Eleggere chi aiuta a leggere

Se noi, attori del ristretto mondo dell’editoria, saremo davvero uniti e rispettosi gli uni degli altri, potremo avere una classe politica che continui a darci ascolto come hanno cercato di fare il ministro Franceschini e la Commissione cultura della camera dei deputati
CRISTINA GIUSSANI
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Gli italiani hanno sempre letto poco, e leggono sempre meno, ma anche i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno fatto poco o niente per incentivare la lettura. Solo l’ultimo governo, con il ministro Franceschini, ha dato dei segnali di inversione della rotta, e in un paese come il nostro già i segnali devono essere accolti con entusiasmo.

Iniziative come 18app, l’applicazione del bonus art per gli acquisti di libri per le biblioteche, il credito fiscale per le librerie, sono state accolte con grande interesse dagli operatori.

Ma i segnali non bastano, le iniziative prese devono consolidarsi e devono fare da traino a nuove e sempre più determinate prese di posizione da parte di chi ci governa.

Ed è su questo che, secondo me, dobbiamo fare una riflessione.

Non leggere significa essere ignoranti, non preparati, senza alcuna capacità critica nei confronti di quanto ci viene “propinato” quotidianamente.

Significa prendere per buone tutte le informazioni che in mille modi ci pervengono, senza essere in grado di verificarle e di valutarne la reale portata presente e futura.

La cultura è educazione, ma è anche rispetto, lungimiranza, sensibilità, senso della comunità, progettualità comune, comprensione di come cambia il mondo, partecipazione ai cambiamenti.

Il discorso è molto ampio, ma per riportarlo al tema della lettura e dei libri, a volte ci si domanda se il silenzio della politica sia calcolato, un popolo ignorante si manipola meglio, oppure se si consideri il comparto dell’editoria così piccolo, da non essere interessante.

In entrambi i casi ovviamente si sbaglia.

Sulla prima ipotesi non commento neppure, ma sulla seconda dobbiamo fare alcune riflessioni: innanzi tutto guardare a paesi dove si legge oltre al doppio che in Italia e dove da decenni esistono leggi che danno un senso all’economia editoriale nel suo insieme inclusa la promozione della lettura.

In secondo luogo finanziare adeguatamente le biblioteche pubbliche affinché possano arricchire la loro offerta e continuare a fare il loro prezioso mestiere senza preoccuparsi degli aspetti economici.

In terzo luogo valorizzare le librerie del territorio, indispensabili diffusori di promozione della lettura, ma anche indispensabili presidi culturali del nostro variegato territorio. Le librerie come tutte le piccole attività di tutto il territorio italiano rendono le nostre città, grandi e piccole, più accoglienti, sicure e attrattive per chi le visita, garantendo quella pluralità di offerta e di pensiero che solo chi ha la libertà dell’indipendenza economica può permettersi.

Anche in Italia abbiamo bisogno di una legge che protegga veramente la varietà culturale e dunque la varietà degli operatori del territorio: le legge Levi sul prezzo del libro ha dato un contributo, ma non è stata assolutamente sufficiente a frenare la chiusura delle librerie indipendenti (25 per cento in meno negli ultimi sei anni).

D’altro canto un paese che guarda avanti deve valorizzare e incentivare l’utilizzo delle nuove tecnologie per creare momenti di scambio e di forza, ma al tempo stesso proteggere le attività tradizionali da chi utilizza le nuove tecnologie per creare monopoli basati su una concorrenza inaccettabile dal punto di vista etico ancor prima che economica.

Mi riferisco in particolare ai player on-line internazionali che utilizzando contratti di lavoro e di logistica, nonché condizioni fiscali, di grande favore, ottenuti esclusivamente con la legge del più forte, stanno mettendo in difficoltà interi comparti economici e in particolare quello dell’editoria.

 

Il libero mercato non deve diventare il libero monopolio, non deve essere “dopato” da vantaggi fiscali e contrattuali che i più piccoli non possono permettersi per legge.

Non dimentico di lanciare un appello anche a tutti gli attori del ristretto mondo dell’editoria: solo se saremo davvero uniti e rispettosi gli uni degli altri, potremo avere una classe politica che continui a darci ascolto come hanno cercato di fare il ministro Franceschini e la Commissione cultura della camera dei deputati.

Che i grandi dell’editoria ascoltino i più piccoli e ne siano stimolati, che i piccoli apprezzino quanto fatto dai grandi, che le librerie di catena appoggino le più piccole librerie indipendenti perché l’accompagnamento alla lettura è di tutti, che tutti apprezzino e riconoscano il lavoro svolto dagli altri se per il bene comune, che le biblioteche collaborino con le librerie e non ne diventino concorrenti, che ognuno guardi all’altro con curiosità e interesse, che dal nostro mondo emerga quell’onestà intellettuale e quella chiarezza che chiediamo a chi decide per il paese.

Solo così il mondo della lettura, dei libri e della cultura sarà in grado di dare il buon esempio di cui hanno tanto bisogno i nostri politici e il paese nel suo insieme.

Eleggere chi aiuta a leggere ultima modifica: 2018-02-19T16:12:26+01:00 da CRISTINA GIUSSANI
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