“Noi e la sfida esistenziale per l’Europa”. Parla Sandro Gozi

"È necessario un cambio di passo, altrimenti vincono i Putin, gli Erdoğan, i protezionisti. En Marche! può indicare la strada".
CLAUDIO MADRICARDO
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La prima lezione che proviene da En Marche! e da Emmanuel Macron è che di fronte all’ascesa dei populisti e agli estremisti anti europei dobbiamo proporre scelte molto nette che partano dall’indicare l’Europa come il luogo delle possibili soluzioni delle grandi questioni che dobbiamo affrontare. 

Sandro Gozi, ex sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri con delega per gli affari europei, non sembra nutrire dubbi e Macron, lo conosce bene. Venerdì 15 giugno al Piccolo Eliseo di Roma organizza con la sua LibNet, “la rete dove le idee si trasformano in pratica quotidiana”, in collaborazione con il quotidiano Il Foglio, un dibattito al quale parteciperanno Christophe Castaner, presidente di En Marche!, e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Chiamati a discutere su quali grandi temi dobbiamo scommettere e quali lezioni offerte dalla Francia di Macron far nostre.

Scusi Gozi, vista l’aria che tira, non le sembra un po’ fuori moda la difesa dell’Europa anche nel nostro Paese?
Io sono convinto che bisogna ribadire una scelta netta di europeismo di fronte all’antieuropeismo, al protezionismo e all’opportunismo dei populisti, capendo che ormai la politica interna è ampiamente influenzata dalle grandi questioni del mondo. Bisogna contrapporre una società aperta a una chiusa, e ciò in primo luogo significa difesa dei diritti civili e affrontare il tema delle disuguaglianze in maniera credibile, varando politiche di apertura contrarie al protezionismo, lavorando per una cooperazione multilaterale contro l’unilateralismo. Questo implica anche un’analisi delle ragioni per cui oggi siamo di fronte a un’ascesa così importante dei populisti.

Cos’ha significato Macron in questa battaglia?
Emmanuel Macron era all’inizio un outsider e solo durante la campagna elettorale è diventato sempre di più quello che non solo incarnava una speranza di cambiamento in Francia, ma anche l’ultimo che poteva fermare l’ascesa dei populisti. Indicare il rinnovamento della politica in Francia e la scelta europea come risposta credo sia anche dovuto all’analisi delle ragioni per le quali i populisti sono così cresciuti e mettono così in pericolo la democrazia e l’Europa stessa. La ragione fondamentale, molto forte nel discorso di Macron, sia per quanto riguarda la riforma della Francia sia quella dell’Europa, è che prima, durante e dopo la crisi finanziaria a governare non è stata la politica, ma il sistema economico finanziario. Nelle democrazie occidentali, la politica è diventata un gregario.

Quindi?
Quindi, con la politica in un ruolo di gregario e con uno strapotere finanziario non controllato, ne è conseguito che la finanza se n’è fregata della volontà dei popoli. Si rende ora necessario che la politica si riappropri dei suoi spazi in primo luogo per salvaguardare la democrazia liberale e lo stato di diritto. Bisogna cioè ridare forza alla politica e alla sua capacità di governo senza aver timore anche di scontrarci con alcuni aspetti del sistema economico da riformare, perché un’economia che è lasciata totalmente libera di esprimere i suoi animal spirits rappresenta un sistema che è destinato ad autodistruggersi. E dobbiamo anche dimostrare che il protezionismo, la chiusura e i dazi sono un’illusione. Nell’illusione di arricchire gli Stati Uniti, la politica di Trump, quella dei pugni sul tavolo, porta al protezionismo e riduce gli spazi economici di tutti. Tanto che è importante costruire una nuova proposta politica perché le tendenze distruttive che sono emerse dipendono dal fatto che abbiamo lasciato il sistema economico senza governo. Le prime vittime sono state il welfare, la qualità del lavoro e i salari. Le risposte a questa crisi sociale che è derivata dalla crisi finanziaria e economica sono state le chiusure, il lepenismo, il leghismo, il trumpismo, ma la prossima vittima sarà la democrazia liberale.

