Tra le tante anomalie della situazione politica italiana ce n’è una, mai segnalata con la dovuta forza, che ci allontana nettamente dalla tradizione delle democrazie occidentali del dopoguerra e ci avvicina, ahinoi, alle pseudo democrazie caudilliste (Maduro, Ortega) o a esempi (innumerevoli) dello sfortunato continente africano.
Mi riferisco al fatto che da noi esiste una consorteria che, nonostante sia totalmente delegittimata dai fatti, determina lo sviluppo della politica italiana, e, attraverso veti e ricatti, esercita il controllo ferreo dell’area che si richiama a valori e a programmi di sinistra; una consorteria che per ragioni di puro potere si rifiuta di prendere atto dei segnali clamorosi di sfiducia che le sono venuti dalla società italiana.
In quale altra democrazia occidentale un leader e il suo gruppo di fedeli, che da anni colleziona rovinose sconfitte sul piano istituzionale (referendum costituzionale e legge elettorale) sul piano amministrativo (perdita di tutte le regioni e di tutte le principali città italiane), sul piano politico (rovinosa sconfitta elettorale), sul piano dei consensi (emorragia di oltre la metà dei voti dal 2013 a oggi – dal 40 al 18 per cento), in quale altra democrazia occidentale questo gruppo non avrebbe dato, e da tempo, le dimissioni e si sarebbe fatto da parte?
Ebbene da noi non accade e sembra quasi normale. Questo gruppo di potere, definito graziosamente “giglio magico”, ancorché privo di qualsiasi cultura politica, continua a esercitare il proprio controllo sulla sinistra italiana e a imporre la propria rovinosa linea politica.
Nient’altro significano le ripetute affermazioni che qualunque accordo deve partire dal riconoscimento della positività degli anni di governo Renzi e di tutti quei provvedimenti – dal jobs act alla buona scuola, all’esenzione dell’Imu per i ricchi, all’uso del contante fino a tremila euro a vantaggio degli evasori fiscali, ai bonus a pioggia e così via – che sono stati giustamente puniti dagli elettori.
Il rifiuto di ogni trattativa e ogni assunzione di responsabilità nei confronti dell’area magmatica dei cinque stelle, e la conseguente spinta verso elezioni anticipate, può avere come sola e unica conseguenza la vittoria di una destra dura e pura rappresentata dalla Lega e la saldatura a destra dei cinque stelle. Non vi sono alternative.
Se questo è l’effetto immediato e clamoroso della linea di Renzi e di quei giganti del pensiero politico che rispondono ai nomi di Marcucci, Orfini, Rosato e compagnia, c’è qualcosa di più strutturale che l’arroccamento di costoro produce nella realtà italiana e nella sinistra in particolare.
Vale a dire il permanere e la difesa di una linea politica neo-neoliberale (neoliberale in ritardo) che non si apre ad alcuna valutazione critica di quanto ha prodotto e impedisce quindi la ricerca e la proposta di una linea politica alternativa che fuoriesca dal mainstream ideologico in crisi, ma ancora dominante.
Il rifiuto di qualsiasi analisi critica di una linea sconfitta da ripetute prove, non solo infatti costituisce un blocco apparentemente non superabile all’evoluzione della situazione politica italiana, e il viatico migliore per il trionfo di una destra populista e parafascista, ma impedisce di liberare forze creative volte a immaginare un progetto capace di rispondere alle necessità del nostro Paese e alla fase della politica internazionale che non sia il miserabile progetto della destra vincente.
L’anomalia della permanenza in campo da parte di un gruppo di potere ripetutamente sconfitto non ha dunque solo gravi ricadute nell’immediato, ma compromette nel lungo periodo la ripresa di un’ipotesi di sinistra in Italia.
Per completezza di ragionamento vanno citate altre due anomalie funzionali alla precedente.
1 La prima, altrettanto grave, è l’incapacità assoluta di coloro che sembrano pensarla in modo diverso all’interno del Pd di assumere posizioni chiaramente alternative a quelle del gruppo al comando e di aprire un duro confronto di merito volto a ribaltare la situazione esistente. Mai come in casa Pd appare chiaro che la forza di chi comanda deriva dalla debolezza di chi tenta di opporsi.
2 La seconda è la debolezza non di principio ma concettuale di coloro che si muovono a sinistra del partito di Renzi che non saranno mai in grado di costruire un’alternativa se non sapranno elaborare e proporre un progetto e un programma a una società che, mentre chiede disperatamente un cambiamento dello stato di cose esistenti, si trova orfana di un’idea che indichi la strada da seguire per ottenerlo.

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