“La mia Venezia. Unica e divisibile”

"Sindaco e Tar permettendo, il 30 settembre si andrà a votare per un referendum consultivo sulla separazione Venezia-Mestre. Non sono una politica, neppure una tecnica in senso stretto. Ma come cittadina veneziana ho buone ragioni per votare sì"
MARIA LUISA SEMI
Condividi
PDF

Non sono una politica, neppure una tecnica in senso stretto. Ma certamente – nata e vissuta a Venezia – ne conosco i lati positivi e pur quelli negativi, nel passato recente ed oggi.
Pare sia giunto il momento del quinto referendum relativo alla separazione del Comune di Venezia in due Comuni di pari dignità, pur con enormi differenze l’uno dall’altro.

@IveserVenezia

Fino al 1926 i Comuni erano due, poi Mussolini – a fronte forse dell’industrializzazione di Marghera o per altri interessi – decretò l’unificazione. Un inciso: non tutto fu diviso. Ad esempio, la legge istitutiva del notariato risaliva al 1913 e tale è rimasta; tant’è che anche oggi le sedi notarili sono due, per cui il professionista che ha sede in Venezia, per trasferirsi a Mestre deve ottenere un provvedimento del ministero. Situazioni all’italiana, considerando che poi il numero delle sedi in Venezia (54.000 abitanti*) è quasi uguale a quello di Mestre (170.000 abitanti).

@IveserVenezia

Comunque il 30 settembre – sempre pare – si andrà a votare.

Ovvie le difficoltà: già la costituzione di un Comune autonomo di Cavallino-Treporti creò non pochi problemi, ancora oggi non del tutto risolti.

Ma, da cittadina, proviamo a pensare.

I confini: aeroporto, gronda lagunare, Marghera… e molto altro.
Esiste – non ancora definita – la Città Metropolitana che di diritto – sempre pare – dovrebbe considerare Venezia quale capoluogo. Ma, specifici interessi a parte, è importante?

18 maggio 1975. Comizio elettorale di Enrico Berlinguer, la folla in piazza Ferretto a Mestre [Archivio G. Pellicani Fondazione Gianni Pellicani]

Quindi iniziamo con Mestre.

È una vera città, con una popolazione di gran lunga superiore a quella di Venezia, con pregi, problemi e difficoltà come tutte le vere città.

Una mentalità corrente, purtroppo, ha sempre considerato Mestre una periferia di Venezia e Venezia una “palla al piede” di Mestre. Non è così, secondo me. Gli anni passano o sono passati, i problemi si sono ingigantiti. Perché mai considerare Mestre una periferia quando è una vera città? Vero che gli anni Sessanta o anche Settanta hanno permesso a un territorio che aveva la sua bellezza di divenire in parte un dormitorio. Vero che molti veneziani – pur a malincuore – si sono trasferiti in terraferma per evidenti situazioni di benessere quotidiano: condomini con ascensore, automobili e via dicendo. Vero anche che i grandi ipermercati si trovano a Mestre, che i giovani a Venezia non godono di spazi (discoteche?) dove passare le nottate.

Ma veramente, a fronte del vivere quotidiano, Mestre – nel bene e nel male – è una vera normalissima città.

Vero che recentemente a Mestre qualcosa è stato realizzato: la sistemazione/restauro di Piazza Ferretto, la prossima apertura del museo M9, e parecchie altre iniziative.

Perché quindi non considerarla una città veneta, prescindendo dall’esistenza della Città metropolitana? Vero anche che una divisione potrebbe portare a scalfire interessi sia finanziari che personali dei quali oggi non sono a conoscenza; vero però che Mestre deve godere di propri diritti, deve avere una sua autonomia senza dipendere dalla Venezia insulare e lagunare. E anche, dal punto di vista umano, una questione di dignità; un’autonomia amministrativa, e non solo, porterebbe soltanto il bene a Mestre.

Si parla della legge Delrio, pretesto per negare l’indipendenza di Mestre; ma di questo s’incaricherà la magistratura.

Per quanto riguarda me, ripeto cittadina del Veneto e di Venezia, sono assolutamente convinta della necessità, oggi della separazione, che, a fronte anche di difficoltà sia finanziarie che di confini (Cavallino-Treporti docet) darebbe alle due città un’identità che oggi non hanno.

