Eva Sipola. Narrare con la macchina fotografica

JOANN LOCKTOV
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Eva Sipola, conosciuta anche come Biankonera, è una narratrice visuale, originaria di Riga, in Lettonia. Il suo genere preferito è la fotografia di strada, ma non ha interesse nel documentare la realtà delle sue immagini. Invece, cerca di catturare illusioni evanescenti e sogni della città nascosti nei riflessi e nelle interazioni tra ombra e luce. Venezia è la sua musa.

Quando fu il tuo primo viaggio a Venezia? In passato hai scritto di non avere un primo ricordo, ma di una forte sensazione di “tornare a casa.” Puoi descrivere ciò che hai provato?
Il mio primo viaggio a Venezia è stato esattamente vent’anni fa, come regalo per il mio compleanno. Nel nostro primo incontro, non c’è stata veramente alcuna prima impressione, nessun allettante invito a scoprire nuovi posti, nessun tentativo d’affascinarmi. Venezia ha fatto nulla di tutto ciò. Mi ha accolta come se fossi una figlia perduta da tempo che tornava a casa. Nonostante il calore cocente di agosto (tortura per una nordica come me, che viene da Riga, una città che è l’esatto opposto di Venezia in ogni senso immaginabile), sentivo di essere in un posto che in un qualche modo ho sempre conosciuto e dove sarei sempre dovuta stare. Ciò, fino al giorno d’oggi, non è cambiato e ogni volta, al mio ritorno, Venezia mi avvolge in un abbraccio d’aria di mare e so di essere a casa.

Com’è cambiato il tuo rapporto con la città in questi venti anni?
Venezia è diventata una parte essenziale della mia vita. È una città che amo immensamente. È il posto in cui mi reco per trovare risposte e serenità, per sentirmi viva e comprendere meglio me stessa. Questa città mi ha mostrato che i sogni esistono nella realtà, mi ha impartito lezioni fondamentali, mi ha permesso la lussuria di vivere idee congetturate dalla mia immaginazione. Venezia è l’unico luogo in cui sia riuscita a trovare la mia voce visuale.

 

Come hai scoperto che la fotografia sarebbe diventata la tua principale espressione creativa?
Questo viaggio è cominciato circa dieci anni fa durante la famigerata crisi finanziaria. Avevo molto tempo libero dato che erano in pochi ad essere disposti a pagare per traduzioni (il mio lavoro diurno). Ho deciso di usare il mio tempo libero in una qualche maniera produttiva. Avevo una macchina fotografica e ho pensato – imparo un po’ ad usarla e vediamo cosa succede. Ed eccomi qui, parte di questo incredibile progetto. È veramente un momento da pizzicarsi per me.

Sono stata molto influenzata da mio padre che era un avido fotografo. Inoltre non so disegnare per salvarmi la vita, quindi, quando ho scoperto che la fotografia è essenzialmente disegnare con la luce, è stata una meravigliosa rivelazione, perché c’era finalmente una maniera in cui potessi esprimermi visualmente, un’abilità che ho sempre voluto possedere.

In passato hai detto di essere infatuata con la fotografia, non innamorata. Ma tutto ciò è cambiato quando hai cominciato ad usare una macchina Fuji nel 2014. Come ha cambiato la tua esperienza da fotografa la macchina fotografica?
Sì, è vero. Ho imparato a fare foto usando una macchina DSLR pesante e mi piaceva fotografare, ma non era amore. La macchina era ingombrante e rumorosa e dovevo trascorrere molto tempo correggendo le fotografie per renderle come le vedevo nella mia mente e ciò stava diventando tedioso. Poi nel 2014 ho comprato la mia prima Fuji senza specchio e mi ha liberata. Mi ha mostrato che potevo fare il 90% del lavoro solo con la macchina. Questo e l’abilità della macchine Fuji nel catturare sfumature di colori e luci era così liberatorio e ispirante. Questa macchina fotografica traduce le mie idee nella maniera più precisa, lasciandomi solo piccole correzioni da fare successivamente.

Penso sempre di te come scrittrice e fotografa perché la lingua sembra sempre essere una parte essenziale della tua narrazione. Quando scrivi le tue storie, che sono in parte prosa e in parte poesia, quale viene prima, la storia scritta o la fotografia? La sinergia tra le due sembra essere senza soluzione di continuità.
Grazie mille per questo complimento meraviglioso! Le lingue sono sempre state essenziali nella mia vita di ogni giorno perché vengo da una famiglia estesa bilingue e perché mi guadagno da vivere facendo traduzioni. Scrivo storie da quando ero alla scuola elementare. C’è come un bisogno in me di scrivere che non posso ignorare. Per quanto riguarda ciò che viene prima – parole o immagini – veramente non c’è metodo. Ci sono molte occasioni in cui scatto una foto e la sua didascalia compare nella mia mente in un istante. Altre volte o ho una storia che necessita un’illustrazione oppure invento una storia ispirata dall’immagine.

Quando sei a Venezia, cerchi luoghi da fotografare, o la tua macchina fotografica è come un appendice, sempre pronto e disponibile, ovunque tu ti trovi nella città? C’è una parte della giornata in cui preferisci fotografare o una certa stagione?
Ci sono luoghi a Venezia che mi attirano come una calamita, ma, effettivamente, la mia macchina è sempre pronta per il momento in cui incontro una fotografia sul cammino, ovunque io sia nella città. Mi piace finire in una situazione e reagirci, facendo del mio meglio per non disturbarla. Mi piace l’elemento di inaspettato del caso, motivo per cui di solito le mie fotografie non sono inscenate. Credo nel consiglio di Jay Maisel per i fotografi di colpire le strade vuoti ed aperti, perché se sei aperto per le fotografie, ti troveranno. Venezia è come un flusso infinito di storie ed immagini in costante evoluzione. Anche i luoghi più deserti finiranno per sorprenderti. Se apri i tuoi occhi ed i tuoi sensi a Venezia, ti premierà con scatti incredibili.

