Tra pochi giorni il governo Conte compirà due mesi e, a meno che non voglia utilizzare agosto all’italiana (cioè facendo nomine e inzeppando di decreti, bandi e gare il mese delle Feriae Augusti, sacre dal primo imperatore romano agli italiani d’oggi), potrà prendere un primo momento di respiro e prepararsi a un autunno davvero interessante con la legge di bilancio e molti nodi che verranno al pettine dopo la “luna di miele” iniziale.
Di fatto sarà ancora in tempo per prendere decisioni “dei primi cento giorni” ( un termine che in realtà poche democrazie parlamentari non presidenziali possono rispettare davvero…) ma dovrà anche stabilire un percorso regolare di attività non più legato al momento emotivo ma alla necessità di costruire nel tempo. Se si vuol durare… perché alcuni, tanto per riferire i rumors, ritengono che le “sparate” di Salvini non siano fatte a caso… peraltro lui ha almeno due formule potenziali di governo alla mano e una possibile elezione “magica” secondo i sondaggi…
Finora, se si eccettuano il decreto Di Maio (con annessa polemica con la Ragioneria di stato – Mef per l’obbligatoria relazione tecnica) non si registra una grande attività, e anche la trasformazione dei circa 160 decreti legge che attuano leggi precedenti, a cominciare da quelli derivati dalla legge di bilancio 2018, approvata dal governo Gentiloni, langue. E tuttavia, se l’attività di governo non è certamente a pieno regime (dichiarazioni quotidiane mirate di Salvini e a giorni alterni di Di Maio a parte, più un’intervista lunga al Fatto Quotidiano di Conte per provare a raccontarsi) dalle parti delle opposizioni non è che l’attività sia a pieno regime…
Anche per oggettive difficoltà di posizionamento.
A destra la Meloni con i suoi Fratelli d’Italia si è astenuta nel voto di fiducia sperando in un rapporto benevolo con Salvini ma finora non ha incassato nulla e anzi interi gruppi locali del suo partito meditano di offrirsi direttamente al leader leghista che nel sud d’Italia ha riscosso favori elettorali eliminando il suffisso Nord e lasciando solo Lega per incassare i voti della destra sociale storica, che si è ritrovata così su una strada lepenista senza dover troppo soffrire ideologicamente visti i buoni rapporti di Salvini con Marine Le Pen.
Forza Italia, dal suo canto, con problemi non risolti dal ritrovato leader nuovamente “eleggibile” Silvio Berlusconi, fatica a darsi una dimensione di opposizione soprattutto perché mantiene aperto un filo di collaborazione con lo stesso Salvini che gli ha fruttato un successo insperato persino ai tempi in cui Berlusconi era presidente del consiglio, ovvero la presidenza della commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai, andata addirittura ad un giornalista ex Mediaset.
Indecisioni, posizioni contraddittorie e debolezze che sono anche il pane quotidiano a sinistra. Dove Leu fatica a riflettere sul fatto che ormai strutturalmente una sinistra che non si proponga al governo della nazione supera di poco la percentuale necessaria a un “diritto di tribuna” per un ceto politico in preda a continue divisioni (garantiamo che dando a Fratoianni un seggio per sempre e a Tomaso Montanari una tribuna cartacea di livello e molti problemi ideologici futuri saranno risolti..?)
Il Pd, ancora tramortito dalla botta elettorale, ha avuto necessità di due assemblee nazionali per decidere che il reggente poteva svolgere funzioni di segretario e un’ipotesi di percorso congressuale minimo, ma certo gli italiani, e vieppiù quelli che non votano Pd non saranno certo tentati di tornare a seguirlo per il semplice fatto di immaginare questa o quella candidatura a segretario.
Fare opposizione politica è un lavoro difficile. Talvolta più difficile che governare.
