La vendetta del Colonnello

L'ex presidente francese Sarkozy è sotto interrogatorio nel quadro dell'inchiesta sui presunti finanziamenti libici alla sua campagna elettorale del 2007. Diventato testimone scomodo, Gheddafi fu eliminato con una guerra che non aveva nulla a che vedere con le motivazioni “umanitarie” che l’avevano scatenata
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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Da alleati erano diventati qualcosa di più pericoloso che nemici. Erano diventati testimoni scomodi. Perché depositari di segreti che avrebbero potuto trasformare un processo a loro carico in una chiamata in correo degli stessi vincitori. Meglio evitarlo. Eliminandoli. Fu così per Saddam Hussein. È stato così per Muammar Gheddafi. Che la sciagurata guerra libica non avesse nulla a che vedere con le motivazioni ufficiali, “umanitarie” che l’avevano scatenata, non è più un segreto.

Si è parlato e scritto che quella era la guerra di Total&BP, più che di Francia e Gran Bretagna, contro il Colonnello, intendendo con questo sottolineare come la motivazione principale che aveva spinto Parigi e Londra ad agire militarmente fosse una ridistribuzione della miliardaria torta petrolifera libica che scalzasse l’Eni dalla sua posizione dominante.

Prova ne sia che già il 13 aprile del 2011 (dunque prima della morte di Gheddafi) Sarkozy aveva ricevuto in gran segreto il generale del Cnt, Fatah Younis – ucciso a Bengasi in circostanze ancora poco chiare nel luglio 2011 – probabilmente per discutere di garanzie per le future commesse energetiche.  Ma questa è solo una parte di verità. L’altra, quella più torbida, riguarda i favori dispensati da Gheddafi a coloro che quei favori chiedevano o comunque non rifiutarono. Perché servivano, i milioni del raìs di Tripoli, a salvare aziende in crisi e a sostenere costose campagne elettorali. Come quella di Nicolas Sarkozy.

“Qual è il problema?”. Una vignetta di Plantu su Le Monde

L’ex presidente francese è sotto interrogatorio in stato di fermo nei locali della polizia a Nanterre (Parigi), nel quadro dell’inchiesta sui presunti finanziamenti libici alla sua campagna elettorale del 2007. È la prima volta che Sarkozy è interrogato su queste accuse, dopo l’apertura dell’inchiesta nel 2013. Lo stato di fermo può durare fino a 48 ore, dopodiché Sarkozy potrà essere presentato davanti al magistrato.

Anche l’ex ministro e fedelissimo di Sarkozy, Brice Hortefeux, è stato interrogato questa mattina. Hortefeux, precisa Lci, è stato interrogato in libera audizione e, contrariamente a Sarkozy, non è in stato di fermo.

Al centro dell’inchiesta sui presunti finanziamenti dell’allora dittatore libico a Sarkò ci sarebbero bustarelle per cinque milioni di euro in denaro contante. Dalla pubblicazione, nel maggio 2012, da parte del sito Mediapart, di un documento libico che evocava un presunto finanziamento di Gheddafi alla campagna presidenziale di Sarkozy, le indagini dei magistrati sono “molto progredite, rafforzando i sospetti che pesano sulla campagna dell’ex capo dello Stato”, scrive Le Monde.

Nel novembre 2016, durante le primarie dei Républicains, il faccendiere Ziad Takieddine dichiarò di aver trasportato cinque milioni di euro in contanti da Tripoli a Parigi tra fine 2006 e inizio 2007 prima di consegnarli a Claude Guéant, tra i fedelissimi dell’ex presidente, poi allo stesso Sarkozy. Fonti vicine al dossier parlano di “indizi gravi e concordanti”. Tra l’altro, la testimonianza di Takieddine risultò in linea con quella dell’ex direttore dell’intelligence militare libica, Abdallah Senoussi, il 20 settembre 2012, dinanzi alla procura generale del Consiglio nazionale di transizione libico.

Dai palazzi del potere del Colonnello nei giorni della sua fine furono trafugati centinaia di documenti, di coordinate di conti bancari all’estero. Si parlò del “Tesoro di Gheddafi”. Un “tesoro” fatto non solo di centinaia di milioni di dollari in valuta o in titoli, ma anche di documenti che potevano essere utilizzati come arma di ricatto. Ecco perché Muammar Gheddafi era un testimone scomodo.

