Chi è Jorge Mario Bergoglio? Come si spiega che a lui e solo a lui vengano rivolte accuse a mio avviso inaudite, anche dall’interno del collegio cardinalizio? Come qualche tempo fa abbiamo discusso anche qui, su ytali, un principe della Chiesa ha chiesto che il papa, in ossequio a una presunta prassi medievale, rinnovi il suo atto di fede, quasi che sia lecito dubitarne, ribadendo di restare fedele a quanto stabilito, in materia di fede, dai suoi predecessori. E perché autorevoli espressioni della cattolicità arrivano a parlare di possibili opzioni scismatiche?
Prima di cercare una possibile risposta, cerchiamo di capire se davvero ci troviamo in una situazione che non ha precedenti. In epoca recente, o diciamo contemporanea – visto che la storia della Chiesa è plurimillenaria la precisazione è necessaria – ciò che oggi vediamo accadere, e cioè interviste dell’ex prefetto per la Dottrina della fede che parla di clima scismatico, cardinali sebbene emeriti che pubblicano i loro dubbi su testi pontifici invitando il papa a correggersi, a “rispettare la dottrina”, non ha precedenti.
Ciò che si ricorda è la critica dura, anche sopra le righe, da parte di giornalisti, di nomi importanti del mondo dell’informazione, della saggistica cattolica. Si ricordano anche “insulti” come il chiamare papa Paolo VI con il “nomignolo” di Macolo VI, ma erano insulti, diciamo così, dal basso, certamente attribuibili a settori tradizionalisti del cattolicesimo romano, ma non a suoi esponenti. Si ricordano anche “processi” a carico di pontefici dal versante opposto, riformista o progressista. Ma non si ricordano membri del Sacro Collegio esprimersi nei termini che oggi leggiamo.

Papa Francesco e il cardinale Burke
Un organo di informazione “quasi” ufficiale del fronte anti Francesco, Corrispondenza Romana, ci aiuta a ricapitolare. Attribuisce al cardinale Brandmüller queste parole:
Il solo fatto che una petizione con 870 mila firme rivolte al Papa per chiedergli una chiarificazione resti senza risposta – come non ottengono risposta 50 studiosi di rango internazionale – suscita delle questioni. È veramente difficile da capire.
Al cardinale Burke attribuisce invece queste:
Ci troviamo infatti di fronte a un processo che costituisce una “sovversione delle parti essenziali della Tradizione”. Al di là del dibattito sulla morale, viene eroso sempre di più nella Chiesa il senso della pratica sacramentale, soprattutto per quanto riguarda la penitenza e l’Eucarestia.
E al cardinale Müller, al di là di ogni dubbio da parte dello scrivente che le ha potute leggere sul Corriere della Sera, attribuisce queste parole:
Ho l’impressione che nel “cerchio magico” del papa ci sia chi si preoccupa soprattutto di fare la spia su presunti avversari, così impedendo una discussione aperta ed equilibrata. Classificare tutti i cattolici secondo le categorie di “amico” o “nemico” del papa, è il danno più grave che causano alla Chiesa. Uno rimane perplesso se un giornalista ben noto, da ateo, si vanta di essere amico del papa; e in parallelo un vescovo cattolico e cardinale come me viene diffamato come oppositore del santo padre. Non credo che queste persone possano impartirmi lezioni di teologia sul primato del romano pontefice.
Queste parole del cardinale Müller sono a mio avviso molto difficili da capire: davvero un vescovo o un cardinale può comunque fregiarsi del titolo di suo amico? È proprio sicuro il cardinale? Sul Corriere della Sera è uscito tempo addietro un articolo che comincia così:
Scomunica: sentenza inappellabile della Chiesa cattolica brasiliana contro i medici che hanno fatto abortire una bambina di nove anni, stuprata dal patrigno e incinta di due gemelli. L’aborto, ha specificato José Cardoso Sobrinho, arcivescovo di Olinda e Recife, è un crimine agli occhi della Chiesa e la legge degli uomini non può sovrastare quella di Dio. Il patrigno, indagato per violenza sessuale, ha ammesso che abusava della bambina da quando aveva 6 anni e inoltre secondo i sanitari la gravidanza avrebbe comportati gravi rischi per la bambina. La legge brasiliana consente l’aborto in caso di stupro o di problemi per la salute della madre. La bambina, fanno notare i medici, rientrava in ambedue le categorie.
Ma restiamo al nostro argomento. Sì, c’è qualcosa che non ha precedenti nella durezza ma soprattutto nella pubblicità degli attacchi frontali, personali e diretti a Papa Francesco. Ma se è così, perché è così? Perché Bergoglio spinge a comportamenti sfiorati solo contro il papa che lui ama di più, Paolo VI? Ovviamente c’è di mezzo il Concilio, il vero tratto d’unione tra questi due papi così spesso associati.

