Marocco. Diritti in bilico nella fragile stabilità del paese

Un anno dopo la morte atroce del pescivendolo Mouhcine Fikri, diventato figura simbolo dell'opposizione, la democrazia "ibrida" del paese nordafricano va tenuta sotto esame. Ne abbiamo discusso con Hassan Rachidi di al Jazeera
MILENA NEBBIA
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[TANGERI, MAROCCO]

Appena salita sul taxi che dalla stazione mi doveva portare al riad, la conversazione è caduta subito sul re, Mohammad VI, le cui immagini vedrò poi campeggiare un po’ ovunque, dai negozietti della medina ai ristoranti, alle strade: “Non sta bene – mi dice il tassista – è malato, ma – aggiunge – è una notizia che non si deve sapere…”. “Bien sur” , certo, di sicuro.

Non ho poi avuto modo di verificare le effettive condizioni di salute del sovrano, ma ho sin da subito avuto la percezione della rilevanza di questa figura nel paese. Il Marocco è sicuramente il paese più stabile del nord Africa, ha una sorta di democrazia ibrida, in cui tendenzialmente sono sempre il re e il palazzo ad accaparrarsi tutto il potere. Inoltre il re è anche una specie di guida spirituale dei credenti, quindi ha anche un potere divino, per così dire.

In realtà i governi, nonostante siano eletti (nell’ottobre 2016 è stato riconfermato al potere un partito islamista moderato), hanno un piccolo margine di manovra e raramente hanno la libertà di eseguire il programma presentato alle elezioni. Quindi, nonostante un avviato piano di riforme costituzionali, il paese è sempre monitorato dal punto di vista dell’effettivo godimento di alcuni diritti umani fondamentali, tra i quali quello di espressione, riunione, associazione e di stampa.

In ricordo di Mouhcine Fikri, un. anno dopo

Il rapporto di Amnesty International del 2016 segnala forti restrizioni in questo senso da parte delle autorità, in particolare dopo l’inizio delle manifestazioni nel Rif, nel nord del paese, all’indomani della morte del pescivendolo Mouhcine Fikri, nell’ottobre 2016, e della nascita del cosiddetto “Movimento popolare”, il cui leader è stato arrestato. Le rivendicazioni, peraltro con azioni pacifiche, miravano unicamente a sollecitare lo sviluppo locale con la richiesta di investimenti e la creazione di posti di lavoro, nuove infrastrutture e lotta all’abuso di potere e alla corruzione.

L’ultima manifestazione si è avuta a luglio, ad Al Hoceima, e, secondo Amdh (Associazione marocchina per i diritti umani), la polizia ha caricato i manifestanti ancora una volta pesantemente e molti sono finiti in manette.

Questo è quanto hanno riportato i media internazionali ed alcuni giornalisti locali, mentre le autorità hanno minimizzato. Anche la libertà di stampa ha forti limitazioni, molti giornalisti sono stati perseguiti semplicemente per aver criticato i dati del governo sulla situazione dei diritti umani condannandone alcuni per accuse di rilevanza penale, a quanto pare infondate. Reporter senza frontiere colloca il Marocco nel 2016 al 133° posto su 180 per la libertà di stampa.

Imzouren, città natale Fikri, sciopera nell’anniversario della sua morte, 28 ottobre 2017

Diciamo che finché uno non scrive del re, dell’esercito, di religione o sesso può parlare di quello che vuole? Chiedo provocatoriamente ad Hassan Rachidi, bureau chief di Al Jazeera in Marocco, che ho incontrato durante una conferenza alla scuola di lingue Al Bayrouni, qui a Tangeri.

La situazione negli anni è migliorata, sono migliorati i giornalisti, la stampa non è più stampa di partito come ai tempi della lotta per l’indipendenza, ci sono più testate, ma se dovessi individuare un problema è innanzitutto quello che manca una stampa regionale, cioè tutto parte da Casablanca e Rabat, ma ad esempio, come la mettiamo per chi vive a Tangeri o Fez? Poi ci vorrebbe più competizione. La salvezza allora viene dai social, dal web, grazie a questo anche le notizie locali iniziano a circolare, per noi giornalisti sono fonti preziose che naturalmente vanno verificate. Si tratta per lo più di giovani, naturalmente, che adesso hanno anche una sorta di tesserino e una forma di “incoraggiamento” da parte statale”. Purchè si mantengano entro i margini previsti dalle autorità stesse, pare di capire…

Hassan Rachidi

Il problema della libertà di stampa in Marocco esiste – prosegue Rachidi – io stesso ne sono stato vittima, ho avuto problemi con le autorità del Marocco per delle notizie che avevo diffuso [è stato arrestato dopo il “sabato nero” del 2008 per aver dichiarato che c’erano stati dei morti durante le manifestazioni e i successivi scontri con la Polizia – notizia categoricamente smentita dalle autorità n.d.r.], comunque è sempre meglio che in altri paesi africani o in America latina.

Essendo Rachidi di Al Jazeera, inevitabile che il discorso cada sulla richiesta fatta dall’Arabia Saudita, sostenuta da Trump, di isolare diplomaticamente il Qatar con l’accusa di sostenere il terrorismo e quindi di chiudere il gruppo di informazione che lì ha la sua sede.

Questo è inaccettabile – sbotta – quello che afferma Trump è un problema di sovranità, non puoi dire ad un altro paese cosa fare o cosa non fare, in questo senso sono con il Qatar, casomai spetterà al Consiglio di sicurezza dell’Onu prendere una decisione. In relazione alle accuse di fiancheggiare il terrorismo mosse al Qatar, diciamo che a me sembra che siamo tutti nella stessa posizione, nessun paese è pulito, ognuno finanzia i propri amici, chi ha più vicino a sé, questa è la verità.

Marocco. Diritti in bilico nella fragile stabilità del paese ultima modifica: 2017-12-14T19:19:49+01:00 da MILENA NEBBIA
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