Da qui all’eternità? Putin e il suo quarto mandato

Vladimir Putin viene confermato presidente per la quarta volta (dopo una breve parentesi come primo ministro). Quali saranno le sue intenzioni? E quale il ruolo dell’Occidente? Dal sogno di una nuova Jalta a un’era di “turbolenza” politica.
ANNALISA BOTTANI
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You can win at poker with a weak hand if your opponents play foolishly

and keep folding their cards (Garry Kasparov).

Riposizionamento geopolitico e creazione di una nuova Russia. Questi sono solo alcuni degli obiettivi cui Vladimir Putin, a quasi due mesi dalla sua rielezione (4 marzo) e a qualche settimana dalla cerimonia di insediamento (7 maggio) punta per questo quarto mandato che esprime pienamente l’ambiguità politica che caratterizza la sua figura dal 1999.

Le “cosiddette” elezioni, truccate secondo molti osservatori indipendenti e il team di Navalny (lo studioso Sergei Shpilkin parla di circa dieci milioni di voti falsificati), da considerare un vero e proprio referendum sulla figura di Putin, non fanno più notizia. Anzi, non sono mai state una notizia “reale”.

Nessuno ritiene, inoltre, possibile che Putin si fermerà al quarto mandato, pur essendo vietato per legge e pur avendo Putin stesso espresso la sua volontà di non rimanere al potere fino a cent’anni (ma nel 2024 avrà solo settantadue anni).          

Il giornalista e scrittore Mikhail Zygar, riportando il pensiero di un ex ministro ancora vicino a Putin, ha ricordato che la visione di un Putin “stanco, desideroso di prendere una pausa e di vivere da miliardario” è completamente errata. “Putin è tutt’altro che stanco. È interessato a tutto e presta attenzione ai singoli dettagli. È il suo stile di vita”, la sua identità. “Non può immaginare la vita senza il potere.”

Malgrado le pressioni, le minacce e la lotta all’opposizione condotta dal Cremlino, è innegabile che la popolarità di Putin sia alta. Secondo Aleksei V. Makarkin del Center for Political Technologies,

Questo è un mandato per perseguire qualsiasi policy. La società si fida di Putin e crede che possa gestire qualsiasi problematica, interna o esterna.

Anche se, secondo un sondaggio condotto l’8 aprile su un campione di mille persone residenti in ottanta Regioni russe, il livello di fiducia dei cittadini è passato dal 58,9% del 21 gennaio al 48,4% del 15 aprile.

La posta in gioco, in realtà, è più alta. Avendo Putin raggiunto l’obiettivo, sono le stesse élites a chiedersi come agirà Putin per mantenere il potere finora acquisito e se questo mandato non sia solo l’inizio di una “nuova lunga carriera” che lo vedrà al comando per moltissimi anni, superando il concetto stesso di mandato. Alcuni si sono, persino, spinti ad ipotizzare che possa divenire una figura super partes, in stile iraniano, una sorta di Ayatollah.

Tra le élites un elemento è certo, secondo Zygar: per pianificare un percorso politico con i presunti obiettivi di Putin potrebbe iniziare una rivoluzione nella gestione del potere, dando avvio ad un’era di “turbolenza” politica. Queste trasformazioni, del resto, sono state in parte già avviate con la rottamazione dei vecchi governatori e compagni di potere, sostituiti da giovani quarantenni, privi di opinioni o di un credo politico, una serie di “Mr. Smith” (un personaggio tratti dal film “The Matrix”), come li ha definiti Zygar, che rappresentano meri “tecnocrati” leali a Putin e modellati a immagine e somiglianza del Presidente stesso.

E la figura del noto “successore” non verrà certo da questo gruppo. Queste figure, insieme all’apparato di potere che accompagna Putin da decenni, sono lo zoccolo duro della sua presidenza. Ed è importante in quanto le uniche minacce reali potrebbero venire proprio dall’interno, non dall’esterno o dall’Occidente. Si sono già levate alcune voci, tra cui quella di Kadyrov, che reclamano un referendum per estendere il mandato putiniano.

