Diffusa martedì scorso 31 ottobre dai media ucraini, la notizia sembrava un caso come tanti. Una commessa di zaini per la Guardia nazionale acquistata a sovrapprezzo. Una mazzetta di qualche centinaia di migliaia di euro e tre arresti. La bomba è scoppiata solo qualche ora dopo. Tra gli uomini colti con le mani nel sacco da un video registrato di nascosto dal Nabu, l’Ufficio anticorruzione dell’Ucraina, vi erano l’ex vice ministro degli interni, Sergej Chebotar’ e Oleksander Avakov, figlio del ministro degli interni di Kiev.
Certo si tratta di catture eccellenti, ma ciò che fa davvero sensazione è altro. Per la prima volta il Nabu ha osato mettere allo scoperto le attività illecite del cenacolo formato dagli ambienti più stretti e opachi degli oligarchi ucraini.
Un sistema opaco
Un sistema formato dalle famiglie di presidenti, ministri e capi di governo. La rete, messa su dall’ex presidente Viktor Janukovich, non è stata affatto ripudiata dal nuovo capo dello stato, Petr Poroschenko. E questo nonostante che tra il 2014 e il 2015 siano state create due strutture, Nabu appunto, e una speciale procura di stato, Sap, dedicate esclusivamente a combattere la corruzione.
Mettendo le mani su Oleksandr Avakov il Nabu ha fatto capire di non aver timori di toccare la “verticale” del presidente. Il padre dell’arrestato, Arsen Avakov, è infatti la seconda personalità politica del paese. Non solo ministro degli interni e leader del Narodnij Front, Fronte Popolare, il partito indispensabile alla maggioranza presidenziale, ma anche capo della polizia e della guardia nazionale.
Gli altri organi importanti del potere di Kiev, esercito e servizi segreti, sono invece sottoposti a Poroschenko. La conferma che i politici utilizzino la propria autorità per liberarsi dei casi più imbarazzanti si è avuta proprio martedì scorso, quando al momento della perquisizione dell’appartamento di Oleksandr Avakov polizia e strutture anticorruzione si sono fronteggiate per ore.
Ufficialmente si trattava di disinnescare una bomba nella casa del ventottenne. Fallita questa scusa Arsen Avakov ha cambiato tattica. Lo stesso giorno del fermo del figlio il politico ha utilizzato il proprio blog sul portale Ukrajn’ska Pravda, Verità ucraina, per attaccare coloro, il capo dello Stato, che mettono gli organi anticorruzione al servizio “di gruppi politici e dei loro interessi”. Più chiaro è quanto, off the record, dicono i gruppi vicini ad Avakov per cui il Nabu non sarebbe altro che una struttura utilizzata da Poroschenko per contrastare l’azione del ministro degli interni. In realtà per quanto riguarda il mancato sostegno agli organi dell’anticorruzione nessun politico ucraino di governo è immune da responsabilità.
Non è infatti un caso se, nonostante due strutture addette esclusivamente a lottare contro le malversazioni pubbliche, nel ranking di Transparency International Kiev occupi il posto 131 insieme a Iran, Nepal e Russia. E questo nonostante il fatto che Nabu e Sap siano unanimemente riconosciuti organi efficaci e coraggiosi. La percezione che il vento stia cambiando si è avuta nel 2017.
A marzo è finito in cella il direttore del Servizio fiscale di Stato, Roman Nasirov, accusato di aver preso parte agli intrighi criminal-politici di Oleksandr Onyshchenko. Quest’ultimo, imprenditore nel settore energetico e deputato al parlamento di Kiev, sarebbe riuscito con la complicità di Nasirov a farsi restituire dallo stato imposte non pagate per milioni di dollari. Una truffa impossibile da realizzare senza la copertura del funzionario fiscale. Onyshchenko è riuscito a fuggire a Londra. Nasirov dopo aver cercato rifugio in una clinica di Kiev è stato invece arrestato nella notte tra il 5 e 6 marzo scorso. Cattura resa possibile dalla folla che dal tramonto all’alba ha circondato l’ospedale impendendo al funzionario di seguire la latitanza dorata di Onyshchenko nella capitale britannica.

