Un curioso rigagnolo di indignazione alimenta le notti di questa estate instabile come il presente. Quanti hanno scritto almeno di sorpresa per la carezza di Macron. Strano che pochi abbiano ricostruito che all’arrivo il presidente francese era apparso “imbalsamato”, legnoso davanti a Francesco. Al termine del colloquio invece il sorriso si è allungato nella carezza, e poi nell’abbraccio, si direbbe tra il felice e il toccato. Forse davanti alla difficoltà di definire la carezza con cui il presidente Macron ha voluto salutare papa Francesco chi ha scelto il termine più vicino a quello giusto è stato Andrea Tornielli, che ha usato su Vatican Insider il vocabolo “inaudito”. Cosa vuol dire? Per la Treccani inaudito è qualcosa
di cui non si è o non si era prima udito parlare (che si suppone perciò mai prima esistito o avvenuto): Inaudita ineffabile armonia (Berni); esempio unico e fino allora inaudito (Leopardi).
Si oscilla dunque tra un valore di grande positività e di grande negatività. Chi guarda con l’occhio protocollare vedrà l’inaudito azzardo del presidente che fa di un papa un amico. E Francesco? Quale inaudito vi avrà scorto lui? Quello positivo o quello negativo?
Chi guarda con l’occhio della relazionalità vedrà l’inaudito riconoscimento di un riferimento umano.
E proprio “riconoscimento” può essere la parola chiave. La teoria del riconoscimento è centrale nell’opera di un intellettuale caro tanto a Bergoglio quanto a Macron: Paul Ricouer. Per lui libero e volontario non sono sinonimi. Questo pensiero ispira tanto la “Laudato Si’” quando la “Amoris Laetitia”. L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio arriva finalmente a riconoscere nella natura, nel creato minerale, vegetale e animale, dei compagni di creazione da tutelare, di cui prendersi cura, come dei suoi fratelli in umanità.
Addio dominio, sulla natura come sull’uomo. Ricouer infatti ispira anche “Amoris Laetitia”, dopo San Tommaso ovviamente, perché se la libertà è “libertà situata” allora non è sinonimo di volontario. Ci sono le circostanze da considerare. Ricouer è fondamentale per capire l’urgenza ignaziana del discernimento nella società, nella vita, nelle azioni reali di persone in carne e ossa cara a Francesco.
Per un papa del genere chi sarà un capo di stato? Per cercare una risposta è importante ricordarsi una importantissima intervista rilasciata da padre Federico Lombardi, al tempo ancora direttore della Sala stampa vaticana. Vi disse che il suo lavoro con Benedetto funzionava così dopo la visita di un capo di stato. Andava dal papa che gli diceva:
abbiamo parlato di uno, due, tre, quattro. Su uno e due intesa totale, su tre qualche problema, su quattro non ci siamo. La prossima volta parleremo di tre e cinque.
Per lui preparare il comunicato era facile. Con Francesco però le cose sono cambiate, e molto. Dopo la visita di un capo di stato andava ugualmente dal papa, ma Francesco gli diceva tutt’altro:
quest’uomo è molto interessante, mi ha raccontato di quando in famiglia… e poi di quella volta che… E’ una persona di spessore, dobbiamo rivederlo, possiamo fare tante cose buon per l’umanità e per la Chiesa.
E il comunicato?
Tempi duri per il direttore della Sala stampa vaticana quelli di un papa che attribuisce peso, valore prioritario alle persone, alle relazioni, alla storia di ognuno, al rapporto che si sa stabilire. Ma tempi felici per la diplomazia della misericordia che, se non ritiene nessuno preventivamente condannato, conta sulla gratuità dell’amore per contrastare la gratuità del male.
Così ritengo che papa Francesco, un papa fatto di relazioni con le persone, le cose, gli orizzonti, quella carezza sarà stata un inaudito riconoscimento, sempre per stare a Ricouer, della sua azione pastorale. Per un agnostico come Macron, che si è detto determinato a favorire il riconoscimento tra potere spirituale e temporale, quella carezza potrebbe rappresentare un riconoscimento reale di quell’autorità, di quel potere, nella carne del vescovo di Roma.
In questa prospettiva forse c’è un precedente: quando Francesco ha ricevuto per la prima volta in Vaticano Barack Obama, secondo il professor Andrea Riccardi gli avrebbe detto:
presidente vuole risolvere il problema tra il suo Paese e l’America Latina? Risolva il problema di Cuba.
In un contesto meno reale, più accorto all’etichetta come quello che prediligiamo noi, quasi convinti che velette e genuflessioni riconoscano nel papa un “semidio”, questo sussurro amicale sarebbe stato impossibile. Figurarsi in quello da Concilio Vaticano I caro a Salvini: lì il papa viene ancora trasportato con la sedia gestatoria. Ma per un un leader religioso che è diventato la vera autorità morale del mondo anche per i modi, le relazioni personali, con i deboli come con i potenti, l’intimità con la nostra vita, l’inquietudine vissuta al cospetto di ciò che ci agita o ci tormenta, la sedia gestatoria è un orpello dell’era glaciale. Non perché chi la usò fosse fuori dal mondo, la usò anche Paolo VI che era certo capace di vedere più avanti di noi che viviamo quarant’anni dopo la sua morte, ma perché da quando l’abolì Giovanni Paolo II il mondo è cambiato più profondamente di quanto lo fosse nei cento anni precedenti.
Le lamentele di Salvini fanno pensare che il papa per lui dovrebbe ancora indossare il triregno, la tiara che Paolo VI lasciò durante il Concilio per non prenderla mai più, avendo rinunciato a unire in sé le corone di padre dei re, rettore del mondo, vicario di Cristo.
Per questo penso che quella carezza, con buona pace di chi chiude la campagna elettorale con il rosario in mano, abbia aiutato la laicità francese a diventare più laica, a riconoscere davvero l’autorità spirituale così come questa con Francesco riconosce quella temporale.
Infatti così come la fede per Francesco anche la laicità per un laico non può essere tenuta in naftalina. E per chiunque sappia mettere il naso fuori dai sacchetti della naftalina che conserva decrepite ideologie la fede è nella vita di milioni di uomini e donne. Un laico può pensare di confinarla nelle pareti domestiche? Non so quali fossero le intenzioni di Macron, ma se dietro quella carezza c’era il riconoscimento, non formale ma sostanziale, quella carezza è stata un bene.

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