M5S/Lega in un’Italia senza centro

L'alleanza Di Maio-Salvini cancella il "luogo" della politica che è il luogo di compensazione e di de-giacobinizzazione tanto dell'aggressività di sinistra che della ferocia di destra.
RICCARDO CRISTIANO
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Quando Luigi di Maio ha detto che il presidente del consiglio sarà “un amico del popolo” qualcuno ha sentito i brividi corrergli lungo tutta la schiena. Un paio di secoli fa era proprio questo il nome del giornalino di Jean Paul Marat, che in piena epoca giacobina era solito pubblicare i nomi di coloro che nelle ore successive sarebbero stati condotti alla ghigliottina. La rabbia contro l’establishment, allora come oggi, è forte e quindi i brividi forse eccessivi appaiono però almeno giustificati. Ma quello che l’evocazione di Marat e del giacobinismo comporta è anche altro.

Secondo alcuni infatti la soluzione a questa crisi di governo sembrerebbe suggellare la crisi di destra e sinistra, un’antinomia che abbiamo tutti conosciuto da due secoli ma che oggi appare priva di senso. Chi invece è scomparso nella realtà della politica divenendo un non luogo è il centro. Oggi i neo-giacobini sono di destra e sinistra, luoghi politici che cambiano di segno, di pelle, forse di orizzonte, ma resistono nelle politiche per la riduzione delle tasse della Lega e del reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle. Chi scompare è il centro.

Il centro infatti è un luogo politico in quanto luogo di compensazione, di de-giacobinizzazione, tanto della aggressività di sinistra che della ferocia di destra. Il centro può divenire tanto centro destra che centro sinistra a seconda della natura che di volta in volta vengono predilette dai vincitori, ma sempre stemperando il radicalismo dell’una o dell’altra. Il cosiddetto contratto di governo invece chiude l’epoca del centro mettendo insieme le politica in termini radicali di entrambi i protagonisti, le loro richieste identitarie, come reddito di cittadinanza e riduzione drastica delle tasse per chi ha tanto: si potrà obiettare che appare complesso far quadrare i conti, ma quel che qui interessa sottolineare è che l’antinomia salta, gli opposti si incontrano, si uniscono, ma non elaborando una sintesi, che forse avrebbe richiesto di ridurre entrambe le operazioni, ma una composizione per adeguarsi al nuovo lessico politico globale e creare una politica populista di destra, quella di Salvini, e una politica populista di sinistra, quella di Di Maio.

Nessuno dei due è un prodotto della vecchia antinomia destra-sinistra, ad esempio non c’è in Salvini una deregulation sociale, né nei 5 Stelle alcuna idea di nuovi investimenti produttivi, o di keynesismo, che fu tanti anni fa bandiera di sinistra. Che ai meridionali serva il reddito sociale invece che investimenti infrastrutturali per superare davvero l’arretratezza del loro territorio, che al nord serva davvero la riduzione delle tasse invece che nuove prospettive di mercato rafforzando i legami con la pancia più ricca, quella europea, sono idee che affondano le loro radici in un populismo globalizzato che fa propri gli slogan, perché la sfiducia di chi si sente tradito dalla globalizzazione è verso le élite, sempre più ricche mentre loro si impoveriscono. E in effetti se guardiamo alla fabbrica dell’epoca fordista quando mai tra un operaio e un manager ci sarebbe stato l’abisso retributivo di oggi?

L’illusione di poter governare il cambiamento a livello nazionale in un’epoca globale non riguarda solo chi sta male, riguarda anche chi sta bene, ma vuole stare meglio. È il caso dei paesi del fronte del rigore, che con il rigorismo feroce hanno oggettivamente facilitato il compito dei populisti antieuropei. Il centro potrebbe tornare a esistere se potesse rivolgersi alla vera parte debole della società europea, quella del fianco sud, e alla vera parte forte, quella del fianco nord. Sarebbe lì che il centro, centro-destra o centro-sinistra, potrebbe ritrovare una sintonia con il “popolo”, sia benestante che malestante. Le forze del centro oggi fanno i conti con la responsabilità nazionale, cioè con l’idea che se i conti salteranno sarà peggio per tutti. Ma questa idea di responsabilità gli europeisti, ipotetico centro in via di estinzione su entrambi i fronti, Pd e Forza Italia, non riescono a renderla attraente perché il centro riesce a attrarre con la sua responsabilità se può mostrare anche la responsabilità altrui.

Luogo ideale del cattolicesimo sociale, il centro infatti si appella all’idea di bene comune, non di bene individuale, anche nelle veggenza che molto spesso chi troppo vuole nulla stringe. Qui emerge un elemento peculiare della nascente coalizione di governo: rifiutando l’idea di moderare le rivendicazione della loro parte annunciano, senza ovviamente dirlo, che questo governo avvia il bipolarismo di domani, quando chi vincerà espungerà le politiche dell’altro. L’unico punto su cui il loro programma sembra proporre una sintesi e non una somma di programmi inconciliabili è la giustizia: perché entrambi sanno che la rabbia è contro le élite, percepite come sanguisughe che hanno prosciugato il sangue di tutti per anni e anni. Così il presunto giustizialismo dai titoli farlocchi ha conquistato il popolo, cavalcandone la rabbia.

Si avvera in questo modo una profezia dei teorici del centro ben prima che cominciasse l’epoca della globalizzazione: sarà la corruzione a mettere in crisi il sistema. Ma lo mette in crisi in un’epoca globale, e non si può uscire unilateralmente dalla globalizzazione. Così si spiega il favore dell’ala estremista trumpiana nei riguardi di questo governo, visto come il grimaldello per far saltare davvero l’Europa, dato che l’Italia non è la Grecia, e riuscire a fare gli Stati Uniti “Great again”. La storia della Brexit sembra dargli torto, dalla globalizzazione neanche Londra riesce a uscire unilateralmente: stare con il popolo non vuol dire lanciarlo in avventure pericolose, ma capire la profondità delle paure. Ma chi è disposto oggi a farsi carico delle paure di un paese con il debito italiano?

M5S/Lega in un’Italia senza centro ultima modifica: 2018-05-23T12:11:30+02:00 da RICCARDO CRISTIANO
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