La carità è una virtù cristiana. E lo è soprattutto quando viene praticata. Praticata in difesa dei più indifesi, dei senza diritti. In difesa dei tanti che fuggono da guerre, disastri ambientali e povertà assoluta e spesso, troppo spesso, finiscono nelle mani degli schiavisti del terzo millennio: i trafficanti di esseri umani. Contro i seminatori di odio, i costruttori abili quanto cinici di una narrazione (l’invasione di migranti) che, nell’epoca della post verità, dove la realtà è la percezione, non solo realizza consenso elettorale ma finisce per definire la psicologia di una nazione. Una nazione infetta. In assenza di una sinistra politica capace di costruire una narrazione altra e di emozionare, non ci resta che aggrapparci a chi, fuori dalla sua stessa volontà, è divenuto, anche per chi non è credente, un leader globale: papa Francesco.
Un leader politico, nel senso più alto e nobile di una parola che la prassi quotidiana, con il malaffare imperante, le bordate di odio sparate contro i più deboli, l’insopportabile doppia morale, è stata abusata, violentata fino a trasformarla in un insulto. Parla da politico, Bergoglio, quando riflette sulla tragedia dei migranti e sui sud del mondo. Interviene sui migranti per dire che i criteri sono quelli di sempre: “Accogliere, accompagnare, sistemare, integrare”. Ma che ogni governo
[…] deve agire con la virtù della prudenza, perché un paese deve accogliere tanti quanti può e quanti può integrare, istruire, dare lavoro.
Molto, dice, hanno fatto Italia e Grecia, ma anche Libano, Giordania e Spagna. Tuttavia, ammonisce, un problema resta ed è quello del traffico dei migranti e delle “carceri libiche: mutilano, torturano e poi buttano nelle fosse comuni”. Per questo chiede una sorta di piano Marshall per l’Africa: “Un piano di emergenza per investire in quei paesi e per dare lavoro e istruzione”. L’Africa non può essere “sfruttata” occorre investire.
Così Francesco, nella conferenza stampa sul volo di ritorno da Ginevra dove ha partecipato a una giornata ecumenica con altre confessioni cristiane. E ai giornalisti che gli chiedevano se i governi (ma quel “se” è del tutto retorico, in Italia e non solo) stavano strumentalizzando o il dramma dei migranti, Bergoglio risponde da politico:
Ho parlato tanto dei rifugiati e i criteri sono in quello che ho detto: accogliere, accompagnare, sistemare, integrare. Sono criteri per tutti i rifugiati. Poi ho detto che ogni paese deve fare ciò con la virtù del governo che è la prudenza, perché un paese deve accogliere tanti quanti può e quanti può integrare, educare, dare lavoro. Questo è il piano tranquillo, sereno sui rifugiati. Stiamo vivendo un’ondata di rifugiati che fuggono da guerre e fame. Guerre e fame in tanti paesi dell’Africa, persecuzioni in Medio Oriente. Italia e Grecia sono state generosissime ad accogliere. Per il Medio Oriente, la Turchia e la Siria ne hanno ricevuti tanti, il Libano anche. Il Libano ha tanti siriani libanesi, anche la Spagna ha fatto tanto.
E ancora:
C’è però un problema con il traffico dei migranti, e anche c’è il problema quando in alcuni casi i migranti devono tornare indietro per accordi (rimpatri, ndr). Ho visto le fotografie delle carceri dei trafficanti in Libia. I trafficanti subito separano le donne e i bambini dagli uomini. Le donne e i bambini vanno solo dove Dio sa. E le carceri per chi è tornato sono terribili: nei lager della Seconda guerra mondiale si vedevano queste cose. E anche mutilazioni, e poi li buttano nelle fosse comuni. Per questo i governi si preoccupano che non tornino e non cadano nelle mani di questa gente. C’è una preoccupazione mondiale.
E poi i governi europei:
So che i governi parlano di questo e vogliono trovare un accordo, modificare quello di Dublino. In Spagna avete avuto il caso di questa nave che è arrivata a Valencia. Tutto questo è un disordine. Il problema delle guerre è difficile da risolvere; come il problema della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in Nigeria. Tanti governi europei stanno pensando a un piano di emergenza per investire in quei paesi per dare lavoro ed educazione.
L’Africa:
Dico una cosa che sembra offendere ma è la verità: nell’incosciente collettivo c’è un pensiero brutto. L’Africa va sfruttata. Sono considerati schiavi e questo deve cambiare con dei piani di investimenti, di educazione, per far crescere perché il popolo africano ha tante ricchezze culturali e ha un’intelligenza grande. Sono bambini intelligentissimi che possono con una buona educazione andare oltre. Questa sarà la strada a mezzo termine. Ma devono mettersi d’accordo i governi e andare avanti con questa emergenza.
E le vicende americane:
Negli Stati Uniti invece c’è un problema migratorio grande e anche in America Latina: il problema migratori interno. Gente che lascia la campagna perché non c’è lavoro e va nelle grandi città in baraccopoli e poi c’è una migrazione esterna. Concretamente, per quanto riguarda gli Stati Uniti, dico quello che dicono i vescovi locali. Mi schiero con loro.
In fondo alla risposta c’è la parola chiave: schierarsi. Forti delle proprie convinzioni, coerenti tra parole e atti, rinunciando a rincorrere la destra sul terreno che ad essa risulterà sempre favorevole: quello securista. Essere di parte, questo significa schierarsi. Schierarsi dalla parte delle ong criminalizzate dal ministro dell’interno, Matteo Salvini, volutamente scelte come nemico da additare in quanto “tassisti del mare”, complici di trafficanti e scafisti, parte dell’invasione del Belpaese.
