Dove stia andando il mondo d’oggi, puoi capirlo se l’osservi dall’alto di una scala senza fine.
Il legno. Tra tutte le materie prime, dacché esiste il nostro pianeta, la più antica, la più nobile, la più versatile, la più naturale. La più ricercata. La più depredata. Il legno non ha mai smesso di essere tutte queste cose, non ha mai smesso di essere una risorsa e una ricchezza assolutamente indispensabili per l’uomo e per la Terra.
Oltre a tutto questo, nel mondo d’oggi legno può significare un palazzo molto, molto alto o la tribuna di uno stadio sportivo – quindi un’altra edilizia, sostenibile e durevole, e più elegante, con la sostituzione conveniente del ferro e del cemento;
può significare ripresa dei consumi dentro una crescita, si spera sempre più sostenibile grazie proprio a una materia naturale – di questa correlazione l’impiego del legno è un indicatore affidabile;
può significare nuovi equilibri geopolitici e geoeconomici – seguendo il commercio del legno si capisce molto bene in che direzione vada lo sviluppo oltre il perimetro euro-americano.
E in un’epoca di crescente attenzione all’ambiente, il legno “è” l’ambiente stesso.
Più del petrolio, più dell’oro, più di tante materie prime preziose, il legno è dunque alla ribalta. Merita di essere raccontato come uno dei protagonisti del nostro tempo e come una chiave cruciale, per capirlo, il tempo che viviamo.
Quando ytali ha ricevuto l’invito a seguire la conferenza internazionale sul legname di latifoglie a Venezia (International Hardwood Conference, IHC, Molino Stucky Hilton Hotel), a mala pena in redazione si sapeva che cosa significhi “latifoglie”. Scorrendo il programma, l’attenzione è stata attirata da uno degli interventi in lista: “Studi sullo stato della conservazione delle fondazioni di legno di Venezia” del professore Nicola Macchioni (Cnr Ivalsa).
Un buon motivo per andarci.
Stai camminando sopra una sterminata foresta capovolta, stai passeggiando sopra un incredibile bosco alla rovescia,
scrive Tiziano Scarpa, una frase che gli organizzatori dell’evento propongono come chiave per capire perché proprio a Venezia, una conferenza così, sul legno nobile (latifoglie).
Città edificata e fondata sul legno, e che sul legno ha costruito le sue fortune, specie nella sua età dell’oro. In fondo più “facile” da proteggere di quanto non si tema, proprio per via del tanto legno che ne innerva le strutture e le edificazioni e che, per quanto sott’attacco di muffe e batteri, resiste bene, come dice il professor Macchioni a una platea internazionale ansiosa di sapere come stia davvero la città sempre descritta come perennemente in bilico tra resilienza e sprofondamento.
Dove, dunque, se non a Venezia, una conferenza sul legno? E poi, certo, restando con i piedi per terra,
la scelta di Venezia non è casuale essendo la città collocata nel sistema legnoarredo del Triveneto che rappresenta uno dei distretti più importanti per l’industria nazionale del settore, grazie a un fatturato di oltre dieci miliardi di euro, quasi 12.000 aziende e circa 78.400 addetti. [Alessandro Calcaterra, presidente Fedecomlegno].
Non solo numeri. Conta la qualità delle imprese di questa terra, capaci di sfide globali pur restando saldamente radicate nel territorio.
“Senza radici non si vola”, recita il motto di Elvio Florian, leader dell’omonima azienda, main sponsor dell’evento veneziano.

Il Museo del Legno Riva 1920, Cantù
Il legno, nelle sue diverse declinazioni, è un buon termometro dell’andamento economico. Più consumo di legno riflette un incremento speculare nell’edilizia e nelle costruzioni e in tutte le attività connesse. Ed è vero il contrario come dimostrano i dati sull’Europa che espone il tedesco Andreas von Möller. Dove è evidente l’effetto della crisi finanziaria (che, non va dimenticato, era anche legata alla bolla dei mutui per le case) sulla depressione dell’edilizia, e quindi dei settori del legname ad essa connessi. Da allora si osserva una risalita, faticosa, non omogenea, ma costante, che se non ci riporterà ai livelli pre-crisi, è comunque positiva. E che, tanto per cambiare, vede la Germania in posizione nettamente dominante. Una ripresa che pone in evidenza peraltro un ruolo importante giocato dal legno nell’edilizia, dove ormai le costruzioni di legno sono le più diverse e raggiungono dimensioni ragguardevoli, un tempo impensabili. Oltre a essere sostenibili ed esteticamente assai più gradevoli di quelle impregnate di cemento novecentesco.
In questo scenario il mercato europeo delle latifoglie rappresenta uno dei segmenti più significativi, un ambito in cui le importazioni dai paesi extra-Ue crescono a ritmo sostenuto, secondo un’indagine condotta da FederlegnoArredo e Conlegno.
L’Italia si colloca al terzo posto nella classifica generale europea, con circa tre miliardi di euro di importazioni, alle spalle di Regno Unito e Germania.
