti grandi che lo seguano. Predica l’inclusione, l’accoglienza, e poi deve fare i conti con il clero polacco che marcia contro l’accoglienza, contro l’“invasione”. La sua forza è nell’andare controcorrente, parlando al cuore (e alla mente) e non alla pancia delle opinioni pubbliche. Prova a modificare l’agenda internazionale, a realizzare fatti, ma poi si volta indietro è scopre che il più delle volte è solo. La solitudine dei numeri Uno.

Il Palazzo di vetro? È in Vaticano ultima modifica: 2017-11-02T16:21:31+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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