Miguel Diaz-Canel, il nuovo presidente del consiglio dei ministri di Cuba, è un ingegnere che ha lasciato l’insegnamento universitario scegliendo la politica a tempo pieno prima come segretario dei Giovani comunisti e poi come segretario del Partito comunista nella città natale di Villa Clara, famosa per le gesta di Che Guevara nel corso della rivoluzione. Negli ultimi anni è diventato stretto collaboratore di Raúl Castro, fino a conquistare il ruolo di leader designato. Non è un caso che l’entrata in vigore della nuova presidenza coincida con il suo compleanno (è nato il 20 aprile 1960) e l’anniversario della storica sconfitta del tentativo d’invasione mercenaria della Baia dei Porci (1961), che si segnala come data di una ribadita indipendenza nazionale. Le simbologie sono importanti nelle vicende politiche cubane.
Diaz-Canel, secondo i “cubanologi”, è un ligio dirigente cresciuto all’ombra di Fidel e Raúl. Non spicca per personalità e oratoria, bensì per la sua capacità di lavoro e abnegazione accompagnata a uno stile sobrio. Ha ora il compito di assicurare la continuità della rivoluzione mentre è chiamata nella cabina di comando dell’isola la generazione nata dopo il 1959.
È infatti questa la vera novità del cambio della guardia a L’Avana.
Raúl conserverà, intanto, gli incarichi di segretario del Partito e capo delle Forze armate, che gestiscono gran parte delle imprese a economia mista dell’isola, oltre ad assicurare la difesa nazionale: sarà il garante della transizione in atto e forse andrà a vivere a Santiago (città d’origine della famiglia Castro) lasciando L’Avana, per segnalare lo stacco e la sua nuova vita di meritato semipensionato.
La situazione che vive Cuba, come al solito negli ultimi sessant’anni, non è facile. Raúl ha avuto il merito di consolidare le “aperture” economiche e di avviare il superamento della modellistica d’importazione sovietica del “tutto statale”. È andato anche molto vicino a conseguire la fine del penalizzante blocco economico da parte di Washington e la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti. Il viaggio di Barack Obama a L’Avana nel 2016 rimarrà negli annali di storia.
Poi è arrivato il ciclone Trump e la situazione tra i due paesi è tornata addirittura peggiore rispetto agli anni Sessanta, il che ritoglie respiro all’economia cubana che iniziava a commerciare intensamente con gli States.

Miguel Diaz-Canel ha il compito di assicurare la continuità della rivoluzione mentre è chiamata nella cabina di comando la generazione nata dopo il 1959.
L’economia cubana continua perciò a reggersi basicamente su turismo sempre più in crescita, rimesse degli emigrati dall’estero e piccole attività private (bed and breakfast, ristorantini denominati paladar, artigianato), più i tradizionali tabacco, rum e nichel. Sono inoltre ottimi i rapporti con la Russia, più che buoni quelli con la Cina e finalmente normalizzati quelli con l’Unione europea.
Il principale cruccio per Cuba – oltre al ritorno del gelo nelle relazioni con Washington – deriva dal mutato quadro geopolitico dell’America Latina. Al progressismo dell’ultimo quindicennio si va sostituendo un forte vento di destra su cui agisce l’effetto Trump: Lula in carcere in Brasile, chavismo in bilico in Venezuela, sinistra sconfitta nelle elezioni di Argentina e Cile, sinistra in difficoltà in Bolivia ed Ecuador.
Cuba, che aveva riconquistato in anni recenti la piena solidarietà dei paesi latinoamericani, rischia una nuova marginalizzazione. La priorità di Diaz-Canel sarà perciò non perdere posizioni in America Latina per attendere la fine del mandato di Trump. Sul piano interno, è invece augurabile che si proceda con la strategia dell’economia mista e del rinnovamento politico della rivoluzione che, prima o poi, dovrà affrontare i nodi del pluralismo e del superamento dell’identificazione stato-partito.
Quando si parla di Cuba, fare previsioni è impresa sconsigliabile. Il miracolo politico cubano dura dal 1959 contro cassandre e nemici di tutti i tipi. Ha superato ostacoli politici ed economici che parevano insormontabili. E sono anche passati quasi trent’anni dal 1989, anno del crollo del Muro di Berlino e della fine del “socialismo reale”, e due anni dalla morte di Fidel Castro.
È probabile che Cuba continuerà a stupirci e a suscitare simpatia per la sua gente, la sua cultura, la sua storia.

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