Pena capitale negli Usa. Torturati prima di morire

Le vicende di Doyle Lee Hamm in Alabama e di Alva Campbell in Ohio raccontano come l'orrore dell'esecuzione, prima e durante la sua applicazione, vada molto oltre la crudele immoralità e disumanità della pena di morte in sé
MARCO CINQUE
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Nonostante l’ottavo emendamento della Costituzione statunitense reciti “lo Stato non infliggerà punizioni crudeli e inusuali”, si manifesta invece, con una certa regolarità e frequenza, la tendenza a rendere quanto più crudeli possibili le esecuzioni capitali, trasformandole in vere e proprie torture.

Questo è accaduto recentemente al sessantunenne Doyle Lee Hamm, condannato a morte in Alabama, dove è detenuto da ormai trent’anni per l’omicidio del dipendente di un motel. 
Nelle condizioni estreme del braccio della morte Hamm si è ammalato gravemente e oggi è affetto da un tumore in fase avanzata, per il quale non gli sono prestate cure adeguate e il suo corpo ormai è devastato e pieno di linfonodi ingrossati.

Avrebbero potuto lasciarlo morire in cella, mangiato dal suo male, ma il 22 febbraio scorso era fissata la data dell’esecuzione, così l’Alabama ha portato comunque avanti il rigido protocollo, con tutte le sue degradanti procedure, per non permettere al cancro di sottrarre alla giustizia il diritto di togliere la vita a un condannato.

Hamm ha dovuto pertanto subire delle terribili torture, mentre i suoi boia cercavano inutilmente una vena in cui poter inserire l’ago per iniettargli il veleno letale*. I suoi due aguzzini si sono accaniti con perizia, trafiggendo l’inguine diverse volte, perforando la vescica, bucando l’arteria femorale e procurando ferite e lividi nel corpo dello sventurato. Dopo due ore di bassa macelleria il macabro rito è stato fermato dal personale medico presente, poiché era chiaro che non ci sarebbe stato modo di ammazzare Hamm com’era stato progettato.

Dopo la fallita esecuzione, il portavoce del dipartimento carcerario, Jeff Dun, ha dichiarato:

Non posso dire che quanto è accaduto stasera sia stato un problema. Al momento non ho alcuna indicazione per dire che si sia trattato di un caso problematico. L’unica indicazione che ho è che, dal punto di vista medico, è stato solo un problema di tempo, dato che si era fatto tardi.

L’avvocato Harcourt, che rappresenta Hamm dal 1990, ha affermato che il suo assistito sta di fatto morendo di cancro e che pertanto

non ha vene utilizzabili e lo stato dell’Alabama non è in grado di riuscire a trovare un accesso venoso nel suo corpo.

Il caso Hamm diventa emblematico e se ne occupa il New Yorker

Lo stato dell’Alabama, fermamente intestardito nel portare avanti l’esecuzione di Hamm, aveva convinto la Corte suprema a fissare la data dell’esecuzione verso la fine del 2017, esecuzione poi sospesa da un giudice federale distrettuale il 31 gennaio scorso. Ma lo stillicidio è andato avanti, a seguito di un appello di emergenza da parte dell’accusa, così il 13 febbraio la sospensione era stata revocata dalla Corte federale d’Appello dell’11mo Circuito, con l’ordine di ulteriori perizie per verificare la possibilità di inserire degli aghi nelle vene di Hamm.

L’avvocato Harcourt ha fatto sapere che tenterà di ottenere la commutazione della pena capitale in ergastolo e, in merito alla penosa vicenda ha commentato:

Questa esecuzione ci mostra la profonda falsità del nostro sistema giudiziario. Quando le corti federali cercano avidamente di attivarsi nel tentativo di trovare nuovi metodi per uccidere un uomo, quando i giudici più insigni si sporcano le mani di sangue in questo modo, ritengo che tutto ciò faccia ingiustizia alla giustizia.

Alva Campbell

Questa storia, purtroppo, non è isolata né inusuale: il 15 novembre scorso, infatti, anche lo stato dell’Ohio si era distinto per la crudeltà verso un altro condannato a morte, il sessantanovenne Alva Campbell, torturato anch’egli per circa mezz’ora, in cerca di una vena adatta. Il corpo di Campbell però era devastato, aveva subìto l’asportazione di parti di un polmone, della tiroide, della prostata, dell’intestino e del colon ed era costretto a defecare in un sacchetto da un ano artificiale. Anche il suo cuore quindi era malmesso, ma per l’Ohio tutto ciò era un dettaglio che non poteva e non doveva fermare il lavoro del boia. 
Malgrado la determinazione dell’accusa e della direzione carceraria, stavolta il condannato non ha aspettato che la giustizia degli Stati Uniti realizzasse il suo macabro rito, andandosene senza chiedere il permesso ed esalando l’ultimo respiro nella sua cella, nella notte del 3 marzo scorso.

L’accusatore di Campbell, Ron O’Brien, ha preso molto male la notizia del decesso del condannato, dichiarando:

A causa di frivole discussioni dopo la condanna, Campbell è riuscito a far arrivare fuori tempo massimo l’atto di giustizia dovuto allo stato e ai familiari delle sue vittime.

Ma quello che è definito così cinicamente un “atto di giustizia” è, in realtà, una vendetta istituzionalizzata da ottenere con un sadismo tanto atroce quanto disumano, indegno di qualunque paese si reputi civile.

Attivisti anti-pena di morte manifestano contro l’annunciata esecuzione di Alva Campbell

 

*SCHEDA 
/ Iniezione letale

Nel 2006 il rifiuto degli anestesisti californiani smontava un altro mito attorno a questa modalità di dare la morte di Stato negli Usa (che si è affermata rispetto ad altre, come fucilazione, sedia elettrica, impiccagione e camera a gas, proprio perché considerata più “umanitaria”). L’iniezione letale fu introdotta per la prima volta in Oklahoma e Texas nel 1977, ma la prima esecuzione fu sperimentata nel dicembre 1982 e, nel giro di una ventina d’anni, anche per questioni di convenienza economica, è stata adottata poi da tutti gli Stati, a eccezione del Nebraska che mantiene esclusivamente la sedia elettrica. 
Dal 1983 decine di esecuzioni con iniezione letale hanno avuto “intoppi” e in parecchi casi il boia ha impiegato più di trenta minuti per trovare la vena in cui inserire l’ago. Tra i molti tentativi malriusciti si ricorda quello di Stephen McCoy, che ebbe una reazione così violenta alla somministrazione delle sostanze letali che un testimone svenne accasciandosi addosso a un altro testimone. Nel novembre 1983 fu sospesa l’esecuzione di James Autry, a causa del suo stato cosciente, dove si contorceva e si lamentava. Alcuni mesi dopo, al secondo tentativo, Autry impiegò dieci minuti a morire, durante i quali lanciava grida continue e disperate. Un medico spiegò che l’agonia era dovuta all’ostruzione di un ago che rallentava il passaggio delle sostanze letali. Si ricorda anche la ferocia con cui venne ucciso l’anziano cherokee settanseienne, Clarence Ray Allen, nonostante fosse due volte infartuato, cieco e costretto a deambulare su una sedia a rotelle e il suo fisico quindi fosse duramente provato, il suo cuore impiegò più di quindici minuti prima di smettere di battere, dal momento in cui gli fu iniettato il liquido velenoso.

Pena capitale negli Usa. Torturati prima di morire ultima modifica: 2018-04-16T14:26:39+02:00 da MARCO CINQUE
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