Tornelli e ritornelli veneziani

La vicenda dei varchi per contenere il turismo vede al centro della scena un sindaco decisionista, ma senza visione, e una città che da anche quest’ultimo episodio trae ancora una volta l’occasione per autocommiserarsi e dividersi.
BÄRBEL SCHMIDT
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E a Venezia alla fine sono arrivati i tornelli. No, non è nostra intenzione aggiungere altra legna all’incendio di stupore e indignazione che ha riempito le pagine dei giornali di tutto il mondo, impegnando a sciorinare consigli e soluzioni le più illustri penne nostrane.
L’argomento è tosto, e non riguarda solo questa città, che da quest’ultimo episodio ha tratto ancora una volta l’occasione per auto commiserarsi e dividersi, come se ne avesse bisogno. Come se ancora non avesse capito che la sua rovina è il suo parlarsi addosso, il suo autoridursi a campiello goldoniano in cui la vita si ripresenta uguale ogni giorno che passa, giorno dopo giorno inevitabilmente peggiorando.

Racconta un amico che per buona parte dell’anno vive lontano, che ogniqualvolta ritorna in laguna ha come la sensazione che nulla sia cambiato, nessun passo avanti si sia fatto nella soluzione dei problemi. Al nostro rincontrarci davanti a un bicchiere di rosso, assicura di ritrovare la città sempre allo stesso punto in cui, molti mesi prima, l’aveva lasciata.

Una sensazione momentanea e presto dimenticata, andando in breve anche lui inevitabilmente a ingrossare le file dei mangiatori di loto che impegnano il dibattito cittadino in eterno e improduttivo flusso di parole, ciascuno con la propria soluzione in tasca.

Vuoi vedere allora, verrebbe spontaneo pensare, che i problemi di questa città sarebbero finalmente più chiari se solo tutti ce ne allontanassimo per un po’?

Vista da lontano, Venezia sa offrire i suoi contorni oggettivi e al netto della miriade d’interessi economici che la sovrasta e ne intorbida le acque.
Che il fenomeno del turismo di massa sia una realtà che riguarda ormai infiniti punti cardinali è scontato. Un fiume che negli anni è cresciuto lentamente in modo carsico, accelerando la sua corsa senza che noi ci rendessimo conto che stava trasformando radicalmente il panorama urbano. Fino a quando l’acqua ci è arrivata alle ascelle. Che sia alla fine troppo tardi?

Da ogni parte del mondo, dalla sperduta Isola di Pasqua, alle Baleari, passando per le infinite località frastornate dalle carovane turistiche, fino a quella Barcellona che più volte ci ha preso ad esempio negativo che non bisogna seguire, giungono sempre più notizie di una volontà di mettere un freno, che in primo luogo è la spia del profondo mutamento che il fenomeno turistico, e la sua percezione, ha subito negli ultimi anni.

E Venezia non poteva essere da meno. Ecco allora che Luigi Brugnaro, da quasi tre anni al timone di questa città per governare la quale, confessando la propria impotenza, reclama da tempo poteri speciali, dopo aver impegnato per mesi una commissione ad hoc ad ascoltare le più varie soluzioni in tema di flussi turistici al fine di allontanare il pericolo di veder derubricata la città da parte dell’Unesco, dalla mattina alla sera ha il colpo di genio e ti schiaffa i tornelli. Apriti cielo!

Che il sindaco alla fine dovesse battere un colpo, e non limitarsi soltanto alla barzelletta di #EnjoyRespectVenezia, era nell’aria da tempo. A tirargli le orecchie era sceso in campo persino il suo quotidiano di complemento, con un recente articolo di Tiziano Graziottin dalle colonne del Gazzettino, in cui veniva invitato educatamente a darsi una mossa. Un messaggio che deve aver fatto pensare Luigi Brugnaro, per il pulpito da cui la predica stavolta gli veniva.

Ciò detto, tutto si può imputare però al sindaco di Venezia tranne che di non essersi finalmente mosso per cercare di governare un fenomeno di cui non è certo la causa, e che le precedenti amministrazioni, accusate non a torto di aver messo le basi per la rovina della città, avevano bellamente ignorato.

A ciò fa eccezione, se si vuole, il timido tentativo di controllo dei flussi rappresentato da Venice Connected, messo in soffitta anzitempo dalla genialità di Giorgio Orsoni. Un tentativo che per certi versi, per i meccanismi di prenotazione cui faceva ricorso, in qualche misura anticipava i progetti nati tre anni fa dei quali l’attuale sindaco e la sua giunta sono informati e ben lungi dall’aver abbracciato.

Quel che semmai si può dire di Brugnaro è che egli, anche con i tornelli, ha voluto mettere in atto un provvedimento a effetto che in nulla va a intaccare l’afflusso di turisti in città, dal momento che, come ci insegna chiunque abbia un minimo di conoscenza dell’argomento, ogni controllo dovrebbe essere semmai fatto a monte e non dopo che l’acqua ha allagato il salotto.

Ma su questo nulla pare si possa pretendere da Brugnaro, che sempre si è candidamente e sinceramente espresso a favore del turismo quale risorsa, e se da qualche idea di regolamentarlo è sfiorato, essa va solo nel senso di alleggerire le presenze in centro, spalmandole su tutto il territorio cittadino.

Anche qui in perfetta sintonia e continuità con il nulla espresso dai vari assessori al turismo delle giunte precedenti, dai quali anche l’attuale non si discosta. Perché sarà pure un fatto, ma più di qualcuno da tempo ha notato come a Venezia il posto di assessore al turismo sia sempre stato appannaggio di figure modeste, più o meno appartenenti al sottobosco dei portatori di voti. Pensa te se una giunta con un sindaco-padre come Luigi Brugnaro poteva rappresentare l’eccezione.