Per questo – osserva Calcaterra – il nostro paese è tra quelli maggiormente interessati alla promozione del regolamento Eutr (European Union Timber Regulation, entrato in vigore a marzo 2013, ma adottato in Italia solo nel dicembre 2014), che ha l’obiettivo di contrastare il commercio di legname illegale. Secondo le stime, circa il trenta per cento del legname importato nella Ue dai paesi extra-europei sarebbe infatti di provenienza illegale. E l’Italia è il più grande importatore di legno tropicale illegale, come sottolinea il professore padovano Davide Pettenella.
Da qui è breve il passo alla condizione ad alto rischio delle foreste tropicali e al loro sfruttamento insensato. Non è facile contrastare il fenomeno. I paesi che aderiscono all’Eutr sono bypassati dai paesi che non vi aderiscono. C’è un doppio mercato, e quello che l’Europa considera illegale vede protagonisti paesi come la Cina. Che anche nel settore del legno è un gigante. S’accaparra il grosso della produzione statunitense di latifoglie e della produzione tropicale, ed è un impareggiabile esportatore di prodotti finiti del legno. Insieme alla Cina vediamo il Vietnam, un’altra emerging economy che sta cambiando le coordinate geopolitiche ed economiche con le quali siamo stati finora abituati a confrontarci.
Se un tempo il grosso del legname americano restava in America, essendo essa stessa il centro del business mondiale dell’industria che trasforma il legno, oggi il cinquanta per cento è esportato. Un cambiamento indotto – spiega Mike Snow, direttore esecutivo dell’American Hardwood Export Council (AHEC) – dalla notevole e rapida crescita della Cina, oggi di gran lunga il più importante player mondiale in tutti i campi del legno.
Se attualmente il consumo di legno pro capite è appena dello 0,5 per cento, c’è un’enorme capacità di crescita di fronte a noi, tant’è che le previsioni parlano di un incremento del 65 per cento della domanda entro il 2050, ragione in più – ammonisce Calcaterra – per essere vigili sulla provenienza del legno, sulla sua produzione e sul suo impiego.
E, a proposito della tutela e della gestione sostenibile della foreste tropicali, è di grande interesse il lancio da parte dell’International Tropical Timber Technical Association dell’iniziativa Fair & Precious (equo, solidale e prezioso), che consiste, come spiega Benoît Jobbé-Duval, nel conferire un brand all’intera catena produttiva e commerciale del legno tropicale. Un’operazione di branding i cui evidenti scopi ambientalistici aggiungono ulteriore valore di mercato a questa preziosa risorsa in pericolo.
Lo scopo – spiega Jobbé-Duval è quello di rafforzare la sostenibilità dei latifoglie, incrementando così il suo valore di mercato.
Seguendo le vie del legno, specie quello di alta qualità, si capisce molto della globalizzazione, dei problemi che porta con sé ma anche delle opportunità che pure offre.
Un aspetto che emerge è lo sviluppo di processi di regionalizzazione della produzione e del commercio, entro grandi distretti transregionali e transfrontalieri: è la trade regionalization, di cui parlano Pettenella e Pierre Marie Desclos.
Foreste, taglio, produzione e consumo del legno, una filiera che può svilupparsi entro un perimetro definito, come sta accadendo in diverse parti d’Europa. Anche per prepararsi ai mutamenti importanti che interessano immense aree geografiche finora scarsamente coinvolte nella trasformazione e nel consumo di materie prime, essendone invece grandi esportatrici.
L’impetuosa crescita demografica dell’Africa porrà nel giro di pochi decenni problemi inediti. Ed è ancora il legno a “spiegare” il fenomeno e le sue conseguenze. Oggi il continente che ci è prossimo produce il quindici per cento del legno, e ne è un grande esportatore. Ma se è vero che nel 2100 l’Africa avrà un terzo degli abitanti del pianeta (la Nigeria diventerà in pochi decenni il terzo paese più popoloso del mondo sorpassando gli Usa) è evidente che il legno africano a stento basterà per l’autoconsumo. Anzi, accadrà che il continente si dovrà aprire alle importazioni.
La conferenza finisce tornando a Venezia, con Maurizio Riva. Personaggio carismatico nel mondo del legno e dell’arredo, è di Cantù, ma è anche innamorato della città della laguna. E una delle “icone” veneziane, la più umile ma la più utile, la briccola – palo di rovere primo fusto piantato sul fondale marino e utilizzato per segnalare le vie d’acqua e le maree alle imbarcazione e per l’attracco delle barche – è un prodotto-simbolo, in diverse guise, della produzione Riva. Ed è lo specchio rovesciato della Lamborghini, l’auto del super lusso, partner dell’estroverso imprenditore canturino.
Nell’immagine sotto il titolo l’“Endless Stair”, scalinata senza fine, ispirata ai disegni di Maurits Cornelis. L’installazione è dello studio americano Drmm Architects. Il legno è di liriodendro (l’albero dei tulipani, per la sua peculiarità di produrre fiori simili agli stessi).

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