Oleksandr Avakov
Così per la prima volta dalla rivoluzione del 2014 un alto funzionario di stato veniva detenuto per un caso di sospetta corruzione. A metà ottobre la stessa sorte di Nasirov è toccata a Igor Pavlovskij. Diventato nel 2014, grazie alla rivolta di piazza Majdan, vice ministro della difesa, Pavlovskij è stato arrestato insieme a un funzionario minore dello stesso dicastero. Vice ministro di un dicastero impegnato in prima linea nella guerra nel Donbass, diecimila morti in tre anni, Pavlovskij è accusato di appropriazione indebita per sei milioni di dollari nell’acquisto di carburante.

Petr Poroschenko
Contemporaneamente Babu e Sap indagano sull’Autorità per la regolazione dei prezzi dell’energia. Attraverso la modifica dei prezzi degli idrocarburi anche questa struttura, secondo deputati dell’opposizione, sarebbe servita ad arricchire i circoli vicini al presidente. Gli stessi ambienti indicano nelle eminenze grigie di Poroschenko le personalità che hanno messo con le spalle al muro il vice ministro della difesa.
Il capo dello stato è inoltre accusato di voler influenzare l’azione delle due strutture anticorruzione. E non si tratta solo delle indagini nei confronti dei dirigenti di Nabu e Sap del procuratore generale della repubblica ed ex responsabile del gruppo presidenziale al parlamento, Jurij Luzenko.
Più sottile è il tentativo di mettere ostacoli ai lavori delle strutture. In questo senso va per esempio una legge da poco deliberata dalla Rada con cui le indagini anticorruzione devono concludersi entro sei mesi. Un termine impossibile da rispettare visto che le complicate analisi internazionali e gli incastri tra aziende normalmente richiedono anni prima di poter essere sciolte in maniera comprensibile. In questi meandri di disonestà un posto particolare spetta all’economia militare di Kiev dominata da un gruppo di rapaci oligarchi.
Un pozzo di San Patrizio in mano a Poroschenko
Grazie alla guerra contro il separatismo del Donbass sostenuto dalla Russia, l’esercito ucraino si è visto obbligato a modernizzarsi velocemente. Lo scontro con una potenza nucleare come Mosca era insostenibile se fatto da forze armate che erano poco più di un accozzaglia di rottami, con carri armati privi di carburante, mezzi mobili senza pneumatici e soldati demoralizzati. Quanto sembrava impossibile, fermare le truppe russe, è invece avvenuto dopo molte sconfitte nel febbraio 2015 nella cittadina strategica di Debalzeve.
Da quel momento in poi, truppe prima sbandate e disorientate si sono rivelate in grado di controllare un fronte lungo centinaia di chilometri nella zona industriale dell’Ucraina orientale. Combattendo in questi territori Plavovskij era diventato famoso per il suo coraggio da condottiero. Ora invece è in carcere accusato di aver tollerato l’acquisto di carburante a sovra prezzo a favore di una azienda vicina, secondo quanto affermano fonti dell’opposizione, a Petr Poroschenko.
Al di là delle dichiarazioni di innocenza del vice ministro della difesa, il caso di Pavlovskij mette in primo piano il lato oscuro dei successi militari dell’Ucraina. Oggi le forze armate di Kiev e il loro comandante in capo Poroschenko non sono solo i difensori del paese dai nemici esterni. I militari sono diventati la roccaforte di tutti coloro che vogliono farla finita con le conquiste del 2014. Una oligarchia militare predatrice che continua a tenere in pugno il paese. Un ruolo aperto dalla guerra nel Donbass e dai redditi enormi messi in gioco.
Era dalla fine dell’economia del gas, prosciugata anche in questo caso dalla corruzione che in Ucraina non si vedevano somme simili in circolazione. Dal 2014 il budget della difesa è cresciuto costantemente. E se nel 2016 con il quattro per cento del Pil questo sopravanzava di gran lunga quello tedesco e americano nel 2018 secondo le promesse di Poroschenko dovrebbe, col cinque per cento, raggiungere le cifre della Russia. Da spartirsi c’è dunque una torta enorme. Gli intrighi del ministero della difesa non dipendono però solo dal consistente sforzo militare in atto, ma anche dalla dimensione monopolistica della sua economia. L’acquisto di ogni prodotto bellico, dai mezzi corazzati alle garze, passa da un solo fornitore che fissa i prezzi senza paura di concorrenza. Una parte dei bisogni della forze armate viene ovviamente soddisfatta con le importazioni, ma anche in questo caso chi decide è il Ukroboronprom, un gigantesco conglomerato di stato per gli armamenti con circa ottantamila occupati.
Molti analisti hanno il sospetto che anche qui siano gli oligarchi a farla da padrone. Altrettanto certa è l’esistenza di oscure forme di intermediazione realizzate nei paradisi fiscali. Le armi sono comprate a un certo prezzo all’estero e poi rivendute a costi raddoppiati in patria. Traffici impossibili da controllare. Secondo Nako, Comitato anti corruzione indipendente della difesa, organizzazione che insieme a Transparency International monitora il mercato delle armi in Ucraina, il 45 per cento di queste transazioni è coperto dal segreto. Negli Usa ciò può avvenire solo per il 15 per cento.

