Nessun altro artista ha catturato l’essenza e il fascino di Venezia come ha saputo fare Giovanni Antonio Canal, conosciuto come il Canaletto (Venezia 1697 – 1768), uno dei più noti artisti del Settecento europeo. Alcune sue opere che scandiscono fasi salienti della sua attività prolifica saranno esposte a Roma. L’occasione della mostra, “Canaletto 1697-1768”, è la ricorrenza del 250° anniversario della sua morte.
L’esposizione romana intende celebrare il grande pittore veneziano presentando il più grande nucleo di opere di sua mano mai esposto in Italia, 68 tra dipinti e disegni e documenti, inclusi alcuni celebri capolavori.
Oltre ai dipinti, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, si potranno ammirare dieci disegni, dai piccoli studi preparatori ai magnifici fogli di ampie dimensioni accuratamente rifiniti e destinati ai più raffinati collezionisti o a essere incisi (infatti fu anche un grande incisore).
Le opere in mostra provengono da alcuni tra i più importanti musei del mondo. Da quelli statunitensi, come il Metropolitan Museum of Art di New York e i musei di Boston, Kansas City, Cincinnati, a quelli europei, come il Museo Pushkin di Mosca, il Jacquemart-André di Parigi, il Museo delle Belle Arti di Budapest, la National Gallery di Londra, a quelli italiani, tra cui il Castello Sforzesco di Milano e la Galleria Borghese di Roma.
La precisione delle architetture e della prospettiva che spicca nelle sue opere deriva dalla formazione che, sin da giovanissimo, l’artista acquisì presso la bottega del padre Bernardo, specializzato nella produzione di scenografie per allestimenti teatrali veneziani. Tra i capolavori in mostra spiccano due opere della Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli di Torino: Il Canal Grande da nord, verso il ponte di Rialto, e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità, esposti per la prima volta assieme al manoscritto della Biblioteca Statale di Lucca che ne illustra le circostanze della commissione e della realizzazione.
Questa retrospettiva, ospitata a palazzo Braschi, a Roma, dall’11 aprile, sarà un’occasione per ripercorrere tutte le tappe artistiche di Canaletto e per comprenderne meglio anche i mutamenti nel registro del paesaggio dipinto di quell’epoca.
È importante seguire la cronologia dei dipinti esposti, leggendo in essa il mutamento del grado delle capacità tecniche, a partite dal primo dei quadri, una veduta del Canal Grande e della chiesa di Santa Croce.
Sempre in occasione della ricorrenza del 250° anniversario dell’artista, lo scorso novembre è uscito, solo per tre giorni, il lungometraggio distribuito da Nexo Digital, “Canaletto a Venezia”.
Il docufilm offre l’opportunità di entrare in due residenze reali ufficiali – Buckingham Palace e Windsor Castle – per conoscere più da vicino l’artista e il suo principale agente Joseph Smith, Console britannico a Venezia che introdusse il pittore nel Regno Unito.
Quando rientrerà a Venezia nel 1756 dal soggiorno inglese, si dedicherà soprattutto al genere del “capriccio”, ovvero l’arte di comporre il paesaggio attraverso una personale combinazione di elementi architettonici reali o fantastici, di rovine dell’antichità. I suoi committenti principali erano aristocratici inglesi che, com’era prassi allora, si formavano con la conoscenza diretta della cultura italiana e il viaggio di rito nella nostre città d’arte – il Grand Tour. Per loro le scene del vedutista veneziano erano anche i ricordi delle viste del Canal Grande di Venezia, il bacino di San Marco, le regate e lo sposalizio di Venezia con il mare. Ricevette, come si è detto, l’istruzione sulla pittura e sulla prospettiva da suo padre, pittore di scena nell’alta tradizione barocca, per poi specializzarsi in una forma relativamente nuova e rara della pittura, la vista della città (veduta).
Con il suo genio pittorico Canaletto rivoluzionò il genere della veduta ritenuto fino ad allora secondario, ma fu molto più che un eccellente vedutista, com’è possibile comprendere studiando i suoi lavori e confrontandoli con le vedute reali. Guardando i suoi quadri è come immergersi – anche noi che ammiriamo oggi le sue opere – nel Grand Tour degli inglesi del suo tempo, visitando i luoghi da lui immortalati in vedute indimenticabili, dal Ponte del Rialto a Piazza San Marco, da Palazzo Ducale fino alla Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.
Protagonista dunque del vedutismo veneziano, è giustamente celebre per la cura minuziosa del dettaglio e la precisione della prospettiva – anche grazie all’uso della camera ottica – che non riproduce mai fedelmente ciò che vede a differenza di quanto possa sembrare guardando le sue opere. La camera ottica crea, infatti, deformazioni prospettiche, angoli acuti, sfondi allontanati e deforma ai margini l’immagine ma Canaletto la usa talmente bene da correggerne i difetti. La sue vedute sono dominate da luminosità diffusa, da una luce chiara che infonde serenità nei quadri perché rende i dettagli dello sfondo nitidi e definiti. Ed è evidente come questa tecnica sia legata a quella delle scenografie teatrali, appresa nella bottega paterna.
Un mostra imperdibile. A Palazzo Braschi, dall’11 aprile al 19 agosto 2018.

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