Escalation in Siria. Se Israele entra nel conflitto

La seconda guerra siriana è sempre più una guerra globale che vede impegnate direttamente potenze regionali e globali: Usa, Russia, Turchia, Israele, Iran, con l’aggiunta degli Hezbollah libanesi e, nella Coalizione anti-Assad a guida statunitense, l’Arabia Saudita e le milizie curde siriane dell’Ypg.
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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Dopo gli Usa, Israele. Dopo i raid aerei americani, l’attacco israeliano. La seconda guerra siriana è una guerra totale. I caccia israeliani che abbattono un drone iraniano e colpiscono dodici obiettivi dei Guardiani della rivoluzione iraniani e delle forze lealiste in Siria. La risposta dell’esercito lealista siriano che abbatte un jet dello Stato ebraico. È il primo scontro diretto tra Israele e Iran.

La motivazione addotta, la penetrazione di un drone iraniano nello spazio aereo israeliano, smentita dal comando congiunto delle operazioni in Siria pro-Assad (Russia, Iran, Hezbollah), non dà conto della portata di ciò che quell’azione di Tzahal porta con sé: Israele, col sostegno attivo dell’Arabia Saudita, non permetterà che l’Iran abbia una presenza militare permanente in Paese, la Siria, ai confini nord dello Stato ebraico.

Droni iraniani

Quel raid è anche la conferma che quello di un conflitto immanente tra Israele ed Hezbollah in Libano sono tutt’altro che voci infondate. Gli spazi per una soluzione politica sembrano essere inesistenti, così come sono destinati a cadere nel vuoto gli appelli, ultimo quello dell’Onu, per una tregua umanitaria.

La seconda guerra siriana è sempre più una guerra globale che vede impegnate direttamente potenze regionali e globali: Usa, Russia, Turchia, Israele, Iran, con l’aggiunta degli Hezbollah libanesi e, nella Coalizione anti-Assad a guida statunitense, l’Arabia Saudita e le milizie curde siriane dell’Ypg. I comandi militari di Gerusalemme confermano l’attacco e avvertono:

Non vogliamo una escalation, ma Siria e Iran scherzano col fuoco.

Caccia Su-34 russi nei cieli siriani

La diplomazia delle armi detta legge in Siria. Con gli Stati Uniti che entrano direttamente nella seconda guerra siriana. Lo fanno dal cielo, come a suo tempo la Russia di Vladimir Putin. Donald Trump non ha seguito le orme di Barack Obama: alle parole, stavolta sono seguiti i fatti: per una “red line” superata, i cacciabombardieri a stelle e strisce che sganciano le bombe sull’esercito di Bashar al-Assad (oltre cento morti tra le forze lealiste).  una svolta nel conflitto siriano. E lo stesso avviene con l’attacco israeliano a obiettivi iraniani nel martoriato Paese mediorientale. Non c’è nulla di “difensivo” in questi accadimenti militari.

Ma la reazione a uno scenario nel quale a determinare il nuovo volto, e i nuovi equilibri di potenza, in Medio Oriente fossero tre potenze non arabe: Russia, Iran, Turchia. Tre disegni neo-imperiali – quello russo, quello ottomano e quello persiano – alla base di una “Jalta mediorientale”. Per l’America è troppo, per Israele e Arabia Saudita è una minaccia mortale.

La Coalizione cerca di cacciare dal lato orientale del fiume Eufrate gli ultimi combattenti dell’Isis, con l’appoggio delle FDS. Con Mosca c’è un accordo verbale perché i caccia russi, che appoggiano il regime baathista-alauita, rimangano al di là del lato occidentale dell’Eufrate. Ma la Russia reagisce con durezza (verbale):

Il recente incidente dimostra ancora una volta che la presenza militare illegale degli Stati Uniti in Siria è in realtà finalizzata a prendere il controllo delle risorse economiche del paese e non a combattere contro l’Isis.

Così il ministero della difesa russo commenta, in un comunicato, il raid contro i lealisti da parte delle forze della coalizione nella regione di Dayr az Zor. Lo riporta la Tass. C’è anche un’altra ricostruzione della dinamica dell’operazione: l’attacco della Coalizione sarebbe scattato mentre le forze lealiste di Bashar al-Assad, sostenute da Russia e Iran, tentavano di impadronirsi di un pozzo petrolifero nella regione di Dayr az Zor.

A riferirlo sono stati media panarabi citando fonti locali e rappresentanti americani della Coalizione. Secondo le fonti, le forze lealiste avevano superato l’Eufrate verso est dirette al pozzo petrolifero di Khusham, vicino a Dayr az Zor e controllato dalle Forze siriane democratiche, la piattaforma guidata dal Pkk siriano e sostenuta dagli Stati Uniti. Miliziani curdo-siriani, affermano le fonti, hanno partecipato agli scontri per fermare l’offensiva lealista, appoggiata da Iran e Russia.

