Vi racconto una storia. Un giorno stavo girando per librerie virtuali. Mi diverto a farlo, a scoprire nuovi autori, a leggere qualche anteprima di un libro, a cercare le recensioni su autori e opere. Per me diventa una caccia al tesoro.
Vengo attratto da una bella foto di copertina, e da uno pseudonimo singolare sotto il quale si nasconde, si nasconde proprio, l’autore di Nulla fallisce. Si fa chiamare “AL” e scopriremo qui perché non usa il suo vero nome.
Il romanzo racconta una storia da titolo in cronaca. AL è uno studente di un istituto professionale. Ha sostanzialmente due colpe. Essere grasso ed essere gay.
Tutto ciò scatena l’ira di un branco di compagni di scuola. Sono botte fisiche, prese in giro, un neanche tanto simulato stupro di gruppo, che conducono il protagonista verso continui rifugi. Scappa dai suoi carnefici nascondendosi per ore nei bagni della scuola, nel silenzio dell’auto-condanna e della bulimia. Si scansa, cerca di evitare e di stare fermo, immobile, in difesa, ma non si salva dai continui pestaggi, cori di insulti, derisioni, botte, in una parola dalla violenza.
Nessuno denuncia, nessuno ne parla. Il ragazzo trova qualche tregua nella musica, nel cinema, nei telefilm, nei libri per attutire una realtà insopportabile. Quando un professore vede uno dei tanti giochi al massacro, se la cava con la richiesta al branco di smetterla di fare casino, mentre il protagonista sta per essere abusato dal gruppo con il manico di una scopa. Sono ragazzi vivaci: fanno questo e altro.
La salvezza di AL sta nella capacità di scrivere la sua storia. Ne dà conto senza enfasi alcuna, evita la retorica, si mette di lato nel ring osceno che è diventata la sua vita scolastica, in cui finisce sempre alla corde. Racconta il suo travaglio con levità, con leggerezza e spinge chi legge a sentimenti diversi, quali l’incredulità e la rabbia per interposta persona. Il protagonista, per alleggerire la brutalità di quanto gli succede, ne parla senza peso, a tratti la scrittura è perfino autoironica.
Ripeto, viene menato a sangue e quasi stuprato con un manico di scopa perché è grasso e gay.
In famiglia c’è un Agnus Dei parallelo. Il padre ingombrante, forse ciclotimico, vuole il figlio così maschio da portarlo per pronta guarigione da una puttana di sua conoscenza.
Il ragazzo fuggirà dandosela a gambe da un luogo che fino a qui credevo una degradata periferia urbana, di quelle di cui si legge e si parla continuamente. Ma scopro, dagli indizi seminati nel romanzo, che siamo a Treviso, che la scuola è in provincia di Treviso, che tutto è realmente accaduto tra i fasti del prosecco nella Marca Trevigiana gioiosa et amorosa.
La scrittura corre tra i misfatti, AL sembra non reagire. Il libro si legge d’un fiato. Una pagina memorabile è il racconto di un incidente d’auto con il padre, dove il protagonista sembra non esistere e anche qui si scansa, esce goffamente dalla macchina malconcia del padre che perde la testa, si mette in disparte, al riparo dalla continua, assillante, violenta risposta del padre a qualsiasi evento della vita. Pagine che vengono raccontate per immagini, come in un romanzo di Nick Hornby.
Nulla fallisce è una storia raccontata bene, con pacatezza e senza retorica. Mentre i fatti potrebbero tutti essere chiamati per nome, e ne verrebbe fuori una lista di violazioni del codice penale, il protagonista cerca un rifugio, una via di fuga. La fuga psichica come rimedio all’orrore. La musica, una sorta di innamoramento, un amico, leniscono il suo dolore. Il supplizio dei bulli è riportato in tutti i particolari fisici. Se c’è del vero nelle teorie sulle origini psicosomatiche di alcune malattie, AL si ammala. Ha il Morbo di Crohn, una forma di colite degenerativa con cui dovrà convivere per sempre.
