Distruggere i falsi. Per il critico francese Marc Restellini – lo specialista di Amedeo Modigliani che ha fatto esplodere lo scandalo delle ventuno opere false del pittore italiano esposte come autentiche alla mostra di Genova – questo è l’unico modo per togliere dal mercato roba inquinata ma anche inquinante. Lo dice in un’intervista al quotidiano parigino Le Monde spiegando che, pur non essendo un caso isolato (“Corot per esempio è ancor più copiato”),
Modigliani è tra i pittori che si cerca di copiare di più, probabilmente per il fatto che, in apparenza, sarebbe “facile” fare un Modì che, invece, è quasi infalsificabile.
Dopo la sua morte, nel 1920, la valutazione delle sue opere è salita, ma i primi falsi non sono apparsi prima del ’35-’40. E il grosso della produzione dei falsi Modigliani data intorno agli anni ’55-’70: falsificazioni massicce.
C’ è un momento in cui l’opera di Modigliani diventa un caso particolare: negli anni Cinquanta, sono gli stessi autori dei cataloghi sul pittore ad avallare come veri certi falsi!
Quali sono – ha chiesto allora il giornalista de Le Monde Jérome Gautheret – i suoi metodi per giungere ad una perizia scientifica indiscutibile?
Da vent’anni ho redatto un protocollo di analisi scientifica paragonabile a ciò che si fa nel settore medico. Dapprima ho analizzato un gruppo-campione di opere indiscutibilmente autentiche, provenienti da collezioni storiche e con documentazione di fonti primarie come sono quelle dei mercanti o collezionisti coevi di Modigliani. Poi ho messo a punto, con il protocollo, una solida base di confronto che mi permette di sapere, mese per mese, tra il 1905 e il 1920, come dipingeva Modigliani. Oggi dispongo di un corpus, con una base “immagimetrica”, mai prima realizzata.
Quanti falsi ha identificato, a tutt’oggi?
Alcune centinaia. I cataloghi di Christian Parisot o di Joseph Lanthemann [due notissimi curatori francesi delle opere di Modigliani, ndr], per esempio, includono un certo numero di lavori dubbi, e meriterebbero una pulizia profonda.

Lo studioso francese Marc Restellini
L’intervista affronta quindi il caso clamoroso della mostra di Genova. Tra i quadri sequestrati molti sono dell’americano Joseph Gutmann che, secondo Restellini, inizialmente si serviva di Parisot (arrestato nel 2013 con l’accusa di aver falsificato dei disegni di Modì) per fare inserire opere false nei cataloghi che questi produceva.
L’inchiesta in corso a Genova sembra indicare che siamo di fronte a una truffa internazionale con importanti implicazioni finanziarie. L’esposizione non era stata organizzata dal Museo di Palazzo Ducale ma da un organizzatore esterno [Massimo Vitta Zelman, uno dei proprietari della casa editrice Skira, ora indagato dalla magistratura insieme a Guttmann, ndr] sotto la responsabilità di un conservatore di musei, lo svizzero Rudy Chiappini [anche lui indagato, ndr] peraltro responsabile dei servizi culturali della città di Locarno.
Secondo l’inchiesta il prezzo modesto domandato dagli organizzatori per allestire la mostra a Palazzo Ducale avrebbe dovuto suscitare più di un sospetto…
Tanto più grossi dal momento che l’organizzatore dell’esposizione, Skira, conosce perfettamente il costo astronomico di una mostra su Modigliani. Pensiamo solo al costo del trasporto e dell’assicurazione. Insomma, grande negligenza del museo.
Le Monde ha posto a Restellini, vecchio direttore della Pinacoteca di Parigi, una domanda che chiama in causa la responsabilità, anche nel caso di Genova, di grandi musei francesi: che cosa dire del fatto che hanno prestato opere per la mostra italiana?
È sconvolgente il ruolo che i protagonisti della mostra di Genova vogliono far giocare ai musei nazionali di Francia. Come difesa non cessano di spiegare che questi musei hanno, in passato e ancora oggi, prestato delle opere a mostre dove c’erano dei falsi. E che, per conseguenza, questa “vicinanza” li ha legittimati. In Italia il presidente di Palazzo Ducale è stato rimosso, e i tre protagonisti sono sotto inchiesta penale. In Svizzera il parlamento è stato investito del caso-Chiappini.

Il “Nudo disteso” (1918 circa – collezione privata), assicurato in mostra per 36,8 milioni di euro è fra le opere sequestrate
E Parigi?
Solo Parigi non ha reagito. Ancora una volta: il ruolo dei musei nazionali francesi è quello di permettere di legittimare dei falsi? Ho scritto tre mesi fa alla ministra della cultura e a tutt’oggi non ho avuto una risposta. Capisco che questa storia sia imbarazzante per l’amministrazione statale, ma è stupefacente constatare a quale punto, in Francia, l’immunità dei conservatori dei musei sia sacra.
Che cosa bisognerebbe fare per arginare l’ondata dei falsi in arte?
Ho avuto il torto, nei casi precedenti, di non domandare la distruzione delle opere false. Oramai la chiederò ogni volta che vedrò esposto in pubblico un falso. È perché mi sono sempre battuto contro la produzione dei falsi che oggi reclamo la loro distruzione.

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