La Coalizione a guida Usa ha sostenuto con artiglieria e raid aerei la controffensiva curda per evitare l’avanzata governativa in un’area che mesi fa era controllata dal Daesh. L’Eufrate è la linea di demarcazione tra le forze di Assad, appoggiate da Russia e Iran, e le Fds. Le Forze democratiche siriane sono in prevalenza milizie curde dell’Unità di Protezione Popolare, note come Ypg.

Reparti turchi al confine siriano

Ed è proprio contro di loro che si è mossa la Turchia con la sua operazione “Ramoscello d’Ulivo”, contro l’enclave curda di di Afrin nel nordovest della Siria. Il Pentagono ha mostrato i muscoli e assieme alle bombe ha “sganciato” un messaggio al “trio di Sochi”, Russia, Turchia, Iran, e agli alleati di Trump in Medio Oriente, Israele e Arabia Saudita: l’America non si è chiamata fuori dal quadrante mediorientale, e il futuro della Siria, e più in generale del Medio Oriente, non è un affare tra Putin, Erdogan, Rohani.

Tra martedì e mercoledì erano state un centinaio le vittime e circa duecento i feriti dei raid aerei  governativi siriani compiuti alla periferia est di Damasco. Il distretto del Ghouta, controllato da fazioni ribelli jihadiste e islamiste, ha subito uno dei peggiori bagni di sangue da anni. Il governo francese ha anche riferito che ci sono “tutte le indicazioni” che il regime siriano stia usando bombe al cloro nei suoi raid. Anche Amnesty International ha parlato dell’uso di armi chimiche vietate a livello internazionale da parte del regime, in particolare dell’attacco con il cloro contro la città di Saraqib.

Dopo l’esplosione di ordigni al cloro

La conferma è rafforzata dalle testimonianze raccolte dai ricercatori di Amnesty: il 4 febbraio un attacco col cloro contro la città di Saraqib ha costretto undici persone a ricevere cure d’emergenza.

Ancora una volta il governo siriano ha mostrato il suo profondo disprezzo per il diritto internazionale impiegando armi chimiche illegali. Gli attacchi diretti contro i civili sono assolutamente vietati e costituiscono crimini di guerra. Il fatto che il governo si senta libero di compiere questi attacchi con armi chimiche vietate a livello internazionale riflette la completa impunità di cui godono coloro che ordinano crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Siria,

afferma in una nota ufficiale Lynn Malouf, direttrice di Amnesty International per le ricerche sul Medio Oriente.

La Difesa civile siriana ha riferito che il cloro contenuto nei barili bomba sganciati dall’alto hanno causato sensazioni di soffocamento, gravi irritazioni alla pelle e agli occhi, episodi di vomito e collassi. Tra le persone colpite, anche tre volontari della Difesa civile siriana che erano accorsi sul posto per prestare i primi soccorsi. Saraqib si trova nella provincia nordoccidentale di Idlib ed è a 41 chilometri di distanza dalla linea del fronte più vicina. Le forze governative siriane – ricorda Amnesty International – sono sospettate di aver portato a termine, a partire dal 2012, decine di attacchi col cloro e con altre armi chimiche nelle aree sotto il controllo dell’opposizione, in cui sono state uccise centinaia di persone e molte altre hanno subìto ferite terribili. Tutti questi attacchi sono vietati dal diritto internazionale umanitario.

Nel settembre 2013, dopo che nella Ghouta orientale centinaia di persone erano rimaste uccise in quelli che erano stati denunciati come attacchi chimici col sarin, la Siria aveva aderito alla Convenzione sulle armi chimiche e il presidente Bashar al-Assad si era impegnato a distruggere le scorte di agenti chimici proibiti.

Tuttavia, un anno dopo, nel settembre 2014, una missione dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) aveva trovato “schiaccianti conferme” che un agente chimico era stato usato “sistematicamente e ripetutamente” per attaccare i villaggi della Siria settentrionale. L’Opcw ritiene che le forze governative abbiano usato il sarin anche nell’aprile 2017 in un attacco contro la città di Kahn Sheikhoun, sempre nella provincia di Idlib, in cui sono morte oltre ottanta persone.

L’accelerazione di Israele verso uno scontro armato con Assad e con l’Iran; la possibile/probabile estensione del conflitto al vicino Libano (“Non faremo distinzione tra i miliziani hezbollah e l’esercito libanese”, ha ammonito il ministro della difesa israeliano Avigdor Lieberman); il raid della Coalizione a guida Usa, l’offensiva turca, i bombardamenti in Ghouta: dopo lo Stato islamico, la seconda guerra siriana rischia di far deflagrare l’intero Medio Oriente.

Escalation in Siria. Se Israele entra nel conflitto ultima modifica: 2018-02-10T18:23:10+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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