Le due destre dopo Macerata

Nonostante tutto, le due componenti della destra marciano unite con aspirazioni di governo, mentre le due sinistre non sono comunicanti e sommabili tra loro (almeno per ora)
ALDO GARZIA
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Dopo i fatti di Macerata (il neofascista che ha aperto il fuoco sui passanti di pelle scura), occorre riaccendere i riflettori. Il centrodestra molto spostato a destra pensa di vincere le elezioni. Questa convinzione si fonda sugli umori del paese e sui sondaggi. Il pendolo oscilla in effetti pericolosamente a destra. Sono pochissimi gli argomenti sui quali esiste una egemonia culturale, prima ancora che politica, del centrosinistra e della sinistra. Solidarietà e uguaglianza non sono valori che vanno per la maggiore. E anche la categoria di “libertà” è spesso coniugata solo al singolare. Mentre immigrazione, crisi del progetto europeo, economia che non decolla nonostante dieci anni di austerity e tagli, insicurezza e precarietà, crisi del sistema bancario sono tutti argomenti che inducono a comportamenti di destra sfocianti in egoismo tout court e latente razzismo.

Il fenomeno del pendolo che va a destra è inoltre niente affatto solo italiano: basta volgere lo sguardo da Trump al resto dell’Europa (in particolare dell’est), per non parlare poi dell’America latina dove è in atto una radicale restaurazione politica. Non si tratta solo del ritorno della destra liberista e reaganiana degli anni ottanta. C’è qualcosa di nuovo da studiare.

In campo in questa campagna elettorale – dovremmo rifletterci – non ci sono solo “due sinistre” (quella moderata del Pd, quella radicale di Liberi e uguali e Potere al popolo), ci sono anche due destre (quella centrista di Forza Italia e varie frattaglie, quella ultras di Lega e Forza Italia che governa da tempo Lombardia e Veneto). Con la differenza che mentre le due sinistre sono difficilmente sommabili e comunicanti, le due destre per ora marciano unite pur con differenze al loro interno forse destinate a divampare dopo il 4 marzo.

I centristi di Berlusconi guardano infatti al Partito popolare europeo a cui dà il passo e una formula di governo possibile la Germania di Angela Merkel. Lega e Fratelli d’Italia puntano a una destra “sovranista” che esce dall’euro o ne ricontratta le modalità, che chiude le frontiere al fenomeno migratorio e argina la libera circolazione delle merci. Mentre però le due sinistre non sono comunicanti e sommabili tra loro (almeno per ora), le due destre marciano unite con aspirazioni di governo. Vedremo nel medio periodo se sapranno davvero convivere, qualora andassero a Palazzo Chigi.

Centrosinistra e sinistra dal canto loro sono in grande affanno. Il Pd si presenta con il volto rassicurante della continuità e del buon governo, che di solito non basta quando il panorama sociale è turbolento e insicuro. Ci vogliono idee. La componente radicale della sinistra chiede invece la rilegittimazione per una sinistra del lavoro e dei diritti, sapendo che i tempi di una rifondazione culturale oltre che politica saranno lunghissimi. Tra le due sinistre non c’è alcuna convergenza. Anzi, la seconda dice della prima: “Non è più sinistra”. Il che vorrebbe dire ripartire solo dal 6-8 per cento attribuito dai sondaggi a Liberi e uguali e Potere al popolo.

Il Pd replica affermando che chi vota Grasso e D’Alema fa il gioco di Lega e Forza Italia. In questo quadro, la partita centrale della campagna elettorale finisce per restare quella tra moderata continuità (Pd e satelliti) e cambiamento di governo (centrodestra) con l’attrattiva incognita dei 5 Stelle. Cosa si è fatto nei mesi scorsi per non andare in ordine sparso incontro a una probabile sconfitta il 4 marzo? I danni sono sotto i nostri occhi.

Nelle democrazie mature e istituzionalmente solide, le alternanze al governo non fanno problema e sono anzi auspicabili, non fosse altro per lo spoil system che inducono in apparati, burocrazia e nei rapporti maggioranza/opposizione. In Italia, dove pure c’è stata alternanza negli ultimi vent’anni (Prodi/Berlusconi), il passaggio di consegne assomiglia sempre a un trauma per la debolezza strutturale del sistema. Sulla spinta delle soluzioni adottate sulla governabilità in Germania e Spagna, spuntano perciò ipotesi di “governo del presidente” (non spiace a D’Alema) e di “governo di larghe intese” (Pd e Forza Italia, più i satelliti di entrambi).

Parlare tuttavia di formule e soluzioni di governo senza avere a disposizione i numeri del voto è pura acqua fresca ed esercizio retorico. Convergenze al centro non sono neppure augurabili. In attesa dei numeri, meglio ripensare all’episodio di Macerata e alle folli campagne web contro Laura Boldrini.

Le due destre dopo Macerata ultima modifica: 2018-02-04T16:38:36+01:00 da ALDO GARZIA
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