Resta, tuttavia, da capire come sarà effettivamente questo mandato. Per molti analisti, tra cui Andrei Kolesnikov del Carnegie Moscow Center, sarà un mandato di stagnazione. Sono proprio le difficili condizioni in cui versa il paese ad aver convinto gli elettori della necessità di mantenere lo status quo invece di accogliere novità certamente imprevedibili. Dunque, un invito a proseguire sulla strada già tracciata. Secondo Kolesnikov, Putin stesso non può concedersi il lusso di apportare troppi cambiamenti onde evitare il possibile collasso di quanto finora costruito.

Vi sarà, comunque, spazio per riforme economiche, amministrative e giudiziarie, ma di certo non cambierà l’impostazione autoritaria adottata in questi anni, come dimostra il braccio di ferro ancora in corso tra il censore di Stato Roskomnadzor e Telegram bloccato dalle autorità.

In questi giorni Telegram stesso ha chiesto alle persone di far volare dalle proprie finestre aeroplanini di carta per sostenere la libertà di espressione su internet. Da venerdì 13 sono stati bloccati milioni di indirizzi IP, causando notevoli danni alle attività e alle operazioni condotte online, da quelle bancarie ai sistemi di pagamento, solo per citare qualche esempio. Una delle componenti delle Pussy Riot – Maria Alyokhina – è stata condannata a svolgere cento ore di servizi sociali per aver lanciato aeroplanini di carta davanti all’edificio dell’Fsb di Mosca, insieme ad un’altra dozzina di attivisti che, sempre lunedì, avevano lanciato prodotti di carta contro l’edificio, intralciando, secondo la polizia, il passaggio dei cittadini. Il Censore avrebbe chiesto anche a Google ed Apple di rimuovere l’app dai propri store.

Un altro elemento che non cambierà è l’impostazione che Putin ha scelto di dare alla politica estera in questi ultimi anni. Dopo aver dichiarato a più riprese di voler instaurare nuovi rapporti con l’Occidente, negli ultimi anni ha preferito un approccio isolazionista e poco collaborativo, giocando la carta – sicuramente vincente sotto elezioni e non solo – della “russofobia”, tema che i cittadini sentono molto in quanto l’Occidente viene spesso percepito come minaccioso e deciso a togliere alla Russia il ruolo che, secondo loro, le spetta nello scacchiere internazionale.

Lo dimostra l’approccio dei media russi di stato – un importante strumento in termini di influenza sull’opinione pubblica – nei confronti del caso Skripal, l’ex agente sovietico avvelenato il 4 marzo insieme alla figlia in Inghilterra con una tipologia di gas nervino, che ha portato ad una “guerra” diplomatica tra Inghilterra e Russia le cui ragioni ad oggi non sono ancora chiare, considerato il numero di versioni varate dagli inquirenti (i russi per ora ne contano quasi venti) per stabilire le effettive responsabilità, il luogo di produzione di quel componente (secondo L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche – Opac, è stata confermata il 12 aprile la tesi del governo britannico sull’origine russa della sostanza utilizzata) e le dinamiche dell’incidente.

Il conflitto politico tra i due paesi ha provocato, in realtà, un effetto domino che ha portato all’insorgere di nuovi scenari di crisi a livello internazionale, con un pieno ritorno alla retorica e ai toni della Guerra Fredda (mai conclusa, in realtà), che ha visto l’espulsione dei diplomatici russi da molti paesi europei e dagli Stati Uniti, gesto cui la Russia ha risposto con le medesime modalità. La tv di stato avrebbe consigliato ai cittadini di fare scorte di generi alimentari e acqua per paura di una guerra con gli Stati Uniti, affermazioni puntualmente smentite da Putin.

Vladimir Putin in visita alla Platinum Arena di Krasnoyarsk (febbraio, 2018).

