Un uomo senza nome aleggia nel panorama politico russo. Attivista sulla quarantina, unico reale oppositore al governo Putin, è la persona in grado di mobilitare migliaia di cittadini nelle piazze di moltissime regioni russe, in carcere a intervalli periodici e soggetto a rilasci altrettanto cadenzati, in un loop politico in puro “stile Ionesco”. Ma un nome ce l’ha eccome: Alexei Navalny.
Secondo quanto riportato già nel 2017 da Radio Free Europe Radio Liberty, nel tempo il nome di Navalny, soprattutto nel corso di dibattiti e interviste ad esponenti governativi di spicco, è svanito lentamente. Per il primo ministro Medvedev è “una persona con obiettivi politici concreti”, “uno sconfitto” (a livello politico), per il portavoce Peskov “il cittadino citato in precedenza”, “un cittadino condannato”. Per Putin si va da “quel signore”, “quel personaggio”, “l’imputato menzionato” a “quegli individui menzionati”.
Durante un dibattito con Ksenia Sobchak, “pseudo” competitor alle elezioni del marzo scorso, Putin ha comparato la sua figura a quella dell’ex presidente georgiano ed ex governatore in Ucraina Mikhail Saakashvili. Per Putin si tratterebbe, dunque, di uno “Saakashvili in versione russa”.
Tutto questo per evitare di legittimarlo ufficialmente come avversario politico. L’eccezione: nel 2013 Alec Luhn, corrispondente dalla Russia del Telegraph, chiese a Putin se “non dicesse deliberatamente il nome di Navalny” e Putin replicò dicendo: “Perché? Alexei Navalny è uno dei leader del movimento di opposizione.”
Anche in tv il suo nome è divenuto un tabù: lo sa bene Leonid Slutsky, ex allenatore della nazionale di calcio russa, che, durante una partita trasmessa dalla tv di stato, ha pronunciato il nome di Navalny, davanti ad un giornalista silente ed impietrito. Slutsky ha precisato che non interverrà più nel corso di trasmissioni televisive in quanto impegnato in “altre attività”.
Danzando metaforicamente attorno al suo nome, secondo Radio Free Europe, Navalny è divenuto anche sui social una sorta di Lord Voldemort, il personaggio della saga di “Harry Potter”, “He Who Must Not Be Named”, una figura che vuole essere ricordata dalle autorità solo per le condanne sospese e i presunti crimini commessi.
Il 25 giugno il tribunale di Mosca ha esteso di un anno la nota “condanna sospesa” di 5 anni fino all’8 luglio 2019 in quanto colpevole, secondo la Corte, di aver commesso ripetutamente reati amministrativi, violando i termini della condanna stessa.
Anche perdere le cause di diffamazione contro i miliardari russi non aiuta: prima con Oleg Deripaska, poi con Alisher Usmanov e, il 26 giugno, con Mikhail Prokhorov, colpevole, secondo Navalny, di aver corrotto l’allora vice primo ministro Alexander Khloponin attraverso il pagamento della villa acquistata in Italia ad un prezzo tre volte superiore a quello di mercato. Prokhorov ha dichiarato di aver pagato un prezzo equo (35,5 milioni di euro), mentre il portavoce di Khloponin ha confermato di aver pagato sulla vendita tutte le tasse previste.
Ma essere senza nome non significa non avere voce. Anzi, Navalny in questi anni ha dato il via a grandi manifestazioni di protesta, organizzando e gestendo un network di migliaia di attivisti giovani e meno giovani.
Anche all’inizio del mese di luglio, criticando aspramente la riforma delle pensioni, passata in prima lettura, ha organizzato un giorno di proteste, poi protrattesi nei giorni seguenti, proprio durante i Mondiali (non nelle città che li ospitavano, ovviamente). Ma non solo. In questi anni ha anche pubblicato e diffuso, tramite il suo canale YouTube, inchieste volte a documentare la presunta corruzione delle élite politiche.
In un’intervista rilasciata il 30 giugno a Der Spiegel l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky ha definito Navalny “promettente”, considerandolo “uno dei politici di cui ha bisogno la Russia del futuro”. Ma, ha precisato Khodorkovsky, non una Russia basata sulla figura del leader visto come “il solo salvatore in grado di guidarci verso la democrazia. Non vogliamo uno Zar benevolo, non importa quale sia il suo nome.”
Da anni questa “voce” desidera una legittimazione politica concreta attraverso l’incarnazione in una “forma-partito”. Il lancio di questo partito è un progetto cui Navalny sta lavorando da tanto tempo, precisamente dal 2013. Ma dal 2013 ad oggi il percorso è stato ostacolato dalla burocrazia e da altri esponenti politici: a dicembre del 2013 il politico russo Andrey Bogdanov, Presidente del Communist Party of Social Justice e importante massone, Gran Maestro della Grand Lodge of Russia dal 2007, ha deciso di ri-registrare con successo il Partito “Rodnaya Strana” (Native Country) sotto il nome di People’s Alliance. Un nome che desiderava Navalny per il proprio partito. E la legge russa vieta la presenza di partiti con nomi uguali o simili.
Anche in quel caso Navalny non si è dato per vinto e ha deciso di proporre un altro nome: The Progress Party. Una richiesta rimasta ferma fino al mese di marzo di quest’anno quando il ministero della giustizia ha respinto la registrazione in quanto, due giorni prima, aveva già approvato la richiesta proveniente dal Civil Initiative Party – un piccolo progetto legato sempre a Bogdanov e ad un ex collaboratore di Navalny – di prendere il medesimo nome. In quel caso Navalny si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma senza alcun riscontro da parte della Corte stessa. Oltre al furto del nome, il ministero della giustizia ha rilevato irregolarità nella presentazione dei documenti, affermando di non aver ricevuto le copie dei documenti per la registrazione da più della metà delle regioni russe.
Considerati i numerosi ostacoli, Navalny ha deciso – prima della Convention prevista il 19 maggio – di annunciare la decisione di fondare un nuovo partito, sottoponendo un’altra richiesta al ministero e registrando lo stesso con la denominazione Working Title per evitare il furto da parte di altre forze politiche.
Questa Convention, che ha visto la partecipazione di 124 delegati da sessanta regioni russe, ha permesso di ufficializzare il nuovo nome del partito – Russia of the Future. Il grande assente è stato proprio Navalny, arrestato il 15 maggio per trenta giorni a causa delle manifestazioni organizzate il 5 maggio.
Questo futuro sembra, tuttavia, ancora lontano. Il 18 luglio scorso il ministero della giustizia ha nuovamente sospeso la registrazione del partito per motivi “privi di fondamento e contraddittori”, per usare le parole di Navalny.
Potranno svanire il partito, il suo nome, le carte. Ma la sua voce continua a farsi sentire forte nel panorama politico russo. Un elemento di cui il governo, nel corso del quarto mandato, dovrà necessariamente tener conto. E saranno proprio le piazze e gli attivisti provenienti da tutta la Russia a ricordarglielo.