Mattarella spiegato a Di Maio (Salvini ha capito già)

Lo scontro politico istituzionale divampato all’84mo giorno di crisi politica rende intellegibili alcune questioni rimaste avvolte nei felpati passi di Quirinale e dintorni.
ROBERTO DI GIOVAN PAOLO
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Oscurati da Mancini e dunque impediti di dibattere sulla nazionale di calcio, milioni di italiani sono alle prese con le loro previsioni di voto: il M5S è caduto nella trappola di Salvini oppure si presentano assieme? E in quali collegi? E con chi si presenta Salvini? Col centrodestra? Dialogando o contro i cinque stelle? E davvero arriverebbero “all’ottanta per cento”, come ha affermato D’Alema?

Questa è già materia di domani, con un’unica certezza da ieri: che nessuno potrà evitare il dibattito su “euro sì euro no” in campagna elettorale e che Savona dovrà candidarsi (se ha voglia…).

Lo scontro politico istituzionale divampato all’84mo giorno di crisi politica rende però intellegibili a chi voglia – e, a mio modesto avviso, rende ovvie – alcune questioni rimaste avvolte nei felpati passi di Quirinale e dintorni (e delle volte celate anche nelle menti di alcuni dei protagonisti).

Innanzitutto il povero prof. Conte, l’incaricato presidente scelto per il “vero” cambiamento e in realtà espressione – al di là delle questioni irrilevanti del curriculum – dei più antichi (insieme ai magistrati) poteri costituiti (sin dal medioevo direi); com’è venuto, così se n’è andato… Con tutto il rispetto, mandatario era e mandatario è rimasto.

Non una proposta alternativa, non un tentativo di mediazione… Non si fa la politica con la frequenza dei corsi di formazione, ma con la lotta politica innestata sulla conoscenza.

Ora, il presidente. A Mattarella si può dire tutto meno che sia parte dei cosiddetti poteri occulti, economici o complottardi, se non altro perché fratello ed erede politico di Piersanti, assassinato dalla mafia, da un killer prestato (Fioravanti ndr) dai Nar, organizzazione terroristica fascista molto connessa con la Banda della Magliana e la P2, che tra strage di Bologna e scambi di armi e soldi molto trafficava con i veri poteri occulti.

Sergio Mattarella ha dimostrato in tutta la sua attività politica da che parte è stato.

Rimane ignota la parte, invece, di Casaleggio e associati. Almeno fino a quando non consegna software e algoritmi all’Agcom, non sappiamo bene a chi risponda.

E qualcuno parlava già sui giornali del socio di Casaleggio come segretario generale della presidenza del consiglio, ovvero là dove si decide il software dei nostri servizi di sicurezza, delle forze armate, degli organi amministrativi. Chiaro?

Salvini ha invece – va detto, con molta chiarezza – mutato geneticamente la Lega Nord in partito lepenista, ma mi piacerebbe sapere di più sulle relazioni con Putin, per esempio…

Un altro punto da ribadire è che non si può certo dire che il presidente della repubblica non conosca le pieghe della Costituzione, visto il ruolo di docente di diritto parlamentare e di giudice della Corte costituzionale, né che non sappia riconoscere gli effetti politici delle leggi elettorali, visto che è il padre della legge maggioritaria che finora ha funzionato meglio. Mattarella non si è mai opposto al governo delle due minoranze che hanno preso più voti il 4 marzo scorso; anzi, da taluni potrebbe essere accusato di aver favorito troppo questo tentativo. Ma lui conosce le leggi elettorali e sapeva di dover rispettare il tentativo.

Ma poi, vogliamo raccontarci che lo scontro sia davvero sul prof. Savona, che ha scoperto la minigonna a 82 anni (si legga: la pericolosità dell’Europa dopo aver servito come “tecnico” da ministro del Ciampi patriota europeo e dunque italiano)?
È evidente che così non è o almeno questa è solo la ragione superficiale.

Molto più profonda la ragione reale, ovvero l’inaccettabilità istituzionale di uno stravolgimento della Costituzione che, pensata comma per comma – anche nei vuoti specifici per garantire la costruzione di procedure e necessari accordi – immagina non una democrazia diretta, usata come stratagemma per una vecchia regola dell’autoritarismo individuale o ristretto ai pochi eletti, per cui chi vince prende tutto, ma una repubblica democratica parlamentare in cui pesi e contrappesi esistono per garantire, con consuetudini e norme, l’agibilità politica.

Il presidente della Repubblica firma il decreto di nomina dei ministri propostigli dal presidente del consiglio. Si può pensare che non ne porti la responsabilità?

Immaginare di imporgli oggi un ministro (come domani un presidente Agcom prono agli hacker, poi la lunga sequela di nomine politiche da “normalizzare” orwellianamente e da firmare senza discutere, meno di un notaio!) significherebbe dichiarare definitivamente superata la repubblica democratica parlamentare in cambio di una falsa democrazia diretta per cui chi vince è padrone assoluto, anche quando si tratta di una delle minoranze parlamentari, sia pure la più numerosa, con evidenti conseguenze di spoils system a tutti i livelli amministrativi e politici (e in parlamento già è successo con le nomine dei questori, per esempio creando un precedente che ogni forza politica dovrebbe aborrire pensando al futuro, quando dovesse tornare a essere forza di opposizione democratica).

Savona o non Savona, perfino Berlusconi, il Berlusconi vincente col maggioritario e candidato premier, all’opposizione sul nome di Previti a ministro della giustizia fece un passo indietro (e non è l’unico caso della Repubblica).
Salvini e Di Maio no.
E non mi risulta strano.
Perché in gioco c’è una concezione intera della democrazia. Non un nome di ministro.

Ma quando in gioco sono i principi della democrazia, non c’è mediazione possibile.

È l’inverno del nostro scontento quello che viviamo, ma alla fine c’è sempre un Campo di Bosworth per ogni sconfinata ambizione.

Mattarella spiegato a Di Maio (Salvini ha capito già) ultima modifica: 2018-05-28T15:57:25+02:00 da ROBERTO DI GIOVAN PAOLO
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