A queste si sono aggiunte le ulteriori sanzioni statunitensi (solo il primo ciclo, il secondo non è stato ancora approvato da Trump) legate alla presunta interferenza russa nelle elezioni americane: quasi quaranta oligarchi russi – termine “respinto” dal portavoce di Putin Peskov convinto che questo termine ormai appartenga al passato – e circa quindici organizzazioni/enti colpiti che stanno penalizzando l’economia russa, come dimostra anche il calo del quattro per cento, registrato il 10 marzo, del rublo sul dollaro, malgrado l’ottimismo del ministro dello sviluppo economico e del primo ministro Medvedev che proprio l’11 aprile ha illustrato le attività del governo e i risultati finora raggiunti. Medvedev ha anche precisato che le società colpite dalle sanzioni americane saranno sostenute dal governo russo non solo nell’espletamento del proprio business, ma anche delle operazioni di espansione.

In realtà, il rapporto tra Usa e Russia, che procede a fasi alterne, è alquanto ambiguo. Come ha spiegato uno dei consiglieri di Putin, Yuri Ushakov, l’America stessa ha due tipologie di policy sulla Russia, cui si aggiunge quella nazionale e quella personale di Trump, certamente incompatibili tra loro. L’invito alla Casa Bianca rivolto a Putin diffuso a mezzo stampa da Trump fa parte di un gioco delle parti in cui è difficile distinguere non solo la verità dalla menzogna, ma vede nell’informazione e nella controinformazione uno dei suoi elementi caratterizzanti.

Lo scontro diplomatico in corso è stato rafforzato ulteriormente dall’attacco angloamericano e francese avvenuto nei giorni scorsi a causa della scoperta della presenza di armi chimiche nel paese usate da Assad sulla popolazione, in contrasto con l’approccio sovietico deciso a tenere “aperta” la porta siriana, anche proteggendo Assad (da sostituire eventualmente in un secondo momento), per rafforzare un’area di influenza che da anni Putin sta cercando di consolidare. Un approccio che ha visto – fino all’attacco – il fronte turco-russo-iraniano abbastanza compatto. 

Il tutto è stato considerato una “cospirazione”, inscenata dall’Occidente per danneggiare la Russia. La tv di stato si è spinta oltre, dichiarando che “è un bene che Putin sia al Cremlino” e non Eltsin, che avrebbe sicuramente deciso di rispondere militarmente con aerei e navi da guerra. Dunque, di nuovo si assiste alla retorica di un presidente in veste di paciere, di conciliatore, di moderatore e, nel contempo, deciso a mostrare i muscoli, se necessario, con presentazioni, per la gioia di alcuni cittadini, di potenziali armi di distruzione in possesso del paese, senza passare mai per guerrafondaio. 

Gli ultimi avvenimenti, in realtà, sembrano far parte di un più ampio piano, condotto da Occidente e Russia, per attuare un riposizionamento necessario in questa nuova fase geopolitica in cui il sogno di una nuova Jalta, così caro a Putin, potrebbe finalmente avverarsi.

La missione che Putin si è dato, già dal 2012, è passare alla storia, “salvando la Russia” e rendendola più forte a livello internazionale. L’annessione della Crimea nel 2014 ha ridato orgoglio a molti cittadini russi, convinti della possibilità di poter tornare ad essere una vera super potenza. E Putin incarna per molti l’uomo della “rinascita”, come dimostra il paragone tra la sua figura e quella di Eltsin.

Il ruolo stesso del Presidente, secondo Russia Today, è cambiato, portando alla transizione dalla figura di “presidente” all’appellativo “nostro leader” (vozdh), termine di origine medioevale utilizzato per Stalin in epoca sovietica, ormai sempre più amato, secondo un sondaggio del 10 aprile del Levada Center, da oltre il cinquanta per cento della popolazione, “un leader saggio che ha portato l’Unione Sovietica a forza e prosperità”.