Insomma, come pare di capire, la città non ha bisogno di qualcuno che sappia indicare delle linee in materia di turismo, collocandole, come sembrerebbe corretto, all’interno delle scelte più generali di una città bisognosa di residenzialità e sviluppo alternativo alla monocultura imperante. Ma di qualcuno che accondiscenda al generale laissez faire su cui Venezia ha costruito fortune e rischia l’attuale rovina.

Anni fa, parlando con un grande albergatore cittadino gli facevo notare come la potente lobby di cui era uno dei massimi esponenti non avesse in consiglio municipale una sua rappresentanza. Ricordo ancora il sorriso di sufficienza con cui mi rispose. Era probabilmente il tempo in cui lo sviluppo non era sfuggito di mano, e la potente lobby era ben centrale nell’orizzonte di un qualsiasi governo cittadino. Tempi lontani, ora il Comune non riesce nemmeno a stringere un accordo con Airb&b e se lo farà, probabile che si accontenterà di una pipa di tabacco.

Del provvedimento dei tornelli decisi la settimana scorsa dal sindaco, gli albergatori locali pare siano venuti a conoscenza dai giornali. Ci sarebbe di che essere favorevolmente stupiti dall’autonomia decisionale di un primo cittadino che non guarda in faccia nessuno, e che già si è giocato l’appoggio d’importanti categorie cittadine come quella degli artigiani. Ai quali ha risposto picche.

Ma così, ahimè, non è. E sembra voler basare il suo consenso, prendo a prestito la citazione del presidente degli albergatori, Vittorio Bonacini, solo sui “tramezzinari”, visto il proliferare di osterie e vinerie in ogni dove in città, quali fautori di un turismo di scarsa qualità basato sul mordi (appunto!!) e fuggi.

Mai come in nessun’altra faccenda, la gestione di problematiche cruciali come quelle del turismo è azione che va concertata, e ciò in ogni città che si rispetti. Brugnaro, persona intelligente e bravo politico, dovrebbe capirlo. E dovrebbe avere quella capacità di ascoltare la cui mancanza gli viene spesso imputata.

Sorge quindi spontaneo il dubbio che quella adottata dal sindaco più che frutto di attenta meditazione e tassello di un piano che possa davvero segnare la rinascita di questa città, come lui ama dire, sia dovuto all’improvvisazione.

O sia uno “sfunnapedi” per citare Camilleri. Un inganno, per quanto bonario (non se la prenda Signor Sindaco) fatto ai danni della cittadinanza. Nella consapevolezza che di puro “tiatro” si tratta, fatto in una città che pare un palcoscenico, come puro “tiatro” e non sostanza è la maggior parte del messaggio che da lui proviene, su cui pare dominare il principio di dire e apparire, sempre e a prescindere. Anche quando, come spesso è accaduto, non avendo nulla da dire, meglio sarebbe stato il silenzio.

Nel caso del turismo, qualcosa si doveva fare e alla fine si è fatto. Con il risultato di aver ridotto il problema dei flussi, se ancora ci fosse bisogno di portare altre prove sull’inadeguatezza del provvedimento, a questione di polizia, seppur municipale. E come in ogni spettacolo che si rispetti il colpo di scena, con Tommaso Cacciari a prendersi la sua meritata dose di passaggi televisivi. “Tiatro”, direbbe Salvo Montalbano. Manco fosse un gioco delle parti.

Come altrimenti spiegare il cadere dal cielo di questo provvedimento che va a collocarsi in un continuo sviluppo turistico esteso a tutta la terraferma, che sta espellendo popolazione dal centro di Mestre a favore dei vacanzieri le cui orde invaderanno la città? Come potremmo altrimenti spiegare le recenti parole del sindaco che, parlando del prossimo palazzetto dello sport che dovrebbe sorgere sui suoi terreni ai Pili, ha detto che lo vorrebbe coronato da uno skyline stile Manhattan? Pieno de che? Abitato da chi?

Luigi Brugnaro è persona intelligente. Sembra impossibile che non colga la contraddizione del suo operare, e che possa credere che prima o dopo il gioco non si capisca e, soprattutto, che non abbia in mente la lezione di Tomasi di Lampedusa. La partita che sta giocando è difficilissima, il suo reclamare maggiori poteri segna di per sé l’ammissione dei limiti, o peggio, del sostanziale fallimento della sua azione.

Proprio per consentirgli di governare Brugnaro ha bisogno di critiche che lo spingano a scegliere, uscendo dall’indecisione che ha di fatto caratterizzato questi suoi tre anni. Non tanto per lui, il cui destino potrebbe non importare. Ma per questa città che ha bisogno di scelte urgenti e inderogabili.

Uno dei provvedimenti di cui pare vada fiero è la sua invenzione delle “Città in festa”, spia della sua convinzione che per rivitalizzare economicamente e socialmente un quartiere, un parco o una città basta farci una festa.

La festa come volano della crescita del PIL cittadino, della lotta contro lo spopolamento e la devianza. Mentre a Mestre si muore di droga come non mai. Signor Sindaco, ma sul serio lo crede davvero? Con scelte coraggiose avrebbe potuto essere il Fiorello La Guardia di questa città. Rischia, per mancanza di coraggio o assenza d’idee, di passare per Cetto La Qualunque, mentre il tempo per un giudizio definitivo su quanto lei ha fatto ormai stringe.

E chissà quante tesi di laurea saranno scritte nei prossimi decenni sulle feste come motore della rinascita quando finalmente, grazie a Luigi Brugnaro, la città d’acqua e di terraferma sarà risorta.

Tornelli e ritornelli veneziani ultima modifica: 2018-05-02T19:55:31+02:00 da BÄRBEL SCHMIDT
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