Cosa si deve fare?
È necessario un cambio di passo in Italia e in Europa, altrimenti vincono modelli che nulla hanno a che fare con la democrazia liberale. Vincono i Putin, gli Erdoğan, i protezionisti. A danno della democrazia ma anche del resto del sistema economico. Ecco perché il cambiamento italiano passa anche attraverso la rifondazione europea che è un altro aspetto della lezione di Macron che dobbiamo fare nostro. Perché in Europa siamo stati troppo timidi a contrastare questa deriva finanziaria che poi è diventata sociale e che oggi è democratica. Oggi corriamo un rischio fortissimo, e in Italia lo corriamo perfino di più, dopo il 4 marzo. Quello che l’Europa si disgreghi o che venga inghiottita dai populisti. Disgregare l’Europa o indebolirla non è la soluzione, ma la rovina non solo del nostro continente, ma anche della democrazia e delle libertà economiche e civili. Tanto che allo stesso sistema finanziario è necessario un ritorno forte della politica.

Macron nella sua campagna elettorale ha anche realizzato una nuova forma di partecipazione.
Un altro aspetto importante del suo esempio. Egli ha inventato un nuovo modo di partecipazione che va oltre le assemblee nazionali. Oggi una politica di cambiamento di sinistra liberale, quale è anche quella di Macron, ha bisogno di nuove forme di partecipazione. In particolare il Partito democratico parla dal 2007 di consultazioni online, di referendum dei suoi elettori. Strumenti che se avessimo messo in campo e non solo enunciato, avremmo in qualche modo anticipato esperienze come En Marche!, e anche come Ciudadanos in Spagna. Di fronte alle minacce alla democrazia liberale, al protezionismo, al nazionalismo, alla xenofobia bisogna superare le divisioni politiche tradizionali. Di fronte al populismo in Italia che ha la faccia di Salvini di estrema destra, e quella di Di Maio, Casaleggio e Grillo che è di estremo opportunismo, dato che dicono tutto e il suo contrario secondo le convenienze, di fronte a questo polo populista che si è fatto addirittura governo, guardare all’esperienza francese dovrebbe portare tutte le forze che non si riconoscono nella Lega o nei 5 Stelle a battersi per un vero cambiamento. A tutti questi dobbiamo rivolgerci per andare oltre un sistema di divisioni politiche tradizionali, perché il 4 marzo è crollato un sistema politico. Non c’è più un centro destra e un centro sinistra, c’è un nuovo polo populista di fronte per battere il quale dobbiamo formulare una nuova proposta progressista, liberale, dei diritti civili, della lotta alle disuguaglianze e soprattutto dell’Europa.

In Europa e anche nel nostro paese, il ceto medio da anni si sta restringendo. A quale base sociale dovrebbe far riferimento questo nuovo soggetto politico nato al di là delle divisioni politiche tradizionali?
La classe media è stata la più colpita da questo strapotere della finanza, dalla debolezza della politica nazionale e europea, dalla globalizzazione. Proprio il ceto medio, impaurito, deluso e impoverito si è rivolto innanzitutto alle proposte estremiste e populiste di Le Pen, Salvini e Grillo. Proprio guardando a quella classe media dobbiamo fare in modo che la politica non abbia più una funzione gregaria, mettendo in atto politiche di nuove protezioni e nuove sicurezze, nazionali e europee. Di fronte al ceto medio in difficoltà, bisogna senza dubbio avviare una nuova politica d’investimenti, spingere la crescita e introdurre a livello europeo un salario minimo garantito. Dobbiamo costringere l’Europa a promuovere politiche sociali come il sussidio europeo di disoccupazione, lavorare sul welfare, e cambiare l’assetto della finanza. Tutte queste risposte in parallelo con l’agenda dei diritti civili che abbiamo avviato anche in Italia negli scorsi anni, possono essere importanti in un’Europa che protegga. Che di fronte al nuovo disordine globale, alla globalizzazione che ha diminuito la povertà nel mondo ma aumentato la precarietà del ceto medio del continente, sappia mettere in campo una politica europea che oggi manca.

È quindi replicabile l’esempio di En Marche! in Italia? A quali forze state pensando per il nuovo rassemblement? 
Negli obiettivi e nei valori della sfida contro i populismi europei la lezione di En Marche è importante anche per l’Italia. Ogni paese chiaramente deve trovare una propria via, e il nostro non fa eccezione per tornare a vincere contro l’estremismo, il leghismo e il populismo a cinque stelle. Sul fronte Europa c’è una prospettiva molto forte visto che a maggio del 2019 voteremo per il nuovo parlamento. Quanto al nostro paese, bisogna andare oltre alle divisioni politiche tradizionali guardando a tutti coloro che condividono questa prospettiva. Ciò comporta una trasformazione del partito democratico.