Questo cambiamento, paradossalmente, può consentire a Putin un ampio margine di intervento e di inazione su altri fronti per i quali è sempre possibile individuare un capro espiatorio.

Nel discorso del 23 marzo Putin ha affermato di “conoscere fin troppo bene i problemi” dei cittadini, elencando tutte le criticità che caratterizzano la condizione socioeconomia attuale: lavoro, sistema sanitario, alloggi, infrastrutture, servizi pubblici, corruzione, crescita economica, questione demografica, pensioni, povertà, formazione e investimenti in innovazione tecnologica.

Secondo Putin, è necessario un vero e proprio breakthrough, ma, pur nella consapevolezza dell’urgenza, ha dichiarato che

[…] promettere di risolvere tutte queste cose nell’immediato, di poter introdurre i cambiamenti necessari così in una notte, sarebbe una cosa totalmente irresponsabile.

Sarebbe un gesto ad effetto, secondo Putin, in grado di portare a soluzioni solo di medio periodo. Le modalità di finanziamento di questi interventi non sono ancora note e probabilmente si inizierà a saperne di più il 7 maggio.    

Molti degli eventi tragici che hanno sconvolto la Russia dalle elezioni in poi non sembrano intaccare più di tanto, salvo eccezioni, la struttura di potere né creare veri e propri segnali di malcontento nei confronti del presidente. Eventi spesso diversi tra loro: da gennaio migliaia di persone, talvolta incarcerate, stanno protestando in località vicine a Mosca contro le discariche e gli inceneritori che hanno portato a molti casi di avvelenamento. Il 10 aprile un gruppo di avvocati di Volokolamsk ha deciso di organizzare un referendum, la cui data è ancora da definire, per decidere il futuro della discarica.

Un altro evento tragico ha colpito la popolazione di Kemerovo in Siberia: un incendio all’interno di un centro commerciale che ha portato alla morte di circa sessantaquattro persone (i numeri non sono ancora chiari), tra cui molti bambini. Secondo Putin, la tragedia è stata causata da “negligenza e sciatteria”, dichiarando che i responsabili di questi atti “criminali” verranno “puniti, a prescindere dalle loro posizioni”.
Il governatore, Aman Tuleyev, dopo aver implorato Putin di perdonarlo (la stessa richiesta non è stata, tuttavia, rivolta ai familiari delle vittime, accusati di “usare il dolore per risolvere i propri problemi”), si è dimesso il 1° aprile (trovando un altro incarico governativo dopo pochi giorni).

Vladimir Putin intervistato dalla giornalista NBC Megyn Kelly (Marzo, 2018).

Sono molte le voci levatesi in questi giorni, denunciando la corruzione ormai dilagante che consente di aprire strutture pagando tangenti per eludere le misure di sicurezza. Una corruzione che spesso le autorità tollerano senza agire realmente. E le proteste a distanza di giorni sembrano non cessare.

Tra gli eventi tragici non dobbiamo dimenticare la morte di un altro giornalista dell’agenzia Novy Den, Maksim Borodin, che è “accidentalmente caduto” il 12 aprile dalla finestra del suo appartamento a Ekaterinburg. Aveva raccontato la morte dei combattenti dei cosiddetti mercenari del gruppo Wagner in Siria, dopo l’attacco della coalizione internazionale del 7 febbraio. 

Queste dinamiche sembrano ripetersi secondo un copione già scritto, in cui difficilmente l’opposizione riesce a intervenire. Un fronte completamente disallineato che vede un’opposizione “legale” (Sobchak) e “illegale” (Navalny). Lo stesso Navalny ha indetto nuove manifestazioni il 5 maggio, due giorni prima dell’inaugurazione, che, se autorizzate, porteranno probabilmente ai soliti scontri e arresti. È del 3 aprile la notizia di un nuovo partito che Navalny vorrebbe creare (Rabocheye Nazvaniye traducibile con “Working Name” or “Provisional Title”). Provvisorio fino al primo congresso, che si terrà il 19 maggio, in quanto il nome del partito era già stato preso. Secondo il ministero della giustizia, un ex supporter di Navalny aveva già registrato un nuovo partito – Party of Progress, anche se in passato, per sei volte, il ministero stesso aveva negato a Navalny la possibilità di registrarsi con quel nome.

