Cent’anni di Leica. Così nacque il fotogiornalismo

La mostra "I Grandi Maestri. 100 Anni di fotografia Leica" al Complesso del Vittoriano rende omaggio alla prima macchina fotografica provvista di pellicola 35 mm, alla fotografia d’epoca e agli artisti che hanno utilizzato la Leica dagli anni Venti ai giorni d’oggi
MARIO GAZZERI
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Futurismo italiano, Suprematismo russo, voglia di volare, di velocità, di futuro. L’accelerazione che la Storia impresse alla società, dopo la Prima Guerra Mondiale, fu all’origine anche della trasformazione della fotografia operata da Oskar Barnack, ingegnere presso la Leitz, azienda di strumenti ottici di Wezlar, piccola città dell’Assia.

La necessità di mandare in cantina le vecchie macchine a soffietto e le loro costose lastre era avvertita da fotografi, giornalisti e artisti. Dagli interpreti, insomma, di una quotidianità sempre più in movimento, da una stampa sempre più popolare e diffusa e da una società proiettata verso un futuro di progresso.

Nasce la LEItz CAmera

Barnack aveva ideato e costruito un prototipo di fotocamera “tascabile” già nel 1914 ma poté migliorare il suo progetto solo negli anni successivi al 1918 dando vita alla prima LEItz CAmera (Leica) prototipo della macchina che avrebbe rivoluzionato il fotogiornalismo e trovato mille applicazioni nella nascente street photography. Fu la nascita dell’istantanea e del fotogiornalismo di guerra. Fu lo strumento che avrebbe reso famosi Robert Capa e Gisèle Freund, Henry Cartier Bresson e Gianni Berengo Gardin e molti altri.

L’istantanea divenne la nuova rappresentazione della realtà. Foto iconiche come la Morte di un miliziano (Robert Capa, 1936, Guerra di Spagna) o i bambini in fuga nel Vietnam bombardato dagli americani (Nick Ut, 1972) hanno reso, forse meglio degli articoli degli inviati, l’orrore della guerra.

La Ur-Leica, costruita da Oskar Barnack, completata nel 1914 Credits: © Leica Camera AG

L’istantanea in guerra e nello sport

Barnack, il primo a usare la sua macchina “lillipuziana” come venne chiamata la nuova Leica, fu un sensibile ritrattista e testimone dei disastri del primo dopoguerra in Germania, piegata e piagata dalla povertà e dalla vertiginosa svalutazione causate, in buona misura, anche dalle punitive condizioni di pace imposte dalla Francia e dal suo desiderio di revanche per la devastante sconfitta subita a Sedan quarantott’anni prima.

Presto la piccola Leica si diffuse tra i giornalisti e i fotoreporter (tra i suoi vantaggi c’era il costo della pellicola molto più a buon mercato delle lastre) e anche tra gli artisti. Henri  Cartier Bresson, all’apparire del nuovo gioiello sul mercato, abbandonò la pittura surrealista a cui si era fino ad allora dedicato, un esempio seguito da molti altri artisti tra i quali il dadaista George Grosz e il costruttivista Aleksandr Rodcenko. Grazie al nuovo strumento fotografico si scoprirono e si affermarono molti altri talenti che fecero delle loro istantanee, vere e proprie opere d’arte.

André Kertesz e gli altri

Se si vuole dar credito alle solite classifiche degli esperti, dopo Henri Cartier Bresson, il massimo fotografo del secolo scorso (con in tasca la piccola Leica dotata ormai di un obiettivo Elmar retrattile) fu André Kertesz, ebreo ungherese come Robert Capa (pseudonimo di Endre Friedman), affascinante fotoreporter attivo nella Guerra civile spagnola e in molti altri conflitti in giro per il mondo fino al Vietnam, allora in guerra contro gli occupanti francesi, dove morì falciato da una mina poco prima della disfatta francese a Dien Bien Phu. In Spagna, Capa perse la sua compagna e fotografa di guerra Gerda Taro (Gerta Pohorylle il suo vero nome), ebrea tedesca di Stoccarda morta in un incidente stradale durante la ritirata dei repubblicani incalzati dai falangisti.

Altro settore in cui la Leica si impose nel tempo anche sui suoi più agguerriti concorrenti (Agfa e Kodak in primis) fu lo sport come dimostrano le istantanee scattate nel corso delle Olimpiadi di Berlino nel 1936, immortalate anche dal documentario Olympia girato dalla regista e fotografa Leni Riefenstahl, le cui simpatie per il regime nazionalsocialista dettero adito a voci di sue presunte relazioni con Göring, Goebbels e con lo stesso Hitler.

Il bianco e nero

Parlando della Leica si apre un mondo fatto di istantanee in bianco e nero, i colori del passato, i colori dei grandi fotografi dagli anni Venti ad oggi. Nomi che vanno da Walter Henisch, Erich Salomon e Renè-Jacques ai contemporanei Alberto Korda (suo il ritratto più famoso del “Che”), Sebastiao Salgado, Ferdinando Scianna. Una carrellata di foto oggi in mostra a Roma (“I Grandi Maestri. 100 anni di fotografia Leica” al Complesso del Vittoriano) che è un riassunto della nostra storia comune, uno sguardo sulle vite degli altri che ci hanno preceduto, in lotta contro povertà, malattie (drammatiche al riguardo le foto di Berengo Gardin scattate nei manicomi di Gorizia e di Colorno, vicino a Parma) e guerre e sanguinose rivolte (Budapest, 1956). Foto struggenti che solo il bianco e nero poteva “catturare” nella drammaticità di un passato che in qualche modo è tuttora presente in tutti noi.

Complesso del Vittoriano (Ala Brasini)
Via di San Pietro in Carcere, Roma

Dal 17 novembre 2017 al 18 febbraio 2018
Da lunedì a giovedì ore 9.30 – 19.30
Venerdì e sabato ore 9.30 – 22.00
Domenica 9.30 – 20.30

La biglietteria chiude un’ora prima

sito ufficiale

Cent’anni di Leica. Così nacque il fotogiornalismo ultima modifica: 2017-12-07T10:36:53+01:00 da MARIO GAZZERI
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