A un anno dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca i rapporti tra USA e Russia stanno prendendo una piega che nessuno a Mosca si sarebbe mai aspettato. Soprattutto, dopo il pesante impegno del Cremlino per far sì che il candidato repubblicano newyorkese alle presidenziali del 2016 guadagnasse più influenza nella politica interna americana.
Come ringraziamento, le élite russe vedono ora Washington preparare nuove e più dure sanzioni. La scorsa estate il Congresso ha obbligato il presidente Trump a inasprire i provvedimenti contro Mosca, sospettata di aver cercato di manipolare il processo elettorale USA. Se gli attacchi cibernetici contro le forze politiche americane sono in cima alla lista dei rancori statunitensi, altrettanto peso rivestono le questioni siriana e ucraina. Così, dopo il leggero aggravamento delle sanzioni esistenti della settimana scorsa, la nuova legge intende spingere l’amministrazione Trump a mettere in campo un nuovo ventaglio di misure.
In settimana scade il termine entro cui il governo americano dovrà presentare una relazione che indichi le imprese che continuano a fare affari con persone o aziende della Federazione russa oggetto di sanzioni: si tratta di soggetti economici, anche non americani, che a loro volta potrebbero essere penalizzati. Una minaccia per le strutture energetiche europee che stanno pianificando nel mar Baltico il gasdotto Nord Stream 2 insieme al colosso del gas russo Gazprom.

Riunione del gabinetto di Donald J. Trump
Il Cremlino teme inoltre misure in grado di colpire i suoi partner economici e strategici nel settore della difesa federale. Mosca sta facendo di tutto per coprire questi affari e proteggere le strutture coinvolte. A questo scopo, a gennaio, il governo ha presentato due ordinanze, su un pacchetto totale di undici, con cui vengono fortemente ridotti gli obblighi di informazione di alcune aziende russe: se queste sono oggetto di misure “deterrenti” da parte di stati o istituzioni straniere, l’esecutivo le scioglie dal dovere di fornire informazioni dettagliate sui partner con cui collaborano o sulle commesse che ricevono o richiedono.
Di cosa esattamente si tratti non è chiaro, ma si può pensare che lo spettro di applicazione delle liberatorie sia piuttosto vasto. Infatti, anche aziende non oggetto di sanzioni possono trattenere informazioni riguardanti affari con partner “limitati”. Le stesse prerogative le ha chi agisce nel settore della difesa. Scopo di tutto ciò è rendere più difficile agli USA l’identificazione di nuovi obiettivi. Ciò, naturalmente, si ripercuote sia sugli obblighi di trasparenza delle aziende verso l’opinione pubblica, sia verso gli azionisti di minoranza privati di alcuni diritti.
Al momento, questo non preoccupa.
Per proteggere l’industria della difesa, lo stato intende servirsi di alcune banche collassate e dunque più malleabili. Tra queste la Promsvjazbank.
A dicembre, dopo che i clienti avevano perduto la fiducia nella capacità di solvenza dell’istituto, Promsvjazbank era fallita. Altrettanto era successo con un tentativo di salvataggio. Solo dopo che la banca centrale russa l’ha classificata rilevante per il sistema è stato possibile per l’istituto centrale acquisire la maggioranza delle azioni di Promsvjazbank, risanarla e prepararla alla vendita. La banca, ora ristrutturata, dovrebbe diventare il più importante istituto finanziario per il settore russo degli armamenti e i suoi imprenditori.
Almeno questo sembrano indicare comunicazioni fatte la scorsa settimana dal ministero delle Finanze di Mosca. I costi dell’operazione sono valutati in circa 200 miliardi di rubli (3,5 miliardi di dollari). Al momento Promsvjazbank si trova nella fase di ricapitalizzazione ma presto, entro il trimestre, dovrebbe passare nelle mani governative. Ma già si lavora affinché l’istituto ristrutturato sia disponibile ai bisogni della Difesa. Suo nuovo responsabile è Petr Fradkov – figlio dell’ex primo ministro ed ex direttore dei servizi segreti esteri della Federazione (SVR) Michail Fradkov – che oltre a essere un funzionario vicino allo stato è anche un manager esperto del settore.

Il nuovo direttore della Promsvjazbank, Petr Fradkov
A differenza di altre due banche, Otkrytie e BinBank, che a partire della scorsa estate erano fallite e sono state salvate, Promsvjazbank era conosciuta per essere l’istituto dei piccoli imprenditori e del ceto medio. Attività che ufficialmente dovrebbe proseguire, anche se è difficile pensarlo. Con i suoi nuovi compiti, l’istituto dovrebbe diventare oggetto delle sanzioni americane, cosa che ne renderebbe difficile l’ordinaria attività.
Unione Europea e Stati Uniti hanno già colpito dozzine di aziende russe, soprattutto quelle attive nel settore militare, senza però risparmiare ambienti finanziari ed energetici. I provvedimenti già in funzione vanno dal divieto di alcune forme di cooperazione, finanziamento ed esportazione, all’interdizione totale di rapporti economici. Singole persone sono state invece colpite da blocchi di conti bancari e divieti di ingresso in altri paesi. Ora il numero di questi soggetti dovrebbe aumentare.
Il governo Trump lavora anche su una lista, da approvare entro oggi, di miliardari russi legati al clan di Vladimir Putin. L’elenco sarà la base delle nuove sanzioni e ciò sta facendo incrementare vistosamente il nervosismo delle élite russe.
Espressioni di questo malessere provengono innanzitutto da Dmitrij Rogozin. In un’intervista ai media russi, la scorsa settimana il vice primo ministro del governo e presidente della Commissione federale per il settore militar-industriale della Federazione ha definito “illegali” le misure che dovrebbero colpire “praticamente tutte le imprese della Difesa, oltre a strutture creditizie e finanziarie che collaborano col settore”. Il funzionario riconosce che i nuovi provvedimenti “abbasseranno il livello di competitività del complesso militar-industriale” e allontaneranno “investitori attivi nella Difesa” per la “produzione di beni di importanza civile”. Rogozin ha confermato che il governo sta pianificando “decisioni in grado di evitare completamente le conseguenze di questa vergogna”.
Si può giurare che la politica cercherà di sfruttare al meglio queste tensioni. Va in questo senso il prolungamento di un’amnistia, finora scarsamente utilizzata, con cui i capitali miliardari detenuti illegalmente all’estero possono rientrare in Russia con pene irrisorie. E altrettanto si può dire degli speciali titoli di stato che i magnati dovrebbero acquistare per rimpolpare le casse delle finanze pubbliche.

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