Museo di Doccia, è l’ora della rinascita

Con una serie di articoli di Giorgio Frasca Polara, ytali ha dato voce e sostegno alla campagna perché il MiBact salvasse il patrimonio della Richard-Ginori di Sesto Fiorentino. Il risultato è arrivato e ora si passa alla fase dell'attuazione dell'accordo tra ministero, Regione e Comune
GIORGIO FRASCA POLARA
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Salvato dal ministero dei Beni culturali il patrimonio artistico della Richard-Ginori di Sesto Fiorentino, si sta procedendo, e piuttosto rapidamente, alle operazioni esecutive per rilanciare non solo il prezioso Museo delle porcellane (dagli storici originali della manifattura di Doccia del 1735 ai nostri giorni) ma tutto il complesso che conserva altre preziose raccolte. È stato stipulato, appena qualche settimana addietro, un “Accordo di valorizzazione” tra ministero, regione Toscana e comune di Sesto con un duplice obiettivo. Intanto quello di “promuovere la conservazione, lo studio, la comunicazione, l’esposizione di testimonianza materiali, artistiche e documentarie legate alle produzioni di porcellane artistiche realizzate, in diverse epoche e con marchi diversi, a Sesto Fiorentino”. E poi quello di “definire il modello di gestione e l’elaborazione dei conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e programmi di valorizzazione.

E proprio per un’adeguata gestione e sviluppo del Museo la sottosegretaria per i beni e le attività culturali, Ilaria Borletti ha annunciato che

sarà costituita una “Fondazione di partecipazione” aperta anche a soggetti privati, in particolare ad associazioni per la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale e al settore dell’imprenditoria, organismi che hanno già manifestato interesse nel sostenere il rilancio del Museo quale riferimento culturale e identitario del territorio.

È di qualche interesse anche la formula adottata dallo Stato per rilevare a modico prezzo (700mila euro) le collezioni della fallita Richard-Ginori per le quali, dopo che erano andate deserte ben due aste a prezzi assai più elevate, il ministro Dario Franceschini ha fatto valere il diritto del pubblico interesse a rilevare le raccolte dichiarate “di eccezionale interesse storico-artistico”. Ma invece di procedere all’esborso della somma necessaria per il riscatto del Museo (affidato in gestione fiduciaria al Tribunale fallimentare di Firenze), il ministero ha fatto ricorso ad un decreto in vigore da quasi mezzo secolo che prevede la possibilità del pagamento di imposte dirette (una parte di quelle dovute dall’ex Richard-Ginori) tramite cessione di beni culturali. Insomma tutto si è risolto in una partita di giro.

L’atto di acquisto è stato firmato e registrato il 27 novembre 2017, e quindi – trascorsi oramai i regolamentari 120 giorni – lo Stato, cioè il ministero, è entrato in possesso non solo dell’immobile ma anche di tutti i beni in esso contenuti. Da qui l’accordo triangolare siglato con regione e comune ma aperto ai privati tra cui in primis la Confindustria-Toscana che dall’inizio della lunga e travagliata vicenda ha concretamente dato una mano a quanti sostenevano un decisivo e risolutore intervento pubblico.

Il complesso acquisito comprende, oltre all’immobile (2.300 mq., progettato dagli architetti Berardi e Rossi con la specifica finalità di ospitare le raccolte), circa ottomila opere in porcellana e ceramica oltre a modelli in gesso, terracotta, piombo e cera (tutti beni esposti oggi malamente, soprattutto nell’umidità, dato il lungo stato di abbandono del museo); il “Museo delle terre”, ovvero un museo nel museo dove sono raccolti, in antichi vasi di maiolica e vetro, i campioni dei materiali, anche vetusti, utilizzati per la produzione di porcellane e maioliche. Sono inoltre acquisiti circa 1.200 modelli in gesso, circa 3.500 lastre in metallo inciso usate per stampare le decalcomanie, e 3.416 pietre cromolitografiche.

Modelli, lastre e pietre sono provvisoriamente (e fortunatamente) in deposito nei magazzini dello stabilimento-madre che non è stato acquisito dello Stato e che riprende la produzione sotto altra gestione privata.

Insomma, si tratta di una collezione che critici e storici dell’arte ritengono di fondamentale importanza per la storia della porcellana non solo italiana ma europea perché come ha ribadito la sottosegretaria Borletti

documenta al massimo livello di qualità, con grande ricchezza e varietà di opere, vicende artistiche e culturali che coprono tre secoli di storia, a partire dagli sviluppi della scultura tardo-barocca fiorentina della prima metà del Settecento, passando dal fiorire della manifattura nei secoli successivi sino al momento di grande importanza della direzione artistica e della produzione firmata da Giò Ponti tra il 1923 e il 1930.

Si è detto che una parte dei beni è ora in deposito nei magazzini della ex Richard-Ginori. Un’altra parte, ancora più importante, è stata trasferita provvisoriamente presso l’Archivio di Stato di Firenze per ragioni conservative e di tutela che la oggi precaria struttura museale non avrebbe potuto garantire. Si tratta dell’Archivio storico di tutte le produzioni, comprese le più antiche: parliamo di cinquemila disegni, di una fototeca, di una biblioteca storica unica nel suo genere, e pure di una biblioteca moderna specialistica.

Il lavoro che attende i Beni culturali (locali e nazionali) è dunque una nuova, faticosa ma esaltante impresa: rimettere anzitutto in sesto l’immobile-Museo, e quindi riordinare e unificare tutte le sue dotazioni, comprese ovviamente quelle per prudenza delocalizzate. Ci vorranno finanziamenti ulteriori? Certo, e per questo si è dato vita allo Accordo di valorizzazione e sorgerà la Fondazione di partecipazione. L’augurio è che si proceda altrettanto rapidamente e bene.

Museo di Doccia, è l’ora della rinascita ultima modifica: 2018-03-27T18:32:49+02:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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