Lo stand di Ukroboronprom alla mostra internazionale degli armamenti AUSA (Association of the US Army) a Washington.
Trasparency ha poi messo il settore della difesa di Kiev, in una scala che da A va a F, al punto G nella categoria “alto rischio di corruzione” insieme con India, Kenya e Russia. Secondo la segretaria generale di Nako, Olena Tregub, la difesa ucraina rischia di diventare “il nuovo buco nero della corruzione del paese”.
Pressoché tutti i partiti ucraini, innanzitutto il Blocco del presidente Poroschenko, sono stati fondati da multimilionari oppure sono finanziati da essi. Il settore della difesa appartiene a Poroschenko, una manna che non intende dividere con nessuno. Come presidente nomina il ministro, come comandate in capo dirige le forze armate e guida il Consiglio della sicurezza e della difesa. Di questo fa parte l’imprenditore Oleg Gladkovskij, vice responsabile dell’approvvigionamento.
Ma anche gli altri punti chiave dell’industria bellica sono affollati da uomini del presidente. Alla testa del complesso bellico Ukroboronprom vi è Roman Romanov, un personaggio che ha lavorato sia con Poroschenko sia con Gladkovskij. È questa la Verticale di Poroschenko. Se non vi sono prove che il presidente sia direttamente implicato nella corruzione, sono invece innegabili i suoi conflitti d’interesse in quanto businessman e politico. Attraverso propri intermediari politici Poroschenko possiede i cantieri navali Rybalski per la produzione di cannoni per la marina.

Il varo dell’unità navale Gyurza-M per la Marin a ucraina nei cantieri Rybalsky
Secondo i propri dati l’azienda produce 170mila vetture, camion e mezzi speciali anche per le forze armate. Fino al 2008 Poroschenko ne era comproprietario, un ruolo venduto l’anno successivo a Oleg Gladkovskij. Un balletto criticato duramente da Nako. In effetti che un imprenditore controlli una struttura della difesa come il consiglio di sicurezza e nello stesso tempo sia tra i principali fornitori di questo attraverso la propria azienda è un conflitto di interessi da scuola e un intreccio difficile da sbrogliare.
Secondo Nako tali legami si riflettono negativamente sui soldati al fronte. Come esempio l’attivista porta quanto avvenuto con Bogdan. L’azienda ha venduto al ministero della difesa ambulanze assolutamente inadatte a operare in luoghi di guerra in quanto, visti il peso e il numero del personale, l’autolettiga sarebbe permanentemente in sovraccarico. Non solo soldi ma anche vite umane. Questo il prezzo della corruzione nel settore della difesa ucraina.

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