I democratici – e in fondo tutti noi – possono tirare un sospiro di sollievo: la prima prova elettorale per i repubblicani dell’era Trump è finita bene per loro e male per il partito che da un anno comanda a Washington. Non era un risultato certo, specie nella corsa più importante, quella per il governatorato della Virginia, Stato cruciale alle presidenziali, tradizionalmente repubblicano divenuto swing dal 2008 in poi, quando Obama lo vinse per la prima volta dopo decenni.
Oltre al voto nell’Old dominion, lo Stato con più storia, altre contese importanti in questo martedì elettorale di un anno non elettorale sono tutte per i democratici, che confermano Bill de Blasio sindaco di New York – c’erano pochi dubbi – e restituiscono il New Jersey a un governatore democratico dopo due mandati di Chris Christie. I numeri di queste vittorie sono interessanti e dicono qualcosa sia sulle difficoltà repubblicane sia sui potenziali intoppi democratici (ce ne sono sempre) in vista delle elezioni di midterm che si terranno tra un anno esatto.

Bill de Blasio
Il primo dato da sottolineare è la partecipazione al voto: in Virginia ha piovuto forte per buona parte della giornata, ma rispetto al 2013 gli elettori che hanno deciso di recarsi ai seggi sono stati il dieci per cento in più. Nelle contee urbane, che tendono a votare democratico, il turn-out, l’affluenza, è più alto che non in quelle che nel 2016 hanno scelto Trump.
Non è un dato di poco conto, l’elettorato più bianco e più anziano repubblicano tende normalmente a votare di più alle elezioni non presidenziali. Il candidato democratico Ralph Northam ha vinto di dieci punti grazie a un voto compatto delle minoranze, il 25 per cento del totale degli elettori, la cui partecipazione al voto è cresciuta più di quella dei bianchi (96 per cento tra gli afroamericani e 71 per cento degli ispanici) e buoni risultati tra i bianchi dei sobborghi del nord dello Stato, che in genere sono pendolari con Washington DC.
Northam ha recuperato nelle contee repubblicane, ma il voto bianco e non istruito che ha regalato la vittoria a Trump nel 2016 continua a favorire nettamente i repubblicani. In New Jersey il risultato è migliore per i democratici: alta partecipazione anche qui, ma, oltre al voto delle minoranze, buoni risultati nelle contee operaie per l’ex banchiere divenuto liberal, Philip Murphy, nuovo alla politica. A New York City Bill de Blasio ha vinto una corsa senza storia con il 66,5 per cento, facendo meglio a Brooklyn e Manhattan che nel Queens e nel Bronx e perdendo nella molto italo americana Staten Island, da dove veniva il suo avversario repubblicano.
Cosa dicono questi risultati? Alcune cose su entrambi gli schieramenti. La prima è che i repubblicani sono messi male, il loro candidato Ed Gillespie è un moderato che aveva recuperato nei sondaggi dopo aver scelto di usare tattiche trumpiane – annunci tv negativi che dipingevano Northon come un amico della M13, la gang salvadoregna. Troppo moderato lo stesso per la base trumpiana, troppo vicino a Trump per i moderati repubblicani scossi da un anno di presidenza (in Virginia, aveva comunque vinto Clinton).

Philip Murphy
In New Jersey, Murphy ha corso contro la vice di un governatore sommamente impopolare adottando un’agenda liberal: programmi di welfare per bambini e re-training, tassa sui ricchi, legalizzazione e tassazione della marijuana, difesa degli immigrati dalle politiche trumpiane. Sostanzialmente l’agenda De Blasio.
Ciascuno Stato è diverso per demografia, orientamento e cultura politica, ma le vittorie e le sconfitte di ieri si prestano a letture opposte in entrambi gli schieramenti. Il voto dei bianchi della Virginia (e persino quello di New York) ripropone infatti il tema delle difficoltà democratiche in certi luoghi della società americana.
Il recupero dei voti bianchi in alcune contee operaie del New Jersey, suggerisce che un profilo di sinistra non perde voti tra le minoranze e convince anche un po’ di Reagan democrats, i colletti blu passati ai repubblicani perché vedono nel Partito democratico quello delle minoranze e delle battaglie culturali sui diritti e non un partito che si occupa di loro e del loro bread&butter (noi tradurremmo pane e salame).
D’altro canto, la vittoria in Virginia, suggerisce che in questa fase un profilo moderato recupera voti di quegli elettori repubblicani bianchi, moderati e cittadini a cui Trump proprio non piace. Si tratta delle visioni confliggenti che hanno animato lo scontro Clinton-Sanders. E che oggi sono potenzialmente più divisive di un anno fa.

La democratica Danica Roem, LGTB, ha sonoramente sconfitto il deputato uscente Robert Marshall, crociato della campagne anti-gay, nella corsa per il seggio del 13mo distretto al parlamento della Virginia
In casa repubblicana è lo stesso. BreibartNews, il sito diretto da Steve Bannon, l’ex stratega di Trump, titola sulla Virginia sparando a zero sul candidato Gillespie. La candidata a vice governatore, Jill Vogel, più trumpiana, è andata meglio, spiega l’articolo, che ricorda come Gillespie abbia fatto propria la filosofia del Make America Great Again in ritardo e senza sincerità. Bannon si prepara a organizzare le primarie contro i moderati ovunque abbia candidati che gli piacciono e i risultati in Virginia e altrove segnalano come lo scontro sarà furioso.
A finire sotto saranno molti moderati repubblicani, due senatori e un paio di rappresentanti hanno già annunciato il ritiro per non sottoporsi a questa battaglia – e in dissenso con il presidente. Sebbene in termini più estremi, dunque, la dinamica repubblicana è simile a quella democratica, con due risposte diverse alla domanda: cosa serve per vincere? I cari vecchi candidati moderati che corrono al centro o dei candidati ideologicamente puri, con idee nette? Le corse della scorsa notte fanno forse propendere l’ago dalla parte del candidato con un profilo chiaro. Almeno in casa democratica.
Un discorso a parte va fatto per Trump, che dalla Corea ha scaricato Gillespie con un tweet: “Gillespie non ha sposato la mia agenda, né la mia persona e per questo ha perso”, dice in sostanza il presidente.
Un bel ringraziamento per uno che nelle ultime settimane ha adottato toni trumpiani in materia di immigrazione. Il messaggio è: se vinci sei mio amico, altrimenti sei un poveraccio. Con amici così…

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