La mia stagione preferita a Venezia è l’inverno. L’amo nella bianca luce splendente, quando appare come una visione eterea ed ultraterrena. Un altro periodo che amo è l’inizio della primavera quando la luce nella città è un po’ più gialla, ma è molto più morbida della luce estiva. La luce del sole la mattina presto in primavera è mozzafiato.

Quali sono i luoghi di Venezia che ti attraggono?
La mia tripletta veneziana è composta da Dorsoduro, la Piazza e le calli intorno alla Fenice, e, anche se amo l’intera città, le diverse atmosfere dei sestieri. Conosco molti fotografi che evitano la Piazza ad ogni costo ma io amo essere lì. I miei giorni spesso cominciano e finiscono nella piazza perché sono sempre curiosa di sapere cosa sta accadendo su quello spettacolare palcoscenico della vita. Per quanto riguarda Dorsoduro, vi risiedono molti dei miei luoghi preferiti – la Punta della Dogana, la Salute, le Zattere. Oh, e ciò che preferisco in assoluto a Venezia sono i magici portali, conosciuti come sottoporteghi.

Sembra esserci un mistero irrisolto nella tua fotografia. Ciò che ometti è tanto importante quanto ciò che vi lasci dentro. Questo riflette più la tua personalità o una caratteristica della città?
Molto probabilmente entrambe. Leggo molto libri fantasy che sono pieni di magia, quindi mi sa che questo mi influenza come persona e il modo in cui mi esprimo nella fotografia. Inoltre Venezia è così meravigliosamente drammatica e complessa. Mi parla attraverso indovinelli e mi diverto a cercare di risolverli. Il quadro generale che ti colpisce a Venezia è talmente disorientante nella sua bellezza che inizialmente non ti rendi conto delle differenze più discrete. Quando ti accorgi di quelle sfumature, quando cominci a comprendere i sottili indizi che la città ti dà su sé stessa, su di te, sulla vita, ti trovi in un mondo diverso, una diversa realtà. Venezia ti dà frammenti e pozze di luce splendente e ricopre tutto il resto nell’oscurità dell’ombra, lasciando la storia aperta alla tua immaginazione e curiosità. È la stessa cosa per le mie foto – mi piace che siano aperte all’interpretazione.

Puoi dirci della tua foto nel libro? È innegabilmente Palazzo Franchetti, ma è sommerso e nascosto dalle foglie e dal riflesso. Cosa ti ha portato ad inquadrare la foto in questo modo? Cosa vuoi che sia percepito del Palazzo attraverso la fotografia?
Ho scoperto Palazzo Franchetti quando sono andata a vedere la mia seconda mostra Glasstress qualche anno fa (la prima era nella mia città natale, Riga) e mi sono innamorata dell’edificio, con la sua scala magnifica e le finestre enormi che offrono una vista del Ponte dell’Accademia da un lato e del cortile di fronte dall’altro. Le mie caratteristiche preferite dell’architettura veneziana sono i trafori che sembrano pizzo e danno agli edifici tanta lievità. L’anno scorso, mentre uscivo dal Palazzo Franchetti, mi sono accorta di questo tavolo con sopra una pozzanghera nel cortile in cui era riflesso in tutta la sua gloria un bellissimo elemento bianco-neve della facciata e implorava di essere fotografato. Quindi questa foto ci riporta al mio amore per i dettagli e le sfumature di Venezia e al mio amore del mistero. Voglio incoraggiare lo spettatore a guardare un po’ più da vicino la città per scoprirne i veri tesori. E che guardino nei posti inaspettati – le pozzanghere – che offrono una prospettiva diversa delle cose che pensi di conoscere già.

 

Negli ultimi vent’anni Venezia è diventata più fragile e meno vivibile. Cosa provi a riguardo dei cambiamenti a cui sei stata testimone? Credi che la Venezia che conosci ed ami, sopravviverà?
I cambiamenti, perlopiù, mi rattristano. Le maniere egoiste, distruttive ed avide di coloro che sono alla guida della città sono rivoltanti ed esasperanti. Alienare i tuoi cittadini via dalla città per fare spazio per hotel e simili? È così arretrato in tutti i sensi. La mia speranza è che verrà un giorno in cui Venezia avrà un sindaco che ami la città, che ci viva, ne capisca stranezze e bisogni, e che la adori e la protegga, invece che abusarne. Spero che ciò avvenga molto presto. Venezia necessita di un guardiano che la protegga dall’attacco del mondo. Questa città esiste nonostante tutto, ma potrebbe giungere un tempo in cui si perderà fiducia negli umani stupidi che fanno il tutto possibile nel loro potere per distruggerla per via di un’arroganza sbalorditiva. Speriamo che non succeda. Speriamo che i veneziani resistenti che amano la città prevalgano e che tante generazioni possano scoprire la Venezia surreale, da sogno che ha rubato il mio cuore. Questo è il mio desiderio più grande.

Link:
“Dream of Venice in Black and White”

JoAnn Locktov

English version

Eva Sipola. Narrare con la macchina fotografica ultima modifica: 2018-07-19T20:46:09+02:00 da JOANN LOCKTOV
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