Dunque, qual è la soluzione per uscire dall’impasse? Come arginare questo loop di eventi? La medesima domanda se la sono posta intellettuali, attivisti, studiosi, giornalisti che, grazie alla Human Rights Foundation, si sono confrontati per la prima volta a New York il 16 marzo durante un nuovo meeting, il “PutinCon”, organizzato per individuare possibili vie d’uscita allo stallo creatosi a livello internazionale tra Russia e Occidente e liberare la Russia da Putin. Una sfida ambiziosa che, superando il concetto di sanzioni e altri meccanismi ormai inefficaci, sta tentando di elaborare un piano d’azione che forse lo stesso Occidente non può o non vuole prendere in considerazione.

Secondo John Fund della National Review, sono in tanti a condividere quest’idea: Garry Kasparov e Thor Halvorssen, leader della Human Rights Foundation, William (Bill) Browder, Masha Gessen, Mikhail Khodorkovsky, un ex veterano dell’Armata Rossa e l’ex Procuratore Federale americano Preet Bharara, Alexei Navalny e altri interlocutori condividono la medesima idea: l’Occidente dovrebbe affrontare Putin con un approccio diverso da quello finora messo in atto.

Per Khodorkovsky, stupito dall’affare Skripal in quanto potrebbe essere un segnale di rafforzamento dell’Fsb al di là del potere di Putin stesso. Oltre a distruggere la reputazione di Putin di fronte all’opinione pubblica, la soluzione potrebbe essere proprio quella di intervenire sui patrimoni che il suo circolo ristretto (circa cento persone) deposita all’estero ogni anno.

Nel 2015 l’economista Thomas Piketty e altri colleghi hanno stimato gli asset russi all’estero in una quota pari a ottocento miliardi di dollari. Anche secondo il giornalista del Mail on Sunday Ian Birrell, alcuni russi

[…] depositano i loro soldi nelle nostre banche, comprano le nostre proprietà, portano avanti le loro cause nei nostri tribunali, mandano i loro figli a studiare nelle nostre scuole.

Lo stesso ex presidente dell’Estonia dal 2006 al 2016 rimase alquanto stupito quando scoprì che la figlia del ministro degli esteri russo Lavrov si è laureata alla Columbia University.

Congelare gli asset degli “oligarchi” all’estero sarebbe davvero un segnale importante da parte dell’Occidente, mostrando la sua volontà di opporsi al governo russo. Per l’economista Anders Aslund la via è chiara: molti Paesi occidentali non consentono investimenti anonimi per acquistare asset la cui proprietà resta segreta, se non in due Paesi: Inghilterra e Stati Uniti. Per Aslund il circolo ristretto di Putin ogni anno “esporta” da circa quaranta a cinquanta miliardi di dollari in asset all’estero.

Nel mese di giugno del 2016, un mese prima delle dimissioni, l’ex primo ministro inglese David Cameron organizzò una conferenza internazionale per lottare contro questo fenomeno, rivolgendosi a undici Paesi, ma l’iniziativa, tuttavia, fu bloccata a seguito delle sue dimissioni. Secondo Fund, l’attacco a Skripal dovrebbe essere una spinta per proseguire sulla strada tracciata da Cameron.

Anche gli Stati Uniti potrebbero fare di più. A dicembre del 2016 il Wall Street Journal ha calcolato che ogni anno negli Stati Uniti decine di miliardi di dollari transitano da conti bancari di studi legali poco trasparenti che creano un gap nei sistemi americani di difesa contro il riciclaggio del denaro.