Ma c’è un lieto fine. Concluse le scuole superiori, troverà risposte alla sua intelligenza e alle sue capacità all’Università di Venezia, dove finalmente potrà studiare normalmente, nuotare donando prestanza al suo fisico maltrattato, leggere, viaggiare, innamorarsi un poco, porgere la bocca a un qualche bacio, trovare un lavoro.
Decidiamo, dopo parecchie email, di incontrarci. Volevamo mettere giù un’intervista, ma ne esce una lunga chiacchierata su tutto. La giornata è stata afosa, AL tornando dal mare si ferma a casa mia. Mi si presenta un ragazzo intelligente, vivo, magro, dagli abiti e il corpo curati e dai modi gentili. Mi racconta della sua attività letteraria. Andiamo a braccio in un lungo scambio, con la sua capacità di sentire subito dove arrivano le mie domande. Non mi è facile fare domande a nessuno, tanto meno a un ragazzo di cui ho letto una storia come questa.
È lui a mettermi a mio agio. Lo immaginavo legittimamente rabbioso, e lo scopro invece aperto, pacato e pieno di gratitudine verso i suoi nuovi amici. Perché ha costruito una rete di relazioni sane, dove c’è affetto, voglia di conoscere, reciproca stima. Alla domanda di rito sul perché non avesse denunciato il tutto, mi risponde, candidamente, che non sapeva come farlo per non ferire ancora se stesso e la madre. Soprattutto la madre.
La mia impressione, ma è la mia, è che fosse talmente immerso in una realtà traumatica, dolorosa, da non riuscire a trovare la forza e la freddezza per stendere nero su bianco ciò che gli stava accadendo, rivolgendosi alle forze dell’ordine o ai tanti centri e i loro numeri verdi, che lavorano per difendere i ragazzi come AL.
Parliamo molto di tutt’altro. Della sua generazione che ha patito la guerra in Jugoslavia, ampiamente e collettivamente rimossa; parliamo del suo lavoro, di musica, e parliamo di viaggi.
AL ora viaggia molto, e dopo i giri di rito nelle capitali del mondo, si muove nei luoghi più sconosciuti d’Europa. Viaggia per gli stati, di cui nemmeno ricordiamo i nomi, dell’ex Unione Sovietica, dove da solo fotografa, prende appunti, incontra tanta gente per bene, di scarsissima ricchezza materiale e grandissima umanità. Gli chiedo perché usi uno pseudonimo. Mi risponde che deve proteggere la madre dalle possibili incursioni di un padre totalmente imprevedibile.
AL e la madre vivono in un luogo sconosciuto al padre. E la vita di AL continua, o forse è appena cominciata, tra libri da leggere e condividere con una comunità di lettura che ha creato insieme ad altri amici, tra il lavoro e la musica, tra la speranza di un nuovo amore e tanti nuovi proficui incontri. Tra le fotografie che mi mostra. Tra le più belle, quella che fa da copertina al libro.
Nulla Fallisce si trova nei siti di vendita di libri on-line, Amazon, Hoepli, basta digitare su Google il titolo e ci sono innumerevoli link dove si trova immediatamente il libro. Per chi non dispone del libro elettronico si può leggere con il download nei dispositivi elettronici di cui già disponiamo.
Sicuramente nel libro troverete qualche ingenuità letteraria, ma troverete talento, un’incredibile mancanza di rabbia, e un dono di leggerezza che rende scorrevolissima la lettura. Nella provincia veneta, non nelle banlieues incattivite, in provincia di Treviso, della ricca Treviso, non a Ostia, succede pari pari ciò che leggerete, forse attenuato dal garbo letterario.
Scrivete ad AL dopo aver letto Nulla Fallisce. E fate girare, come si dice: merita ricompensa, attenzione, gratificazione. Perché è intelligente, voracemente interessato a tutto, privo di rabbia. Perché se AL è scappato per salvarsi la pelle, noi abbiamo il dovere di raccontare e far sapere la sua storia. Incominciamo attraverso il suo libro. Nell’ultima pagina c’è un suo indirizzo email. Scriviamogli in tanti.
Nulla Fallisce di AL, è disponibile su Amazon, Feltrinelli, Ibs, Hoepli.

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