Una trasformazione o un suo superamento?
Certamente il partito democratico deve cambiare ruolo, dibattere, e scegliere cosa vuole essere. Decidendo di andare anche oltre i propri limiti e insufficienze. Nella costruzione di questo movimento e di questa risposta al populismo che si è fatto governo, dobbiamo andare oltre il limite del partito democratico. Se nel centro destra, nella società civile o anche a sinistra, dato che l’esperienza di Liberi e Uguali è finita, c’è questa condivisione di obiettivi nel senso del rischio che si sta correndo con questo governo, per me sono tutti interlocutori validi e possibili per la costruzione di questa alternativa.

Ma nel ceto politico del centro destra mi pare ci sia poco da salvare.
Io non credo che si debba guardare al ceto politico. Penso che bisogna parlare ai cittadini e agli elettori. Il 4 marzo è crollato un sistema e con esso anche le prime linee, i protagonisti di quel sistema. Se vogliamo creare questo nuovo soggetto non dobbiamo fare una somma di dirigenti che hanno vissuto in prima linea varie stagioni. Dobbiamo partire dai bisogni e dalle paure dei cittadini e fare una proposta che può essere accolta anche oltre il campo tradizionale di questo o quel partito. Nel mio caso il campo tradizionale del partito democratico. Certamente ci si rivolgerà alla società civile, ai sindaci che sono in prima linea e il cui ruolo può tornare centrale in un momento in cui la politica nazionale è indebolita. Si guarderà a personalità nuove che vengono dalla società civile e dal mondo del lavoro. Questi sono i destinatari e i protagonisti di questa nuova proposta. Dobbiamo puntare a creare un nuovo movimento nella società.

E chi potrebbero essere i vostri alleati in Europa?
Io credo che il 26 maggio, giorno delle elezioni europee, ci sarà un terremoto politico simile a quello vissuto in Italia il 4 marzo. Avremo da una parte il partito popolare europeo che non ha più nulla di popolare, che è molto populista ed è il partito pigliatutto europeo che continuerà a cercare di tenere dentro tutto e il contrario di tutto, e rimarrà il primo gruppo politico. Come seconde forze politiche, avremo estremisti, populisti, leghisti, lepenisti, neonazisti di vario tipo. I liberaldemocratici e infine i democratici. Poi avremo in campo la nuova proposta di Macron e di Ciudadanos che nel 2014 non esistevano. Penso che dovremo costruire una nuova alleanza per il progresso, per l’Europa politica e sociale, per un’Europa compiutamente democratica e degli investimenti. Questo deve portare tutte le forze politiche e i gruppi che condividono questa prospettiva ad accordarsi su quattro o cinque priorità politiche forti che coinvolga i verdi, i liberaldemocratici europeisti, i socialdemocratici e comprenda En Marche! in quanto spinto dal vero e unico leader impegnato nella costruzione di un’Europa che noi vogliamo. Questo è lo scatto in avanti che dobbiamo compiere. Perché se rimaniamo nello status quo e ognuno resta fermo e nella propria famiglia politica tradizionale, saremo travolti dall’ondata populista. Saremo salvinizzati, lepenizzati, orbanizzati, grillizzati, e divisi, lasceremo il parlamento europeo in mano al PPE e agli estremisti di vario tipo. Così come nel 2014 il Partito democratico decise di andare oltre il socialismo per costruire un’alleanza per il progresso, oggi dobbiamo svolgere un ruolo di spinta verso questa nuova alleanza che è l’unico modo per evitare o un parlamento frammentato e paralizzato o, peggio ancora, un parlamento europeo anti europeo, governato dai conservatori e dagli euroscettici. Se non costruiamo queste alleanze, sia in Italia sia in Europa, quando il populismo lascerà il continente in macerie, la gente rischierà di votare per le forme ancor peggiori di populismo, per nuove dittature 4.0. Che avranno magari caratteristiche diverse dai mostri del passato, ma che non ci piaceranno comunque.

Credo che abbiamo la responsabilità di dare un futuro ai milioni di cittadini italiani ed europei, costruendo assieme questa speranza. Quindi il problema è chi ci sta a fare questo. Sapere da dove vieni non m’interessa affatto, m’interessa sapere cosa pensi delle proposte di oggi, cosa vuoi aggiungere e quanto ti vuoi impegnare. Questo è l’insegnamento che ci viene da En Marche! in Francia, che noi dobbiamo replicare nel 2019 per l’elezione del parlamento europeo, e in Italia da adesso e fino a quando saremo richiamati a votare. 

 

“Noi e la sfida esistenziale per l’Europa”. Parla Sandro Gozi ultima modifica: 2018-06-12T18:22:55+02:00 da CLAUDIO MADRICARDO
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