Fund sottolinea che il flusso di asset dalla Russia ai “paradisi” occidentali potrebbe essere proprio il tallone d’Achille del governo di Putin. 

Tra gli speaker del meeting non possiamo non citare Bill Browder, fondatore e ad dell’Hermitage Capital Management, un importante investitore che in precedenza faceva affari anche in Russia. Dopo la tortura e l’uccisione nel 2009 del suo collega, il fiscalista Sergei Magnitsky, Browder ha contribuito alla stesura del Magnitsky Act, firmato da Obama nel 2012 e applicato su larga scala negli Usa dal 2016, che prevede il congelamento dei conti bancari offshore di funzionari o altre figure colpevoli di violazioni dei diritti umani, vietando di entrare negli Stati Uniti.

Secondo molti interlocutori, certamente non va esclusa la possibilità di avviare un dialogo con la Russia, ma ricordando sempre con chi si ha a che fare. Utilizzare il Magnitsky Act, approvato ormai anche in altri paesi, negare il visto a oligarchi e altre figure legate al Cremlino, evitare che gli strumenti di comunicazione della propaganda russa (Russia Today, ad esempio) possano mandare in onda i propri programmi in Occidente rappresentano validi strumenti. Secondo Kasparov, bisogna “seguire il denaro e assicurarsi che il prezzo che pagheranno per aver seguito gli ordini di Putin sia insostenibile.”

In un articolo pubblicato il 16 marzo sul Washington Post, Anne Applebaum si è chiesta il motivo per cui il governo russo tratta la Gran Bretagna con disprezzo. “Londongrad” è il soprannome che molti russi ricchi hanno dato a Londra, che, secondo la Applebaum, non rappresenta uno spazio fisico, ma una “disposizione d’animo, uno stato della mente”. Questo “non-luogo” comprende non solo i non residenti proprietari di case nella zona di Kensington, ma anche istituzioni, banche, studi legali, scuole private, gallerie d’arte e anche il Partito Conservatore che hanno assecondato questa tendenza per molto tempo.

Vladimir Putin rende omaggio alle vittime di Kemerovo (Marzo, 2018).

Tutto questo è frutto di “un tacito accordo”, secondo il quale per circa due decenni l’establishment britannico ha deciso di non chiedersi dove i russi depositassero i loro soldi, quanto denaro venisse rubato dallo stato e riciclato in Occidente per poi essere utilizzato per portare Putin e il suo circolo ristretto al potere. In cambio la Russia ha speso molti soldi in Gran Bretagna, che ne ha ampiamente beneficiato. Il governo russo pensa, dunque, di aver “comprato” le élites britanniche.

Ma la domanda che Applebaum si pone è estremamente sensata: ora che in tanti hanno compreso le dinamiche di questo rapporto, Inghilterra, Francia, Germania, Usa e altri avranno il coraggio di agire rinunciando ai vantaggi economici che questo comporta? Secondo quanto riportato da Bloomberg il 28 marzo, un primo passo è stato fatto dopo l’avvelenamento di Skripal: a circa settecento russi che si erano trasferiti in Inghilterra prima del 2015, promettendo di investire due o più milioni di sterline nel paese, secondo quanto previsto dall’investor visa scheme, è stato ritirato il visto. Questo programma aveva già destato in passato alcune preoccupazioni in quanto poteva favorire l’ingresso nel paese di fondi illeciti e corruzione.

Sappiamo bene che interventi spot non saranno sufficienti. L’Occidente avrà il coraggio di rafforzare i propri sistemi di controllo, utilizzando strumenti concreti di pressione per cambiare l’ordine delle cose?

Il quarto mandato sarà l’occasione per capire le intenzioni non solo di Putin, ma anche e, soprattutto, dei paesi occidentali.

Da qui all’eternità? Putin e il suo quarto mandato ultima modifica: 2018-04-23T16:54:38+02:00 da ANNALISA BOTTANI

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