Oggi 25 aprile sono stata al Percorso della Memoria, a Cannaregio, da San Cancian al Ghetto, dove si è conclusa con i discorsi ufficiali – presidente della Comunità ebraica, presidente dell’Anpi e sindaco – la commemorazione della Festa della Liberazione. Ci sono stata nonostante un ricordo che ancora mi provoca un nodo alla gola; ci sono stata come ogni anno.
Era il 25 aprile del 2005. L’Anpi, qualche settimana prima, mi aveva chiesto di fare la commemorazione ufficiale. Nel frattempo, il 17 aprile, al ballottaggio vinse Massimo Cacciari contro Felice Casson. Spaccatura drammatica della sinistra. Io ero in lista con i Ds e feci campagna elettorale per loro ma con la convinzione che fra tra il primo e il secondo fosse meglio il primo e questo al di là dei numeri in campo e i pronostici tutti a favore di Casson.
Cacciari vinse perché parte della destra votò per lui. Consapevole delle lacerazioni e della drammaticità della situazione chiamai Gianmario Vianello, l’allora presidente dell’Anpi e uomo di straordinario rigore e di grande apertura, per dirgli che forse non era il caso che fossi io a rappresentare l’Associazione a conclusione della manifestazione in Ghetto. Non ne volle sapere e mi richiamò all’impegno che avevo preso.
Già durante il percorso lungo Strada Nova l’atmosfera si tagliava con il coltello. Arrivati in Campo al Ghetto, dopo l’intervento del presidente della Comunità ebraica, mentre prendevo la parola, in parecchi, di Rifondazione e della sinistra dei Ds, avvolsero le bandiere e gli striscioni e s’allontanarono. Mi porto ancora dietro l’angoscia di quei momenti, angoscia solo in parte mitigata dal grande affetto e dalla stima che mi dimostrarono Gianmario Vianello, Mario Osetta, Renzo Biondo e altri partigiani, allora e nei giorni successivi, quando, unica fra i tanti sostenitori di Cacciari, fui espulsa dal partito, nonostante il fatto che contemporaneamente a me entrarono immediatamente in giunta il segretario provinciale e quello comunale dei Ds.
Solitamente non mi piace parlare di me e se racconto questa storia è solo perché oggi ho visto in manifestazione qualcosa che mi ha ricordato quel 25 aprile del 2005. Intorno ai pochi che partecipavano con le bandiere del Pd si coglieva il gelo o, quanto meno, la malsopportazione. A un’anziana donna è stato detto di buttar via la bandiera. Non si tratta di fare difese d’ufficio del Pd né tanto meno di Renzi ma il vedere il nemico soprattutto in chi ti è più vicino piuttosto che nell’altro schieramento è il male della sinistra, il suo autolesionismo.
Oggi, più che mai, di fronte al dilagare del populismo, al qualunquismo imperante, allo sdoganamento della destra più becera, cercare ciò che distingue e non ciò che unisce o può unire, significa non avere capito la lezione di chi con la Resistenza ci ha consegnato la libertà e la democrazia.

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