L’idea più diffusa che si ha dell’America Latina, soprattutto fuori dall’America Latina, è quella di una regione con una storia comune ai vari popoli, plasmata da un’unica mano e perciò sostanzialmente simile dal Río Bravo, che gli Usa chiamano Grande, e fino ad Ushuaia.
Nella realtà, le differenze tra l’uno e l’altro paese sono notevoli, lo spagnolo che si parla in Messico non è lo stesso che si parla in Argentina o in Cile e gli stessi paesi latinoamericani in genere non hanno piena consapevolezza l’uno dell’altro e neppure sembrano molto interessati a conoscersi.
Il dato della differenza tra le varie nazioni che si andavano formando al tempo di Simón Bolívar non era sfuggito al Libertador che lo rilevò nella “Lettera dalla Giamaica” (1815) e lo ribadì nel “Discorso di Angostura” (1819) considerando che una delle questioni centrali da superare erano
[…] gli ostacoli tra provincie e provincie americane, creati perché esse non abbiano rapporti, non si trattino fra di loro né intrattengano commerci.
Il quadro negativo, aggiungeva, è completato dall’assenza di riferimenti identitari giacché,
[…] assenti dall’universo per quanto si riferisce alla scienza del governo e dell’amministrazione dello Stato… non conserviamo neppure i vestigi di ciò che è stato in altri tempi.
Assenza di rapporti, quindi, e di riferimenti storici autoctoni, questo è il dato di partenza con cui si passa dai Capitanati e i Vicereami, all’America Latina.
Non diversamente è accaduto per il Brasile, un territorio sterminato colonizzato a macchia di leopardo, senza una struttura che presiedesse alla costruzione di un destino interno, e organizzato, sostanzialmente, in dipendenza del Portogallo.
Tale condizione storica ha subito delle modifiche solo parziali anche perché, quasi contemporaneamente, alla metropoli europea è subentrata la metropoli nordamericana che enunciò la sua volontà egemonica con la dottrina Monroe (1823).
“A través de otros cristales”* entra, in un certo senso, in quest’aspetto della storia dell’America Latina, seguendo la via della formazione delle classi dominanti e della categoria politica della storia come fosse questa un filo d’Arianna che conduce ad alcuni aspetti problematici del tempo latinoamericano, spesso risolti dalla storiografia nel senso dell’affermazione nazionale senza ulteriori specificazioni.
I due coordinatori, Fernando Ciaramitaro e Marcela Ferrari, sottolineano tale aspetto rilevando che l’attenzione al ruolo della politica e dei suoi protagonisti ha permesso di scoprire
trame complesse che davano significati nuovi all’interpretazione del passato (p.10).
A ciò aggiungerei una conseguenza metodologica, ovvero la possibilità che la storia politica dell’America Latina possa essere anche un fattore orientativo per la costruzione di un sistema di rapporti latinoamericano che guardi oltre la posizione dominante degli Stati Uniti d’America.
In tal caso sarà necessario, credo, dare il dovuto spazio alla rivoluzione cubana che, oltre i suoi successi e insuccessi, ha fissato parametri nuovi di riferimento in un panorama continentale che, per esempio, non poteva contare su eventi significativi che segnassero un risultato “interno” dell’America Latina e fossero un punto fermo rispetto all’egemonia degli Usa, come è stato con gli avvenimenti di Playa Girón.
Il che non è poca cosa in una tradizione di pensiero che, nel bene e nel male, ha fatto quasi sempre ricorso al contributo di ideologie e sistemi di governo di importazione, in assenza di una storia autoctona.
“A través de otros cristales” raccoglie una selezione delle relazioni presentate al LIV Congreso Internacional de Americanistas (Ica), da studiosi dell’America Latina riuniti a Vienna, nel luglio del 2012, per discutere sul tema La política entre teoría y práctica. Pasado y presente en la historia de Iberoamérica.
Nello specifico, i lavori riguardano l’Argentina, il Brasile e il Messico di cui vengono esaminati aspetti che i coordinatori definiscono “classici”, ma anche di attualità, sottolineando che il loro interesse preminente è stato quello
di mettere a disposizione del lettore tematiche che si stanno dibattendo attualmente (p. 17).