Vederlo davanti a un tribunale internazionale, che garantisse i diritti di difesa, sarebbe potuto diventare, per i suoi ex beneficiari, un boomerang politico, e giudiziario, terrificante. Cinquanta milioni di euro sborsati da Muammar Gheddafi per la corsa all’Eliseo e la sospetta esecuzione del Colonnello sono gli scheletri nell’armadio di Sarkozy.

Il primo ad accusare Sarkozy di aver accettato i milioni di Tripoli per farsi eleggere era stato Saif el Islam, figlio ancora vivo del colonnello, tre giorni prima dell’attacco Nato. Il 25 ottobre 2011 l’ex primo ministro libico, Baghdadi Ali al-Mahmoudi, fuggito e arrestato in Tunisia ammetteva durante un interrogatorio:

Ho supervisionato personalmente il dossier del finanziamento di Tripoli alla campagna di Sarkozy.

Un anno dopo l’attacco Nato in Libia, fra smentite e querele salta fuori che Brice Hortefeux, diventato ministro durante la presidenza Sarkozy, chiuse l’accordo il 6 ottobre 2006 in una riunione con Abdullah Senussi, cognato del Colonnello e il trafficante d’armi Ziad Takieddine.

L’accordo era riportato in un documento firmato da Mussa Kussa, allora capo degli onnipresenti servizi segreti libici ed oggi riparato in Qatar. I soldi sarebbero stati versati segretamente da Bashir Saleh, capo di gabinetto del Colonnello. La storia è stata confermata da Moftah Missouri, l’interprete personale del rais libico.

Il 6 marzo del 2015 l’ex ministro dell’interno, Claude Gueant, uno dei più stretti collaboratori di Nicolas Sarkozy, è posto in stato di fermo nel quadro delle indagini sui presunti finanziamenti di Gheddafi alla campagna presidenziale che portò “Sarko” all’Eliseo nel 2007. Forse anche per questo il Colonnello, sentitosi pugnalato alle spalle, in un’intervista rilasciata a Fausto Biloslavo per  Il Giornale qualche mese prima di essere ucciso, dichiarò:

Penso che Sarkozy ha un problema di disordine mentale. Ha detto delle cose che possono saltar fuori solo da un pazzo.

Avvolto nel mistero in vita, Gheddafi ha lasciato un giallo anche nella morte. 20 ottobre 2011. Narrano le cronache di quel giorno, e di quelli successivi, come non fosse affatto chiara la dinamica della sua cattura e della sua esecuzione.

Il rais stava fuggendo dalla Sirte appena espugnata dai ribelli, diretto a Sud, su un convoglio di sette macchine formato da familiari e fedelissimi, quando è intercettato dagli aerei della Nato e, via terra, dai ribelli. 
L’alleanza – aerei francesi, rivendica Parigi, anche americani, precisa Washington –  colpisce alcune auto, uccidendo il capo delle forze armate. Per evitare i colpi dei caccia, una Toyota si stacca improvvisamente  dal convoglio, seguita da un’altra macchina. A questo punto, secondo la ricostruzione dell’ambasciatore libico a Roma Abdel Hafed Gaddur, entrano in azione i rivoltosi, che bloccano le auto.

Mirage francesi nella base di Suda, Creta, 2011

Qui tutto diventa più fumoso: forse Gheddafi, che si trova nella Toyota, riesce a fuggire e a nascondersi in una condotta di cemento dove poi è preso, linciato e poi giustiziato.

La fine di Gheddafi inizia con una telefonata a Damasco, dal suo apparecchio satellitare, intercettata dalla Nato. I piloti dei caccia francesi e un Predator americano fornirono continue informazioni sulla colonna del colonnello in fuga alla base Nato di Napoli e a Poggio Renatico, che gestisce le operazioni aeree. Parte di queste informazioni sono girate ai corpi speciali e all’intelligence alleata, al fianco dei ribelli a Sirte. E sul terreno, a fianco dei ribelli di Misurata, quelli che conquistano Sirte, città natale di Gheddafi, sono attivi gli 007 francesi. Per “consigliare”, addestrare. Ed evitare che il “testimone scomodo” resti in vita.

La vendetta del Colonnello ultima modifica: 2018-03-20T17:26:31+01:00 da UMBERTO DE GIOVANNANGELI
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