Papa Paolo VI attraversa la basilica vaticana sulla sedia gestatoria in conclusione dell’ultima sessione del Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano per qualcuno è stato un grande evento che si iscrive nella continuità della Chiesa cattolica. Dunque non riconoscere la libertà religiosa e poi sposarla non marca discontinuità, segna continuismo. Dire, come disse Paolo VI, che il giorno della breccia di Porta Pia è un giorno di festa, indica uno sviluppo dello stesso pensiero di Pio IX, pregare per “i perfidi giudei” e dire che sono i fratelli maggiori è lo sviluppo della stessa visione. Invocare l’extra ecclesia nulla salus e il riconoscere che anche nelle altre religioni ci sono semi di verità rientra tra le logiche conseguenze.
No, io non la penso così. Io penso che il Concilio Vaticano II sia stato un grande evento di discontinuità. Discontinuità in particolare con il costantinismo, cioè con quell’ordine di alleanza tra trono e altare stabilito dall’imperatore Costantino, cioè l’uomo che convocava i concili ecumenici. Sì, proprio lui li convocava, non il papa né il patriarca. E un vescovo da lui deputato in linea di massima li presiedeva.
L’ordine costantiniano è stato estraneo al cristianesimo fino al III secolo. Tant’è vero che prima di allora, per fare un esempio, i nestoriani erano numerosi. Poi la definizione della loro visione di Cristo come eretica ha determinato la loro persecuzione da parte dei bizantini, che fecero dei nestoriani degli alleati “per forza” dei persiani. Se uno vuole capire come mai ci sono tanti sciiti nel mondo arabo a oriente di Costantinopoli si chieda che fine hanno fatto gli ex nestoriani, e come mai gli arabi sciiti avvertano ancora oggi una loro “fedeltà necessaria” alla Persia, vecchia rivale dei Bizantini.

Testa di Costantino, Musei Capitolini, Roma
Bergoglio non mi sembra appartenere all’ordine costantiniano. Davvero? Basta leggere per dirlo. Era il 2003 quando l’allora arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, scriveva nel suo messaggio alle comunità educative cattoliche:
Di fatto, La Città di Dio (di Sant’Agostino, nda) è, in primo luogo, una critica alla concezione che sacralizzava il potere politico e lo status quo. Ogni impero dell’antichità poggiava su questo tipo di credenza. La religione era parte essenziale di tutta la costruzione simbolica e immaginaria che sosteneva la società tramite un potere sacralizzato. E questo non riguarda solo i “pagani”: una volta che il cristianesimo venne adottato come religione dell’Impero romano, andò formandosi una “teologia ufficiale” che sosteneva quella realtà politica come se fosse già il Regno di Dio avverato in terra. Agostino, con la sua opera, si opponeva appunto a quel tipo di lettura teologica di una realtà storica.Nel mostrare i semi di corruzione nella Roma imperiale, stava troncando qualsiasi identificazione tra Regno di Dio e regno di questo mondo. […] Se nella “teologia ufficiale” la storia era il luogo esclusivo ed escludente del potere autoreferenziale, nella Città di Dio si costituisce lo spazio per una libertà che accoglie il dono della salvezza e il progetto divino di un’umanità e di un mondo trasfigurati. Un progetto che verrà completato nell’escatologia, è vero, ma che già nella storia può generare nuove realtà, sbaragliando falsi determinismi, aprendo di continuo l’orizzonte della speranza e della creatività a partire da un plus di senso, di una promessa che invita sempre ad andare avanti.
Andare avanti, sempre… Quanto è profonda questa esigenza anche nel discorso del Bergoglio papa. L’avere un orizzonte, il camminare, sono il punto d’inizio del suo magistero, una delle prime affermazioni del suo pontificato, nel corso del quale ha fatto ombra anche a questa profondità teologica qui così chiaramente espressa, per aprirsi a un linguaggio nuovo. Evangelico per vocazione e formazione, Bergoglio da quando è diventato papa Francesco sembra assillato da un’esigenza, quella di parlare con parole che non escludano, mai. Mai parole escludenti, né impositive. Anche quando invita a toccare il mendicante quando si fa l’elemosina, Bergoglio non dice “lo devi toccare!”, no, lui dice “quando dai una moneta a un uomo che chiede l’elemosina lo tocchi?” Se non lo fai, sembra proprio suggerire con la sua domanda, rifletti sul fatto che ti perdi un’occasione, una possibilità. Non impone, e non esclude.
Questo gli viene certamente da una visione di Gesù che prima che noi lo facessimo cristiano parlava con tutti, senza limiti, senza confini, senza esclusioni. Il potere autoreferenziale non è quello che interessa all’attuale vescovo di Roma. Non a caso in lui è fondamentale la religiosità popolare, cioè quella forma di religiosità che non è stata clericalizzata, e che esprime liberamente e naturalmente la capacità propria di ogni popolo di resistere al male. È questo che i suoi avversari, o nemici, a mio avviso non riescono e non possono accettare.

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