È il caso, ad esempio, di Mariano Torres, che rivisita la rivoluzione messicana del 1910 cercando di capirne “la validità delle proposte”. L’analisi è essenziale e fissa alcuni punti molto precisi che definiscono momenti cruciali del paese, come è il caso della storia messicana del secolo XIX che secondo Torres va posta
tra due date mitiche piene di rivendicazioni fittizie: il 1810 con quella dell’indipendenza e il 1910 con quella della giustizia sociale.
L’analisi dei provvedimenti presi punta a dimostrare che questi o erano parziali o erano “superficiali”, come nel caso delle riforme agrarie di Carranza e Abelardo Rodríguez che, in realtà, avviarono la formazione di “nuovi rapporti clientelari”, o di quelle di Cárdenas, che vennero condotte senza criteri finalizzati al miglioramento stabile della popolazione rurale.
Si tratta di elementi che, conclude amaramente lo storico, confermano la tesi della “rivendicazione popolare trasfigurata”, e dell’aspetto “ingannevole del discorso ufficiale e dell’immagine della rivoluzione messicana del 1910” (p. 79).
Ma in quale misura il taglio politico porta a una diversa interpretazione degli avvenimenti? Appunto nella libertà di giudizio politico che è possibile esprimere alla luce di ciò che hanno prodotto le scelte, nella caratterizzazione weberiana dell’etica della responsabilità, di cui evidentemente non sembrano curarsi le classi al potere, che mostrano invece la solita “politica gattopardesca” del cambiare in modo tale che tutto resti uguale. Da cui è chiaro che
le élites politiche si dedicano al mantenimento della democrazia fittizia e alla facciata della sovranità degli Stati Uniti Messicani (p. 87).
Tale criterio analitico caratterizza anche gli altri lavori raccolti nel libro.
Come quello di Raúl Zamorano Farías che pone a confronto il sistema politico messicano e il suo rapporto con la “natura sociale” della democrazia. L’analisi della politica estera brasiliana durante i governi che vanno da Sarney a Lula da Silva, condotta da Beatriz Alves e André Luis Eiras che seguono il percorso che da una politica che ha un “progetto di difesa nazionalista” (p. 119) si apre a una cooperazione strategica con l’Argentina che porterà al Mercosur (1991), che si propone una zona libera di commercio. L’analisi porta gli autori a concludere che il
Brasile sta cercando una sua identità nel sistema internazionale e in tale azione esplorativa riesce a conseguire che gli altri stati, ripensino le loro identità e utilità (p. 133).
Carolina Barry, con un studio sulle organizzazioni peroniste di massa, Adriana Kindgard, con una microstoria che si ferma su momenti e personaggi che precedono il peronismo, e Virginia Mellado, che entra in un periodo più recente di cui esamina il meccanismo del consenso politico, soprattutto nel lungo decennio menemista, chiudono la raccolta di saggi.
Nelle conclusioni Ciaramitaro e Ferrari si augurano che i lavori presentati stimolino ad entrare nelle
problematiche contemporanee… alla luce dei risultati delle politiche applicate nel recente passato, senza perdere di vista i processi [che hanno condotto alla realtà attuale].
Credo che lo sforzo realizzato e i risultati conseguiti dagli autori di “A través de otros cristales” meritino molta attenzione non solo per la scelta di un percorso in qualche modo comparativo che potrebbe contribuire al superamento dei rapporti poco articolati tra i paesi dell’America Latina, ma anche per la ricostruzione difficile di un quadro complessivo del panorama latinoamericano.
Credo inoltre che il libro abbia il merito di indicare un metodo di analisi storica che tendenzialmente può relegare sullo sfondo le analisi che, in nome di una qualche dignità nazionale calpestata o offesa, sacrificano la ricerca di divergenze e di contraddizioni che potrebbero proporre correzioni e modificazioni anche di atteggiamenti divenuti retorici.
*(Fernando Ciaramitaro e Marcela Ferrari (a cura di), A través de otros cristales. Viejos y nuevos problemas de la historia política de Iberoamérica, Universidad Autónoma de la Ciudad de México-Universidad Nacional de Mar del Plata, Città del Messico-Mar del Plata, 2015, pagg. 294)

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