Il predecessore di Salvini al Viminale, Marco Minniti, sostenne che sicurezza è parola di sinistra. Certo, di fronte al ministro dell’odio, Minniti appare un’aperturista, un dialogante. Non è così. Perché, quell’affermazione, sicurezza è parola di sinistra, contiene il vizio di origine di una sinistra in disarmo: la sua subalternità. Culturale prim’ancora che politica.
Restando alla tragedia, perché tale è, dei migranti, legalità è parola di sinistra, perno di una visione progressista delle relazioni sociale e umani. Legalità, che in questo ambito, significa battersi per la realizzazione di corridoi umanitari, di canali legali per l’accoglienza e l’inclusione. In chiave europea. Una visione progressista si contrappone, e non accarezza, i sovranismi imperanti, non cerca compromessi, peraltro respinti dai Trump, dagli Orban e, ahinoi, dai Salvini… Una visione progressista fa i conti con la complessità e non cerca di ridurla a un tweet, a uno spot elettorale. Sapendo che non esistono scorciatoie, ricette salvifiche da dispensare.
Una considerazione che si rafforza alla lettura del rapporto pubblicato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, celebrata il 21 giugno. Sono numeri impressionanti quelli contenuti nel rapporto annuale dell’Unhcr: sono 68,5 milioni le persone che alla fine del 2017 si trovavano lontane dalle proprie case, perché costrette ad abbandonarle. Di loro, 25,4 milioni sono scappate a conflitti e persecuzioni: 2,9 milioni in più del 2016, “l’aumento più grande che l’Unhcr abbia mai registrato in un solo anno”. Di questi, poco più di un quinto sono palestinesi affidati all’Unrwa. Crescono anche i “nuovi sfollati”, con 16,2 milioni di sfollati nel 2017.
Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan e Myanmar sono stati i tre luoghi che hanno generato più sfollati. I richiedenti asilo in attesa dell’esito delle loro richieste di status di rifugiato erano 3,1 milioni alla fine del 2017 (300.000 in più rispetto al 2016). Diminuisce il numero di persone sfollate all’interno del proprio paese (40 milioni del totale, rispetto a 40,3 milioni del 2016). La Colombia è stato il paese con più sfollati interni: 7,7 milioni di persone.
Il numero di persone costrette alla fuga nel mondo è quasi pari al numero di abitanti della Thailandia. Considerando tutte le nazioni nel mondo, una persona ogni centodieci è costretta alla fuga.
Siamo a uno spartiacque: il successo nella gestione degli spostamenti forzati a livello globale richiede un approccio nuovo e molto più completo, in modo che i paesi e le comunità non siano lasciati soli ad occuparsene,
annota l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi.
Il nuovo Global Compact che dovrebbe essere adottato dall’Assemblea generale Onu tra pochi mesi sarà uno strumento importante.
Nessuno diventa rifugiato per scelta; ma tutti gli altri possono scegliere come aiutare,
rimarca Grandi.
La Giornata mondiale del rifugiato serve ricordare a tutti noi, che una casa e una nazione l’abbiamo e che consideriamo questi diritti scontati e inviolabili, che non applicare le norme sul diritto d’asilo significa delegittimare la legislazione internazionale e, nel nostro paese, disattendere un principio sancito dalla costituzione.
In Europa questa mancata applicazione è alla base della politica dei cosiddetti paesi di Visegrad, che prevedono un blocco dei flussi dei richiedenti asilo, negando quindi il diritto riconosciuto e sancito a ogni persona dalla convenzione di Ginevra a chiedere protezione internazionale nei casi previsti dalla legge.
Persino l’Ue negli ultimi anni ha disatteso i principi sanciti dalla convenzione di Ginevra, firmando con la Turchia di Erdogan un accordo finalizzato a bloccare il flusso dal Medio Oriente proprio mentre i siriani scappavano dalle bombe della coalizione internazionale e da quelle di Daesh.
Il fallimento dei governi e delle istituzioni dell’Unione Europea nello sviluppare una risposta politica efficace sull’immigrazione alimenta, secondo Human Rights Watch, una crisi politica senza precedenti. E a una crisi di questa portata non si risponde, se non per miserabili interessi di bottega (elettorale), dichiarando “guerra” alle Ong.
Schierarsi significa scegliere da che parte stare e con chi stare. Senza rincorrere i narratori di un’invasione che non esiste. Il picco della crisi migratoria, in cui i paesi erano impegnati a fornire aiuto d’urgenza a migranti e richiedenti asilo, si allontana. E subentrano nuove sfide:
Gestire il processo d’integrazione senza turbare il mercato del lavoro e rispondere alle preoccupazioni riguardanti la percezione che un numero crescente di lavoratori stranieri soggiorna o lavora illegalmente nei paesi di accoglienza.
È questo il messaggio principale contenuto nel lungo rapporto annuale dell’Ocse sulle migrazioni, pubblicato a Parigi in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.
Il nuovo governo Lega-M5s sceglie la linea dura per fronteggiare l’emergenza migranti, chiudendo i porti alle navi Ong. Ma nel 2017, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in Italia sono arrivati per mare 119mila migranti: il 34 per cento in meno rispetto al 2016, il 22 per cento in meno rispetto al 2015 (un calo attribuito agli accordi siglati dal precedente governo con la Libia).
Citare questi due rapporti serve per cogliere l’enormità di un fenomeno, quello delle migrazioni forzate, a cui corrisponde la pochezza delle risposte securiste. Bergoglio di ciò ha piena consapevolezza. E ha il coraggio di schierarsi.
Quello che manca, nel profondo, a una sinistra che non c’è.

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