@IveserVenezia

Vogliamo venire a Venezia? Città d’arte per eccellenza, oggi invasa da orde di turisti ai quali, per lo più delle vere bellezze e unicità poco importa. Piazza San Marco (domanda: c’è altro da vedere a Venezia?). Ma questo oggi purtroppo è il destino non solo di Venezia, ma anche delle altre città d’arte, nelle quali, fra l’altro, si organizzano molte, troppe mostre; vedere quanto scrive Tomaso Montanari al riguardo.

Tuttavia – nel bene e nel male – è impossibile fare paragoni con le altre. Il massimo rispetto, la massima ammirazione per tutti i tesori artistici del nostro paese, ma Venezia è un “unicum”. Difficile, se non impossibile paragonarla a Firenze, Ravenna, Siena. La mia città è acqua; non ha confini o periferie, è circondata e legata all’acqua; non ha un centro storico, perché è tutta un centro. Questo è un concetto che non mi risulta recepito da alcuno; forse Venezia è più compresa all’estero che non in Italia, che non da noi.

Giusto, nelle altre città creare zone pedonali, ma qua il pedonale è la normalità. Dicevo nel bene e nel male, in quanto – pur con le difficoltà per anziani o diversamente abili – il rapporto umano fra noi veneziani è fondamentale; incontrarsi, dialogare, permettere ai bambini di recarsi a scuola senza essere accompagnati, in mancanza di macchine o autobus.

E quindi? Quindi assolutamente necessario, sempre secondo me, considerare la fisicità di Venezia e ritenere che non possa essere considerata un’appendice di Mestre, unificando i problemi dell’una e dell’altra.

Certo, problemi di trasporti, di rarità di ascensori, di comunicazione con le isole. Molti, molti problemi, ma unici, non paragonabili assolutamente a una qualsiasi, bella o brutta città di terraferma.

@IveserVenezia

E i veneziani? Onestamente mi pare che giochino e abbiano giocato contro se stessi. Quanti, pur pigolando contro la mala sorte e i prezzi di Venezia, hanno preferito non solo andarsene – legittima soluzione – ma abbandonare attività sia artigianali che commerciali a stranieri o semplicemente a “foresti”? Perché? Ovvio: per “schei”, come giustamente intitolava un suo lavoro Gian Antonio Stella. E quindi meglio dare in locazione un negozio a chi, chiunque sia, possa pagare un canone elevato, rinnovabile quadruplicandolo, che civilmente favorire un veneziano.
Non sono tenera con i miei concittadini; le amministrazioni non hanno fatto il bene della mia città, ma anche i veneziani hanno fatto la loro parte.

Concludendo: a fronte della sacrosanta, e non “improponibile” come qualcuno ha scritto, ma legittima opinione dei cittadini, per ridare dignità a una vera città, Mestre, e “salvare” Venezia, forse l’unica – inverosimile, secondo alcuni, ma non impossibile – soluzione potrebbe essere l’affidare Venezia, con le sue ineguagliabili bellezze, con i suoi moltissimi poli culturali, a un’amministrazione non veneziana e forse neppure italiana; per non finire, noi veneziani, ad essere considerati gli “indiani delle riserve”.

Sto sognando, me ne rendo conto. Ma lasciatemi sognare.

* A cui aggiungere oltre 28.000 abitanti delle isole

da La Nuova Venezia

“La mia Venezia. Unica e divisibile” ultima modifica: 2018-03-15T17:24:33+01:00 da MARIA LUISA SEMI
Iscriviti alla newsletter di ytali.
Sostienici
DONA IL TUO 5 PER MILLE A YTALI
Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE:

1 commento

Francesca 16 Marzo 2018 a 10:43

Grazie di cuore per questo articolo mirato e chiarissimo! Veneziana di adozione (residente 100% con mia figlia di 10 anni) da soli 8 mesi, sto cercando di integrarmi approfondendo anche i temi difficili di questa città unica che ho scelto per amore incondizionato verso la sua specificità. Non riuscivo a capire perché la maggior parte dei veneziani lagunari (si dirà così?) fosse a favore della separazione e adesso finalmente posso iniziare a riflettere in vista del voto (se ci sarà).

Reply

Lascia un commento