Da quando ormai quattro anni fa la situazione politica del Sud Sudan è implosa, portando il paese nel baratro della guerra civile, gradualmente la situazione non ha fatto che peggiorare e la condizione umanitaria è catastrofica.
E il silenzio intorno al paese non fa altro che soffocare ogni speranza di pace. Nell’arco dell’ultimo anno, le milizie coinvolte nel conflitto si sono frammentate e moltiplicate, diffondendo ulteriormente la voce delle armi.
A oggi, quasi quattro milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case, in gran parte cercando rifugio nei paesi limitrofi. Quasi otto milioni di sudsudanesi dipendono dagli aiuti per la loro sopravvivenza. Decine di migliaia di persone hanno già perso la vita.

Tommy Simmons
È quanto racconta Tommy Simmons, fondatore di Amref Italia, che in questi giorni è in Sud Sudan, dove l’organizzazione umanitaria opera da molti anni.
Poco tempo fa, gli esperti in sicurezza alimentare delle organizzazioni alimentari hanno previsto che nel 2018 in Sud Sudan più di un milione di bambini sotto ai cinque anni saranno malnutriti e che in 300.000 saranno fortemente a rischio di morte,
prosegue Simmons.
Il punto è che senza un clima di pace la situazione nel paese africano non può che peggiorare.
Ma il raggiungimento della pace sarà un processo lungo fatto di compromessi che in troppi sembrano non disposti a fare, e nel frattempo è impellente continuare a intervenire sul fronte umanitario, anche se il moltiplicarsi delle crisi nel mondo continua a mettere i bisognosi in concorrenza l’uno con l’altro e scarseggiano le risorse necessarie per evitare che chi è ‘fortemente a rischio di morte’ non possa essere raggiunto.
La mia ultima visita in Sud Sudan è stata cinque mesi fa. Allora – in questo paese che frequento da oltre vent’anni di conflitti, speranze, crescita, frustrazioni e infine di ritorno al caos – avevo riscontrato la carenza di cibo, la fuga dei professionisti, il gran numero si sfollati, tassi di inflazione ingestibili, una diffusa insicurezza e la caparbietà dei tanti che continuano a lavorare per rimediare ai danni delle armi e per continuare a costruire il futuro dell’intera nazione”,
sottolinea il fondatore di Amref.

Il Sud Sudan e i paesi limitrofi
Ora Simmons è tornato per verificare quanto in questo breve periodo è cambiato, e
per seguire il lavoro che svolge sul campo Amref Health Africa e – spero – per contribuire a far parlare di quanto sta avvenendo in questo angolo remoto del mondo (che per chi vi abita non è affatto remoto), che si tratta di una delle grandi crisi dimenticate del pianeta (anche se qui ne sono tutti ben consci) e il silenzio che da lontano la circonda soffoca sul nascere ogni possibilità di contribuire a cambiare le cose”.
Simmons piega:
Tornerò a Maridi nella cittadina dove nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo formato l’80 per cento dei quadri sanitari intermedi che oggi operano nel paese e dove proprio oggi un secondo gruppo di giovani donne sta iniziando a fare i propri esami di maturità, nella scuola secondaria femminile che abbiamo avviato cinque anni fa per supplire al fatto che oggi, in Sud Sudan, i tre quarti delle bambine neanche frequenta le scuole primarie. Andrò a Wau, verso il nord-ovest del paese, dove Amref Health Africa è impegnata nell’urgente compito di fornire nutrizione, sanità e acqua pulita a una popolazione ancora minacciata dalle violenze e dove la crisi umanitaria è più intensa. Infine, andrò a Torit, a sud-est della capitale Juba, dove si rispecchia la situazione di Wau, con l’aggiunta di una crisi idrica che tocca tutta la popolazione urbana della cittadina – accresciuta dagli sfollati, con tutti i rischi sanitari che ciò comporta.
L’obiettivo di Simmons, e di Amref, è far tornare la comunità internazionale a “prendersi cura” di un paese, il Sud Sudan, dimenticato, ormai, da molti.

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