Bisogna inserirsi nell’agenda politica che viene fatta dal governo e dai vincitori delle elezioni e riuscire a dire la propria opinione cercando anche di variare il menù dell’agenda politica stessa.
Ciò presuppone un’analisi del paese sia sociale sia politica. Non solo; ma anche un’analisi della propria sconfitta. Si possono infatti aver fatte proposte interessanti e buone ma non necessariamente ben comunicate oppure rivolte solo a minoranze del paese; o per esempio chiedersi perché – e non entro nel merito – se “la buona scuola”, che pure ha smosso le acque nella palude dell’istruzione e fatto parecchie assunzioni nel comparto, abbia poi registrato tanta negatività in un “classico” elettorato tipico della sinistra italiana.
Tutto questo per ora non è stato fatto. A parte qualche raro tentativo a livello di circoli di base. E allora diventa ancora più difficile costruire ciò che un’opposizione moderna dovrebbe portare come risultato, ovvero l’ipotesi di un’alternativa di governo.
Perché proporre un’alternativa di governo significa mettere assieme forze diverse – appurato che non è all’orizzonte nessuna nuova legge elettorale che ci riporti al sistema prevalentemente maggioritario – che abbiano fatti i conti con i propri errori; stabilizzato leadership riconosciute e riconoscibili, infine confrontato i diversi progetti di società e dunque di proposte politiche al paese nei differenti campi.
Ora, al di là della buona volontà, come abbiamo detto manca sia il primo che il secondo passaggio a sinistra. E non si è nemmeno stabilito quali sono i confini della nuova ipotizzabile proposta alternativa: si tratta solo di far ripartire la sinistra oppure un fronte progressista più ampio che riesca a fare quello che per alcune stagioni riuscì all’Ulivo, ovvero una coalizione di “diversi” uniti da un programma improntato al progressismo o comunque alternativo alle destre italiane?
Per esempio, da qualche tempo si muove tra chat e social network una “rete bianca” in cui confluiscono ex Dc e cattolici popolari che ritengono usurato il tentativo del Pd e necessaria una diversa configurazione delle alleanze ora che esiste un sistema proporzionale, per strappare spazio e consensi ai “sovranisti” euroscettici al governo. Potranno trovare uno spazio di dialogo con le sinistre oppure saranno abbandonati al loro destino? E che dire delle posizioni certamente minoritarie ma che tracciano un giudizio definitivo sul Pd della Bonino e della lista Insieme?
Certo non sono posizioni da sopravvalutare ma nel momento in cui pongono una questione sull’esperimento riuscito solo in parte del Pd che doveva allargare i confini dell’Ulivo almeno nella versione originaria del 2007, se si vuole costruire un’alternativa di governo e non solo coordinare l’opposizione in parlamento si dovrà pur tenerne conto, o no?
Insomma, com’è naturale, dopo un “cambio” così forte come quello del 4 marzo la strada dell’opposizione al governo si presenta difficile e in salita, ma scorciatoie non ce ne sono. Né si può pensare che il presidente Mattarella vada oltre i compiti di guardiano della Costituzione che sta esercitando molto ai confini delle sue possibilità, basti pensare al suo intervento nel caso della nave Diciotti incredibilmente impedita di entrare per due giorni in uno dei porti di competenza del “suo” stato.
L’opposizione non può essere delegata al capo dello stato e i passaggi dell’analisi del voto, dell’analisi di un paese pieno di rancori e di ritorno al “consueto” (sic) “me ne frego”, di una proposta complessiva al paese, non si possono più né rimandare né mettere da parte.
Fotografare la realtà e uscire dal momento della “ripicca” e del “ve l’avevamo detto” deve essere il passaggio necessario, faticoso, amaro, ma anche perché no, stimolante se si vorrà davvero tornare a parlare con tutti gli italiani, anche quelli che hanno preferito “votare contro”.
Un momento di verità obbligatorio ed una presa d’atto definitiva dei risultati del 4 marzo, senza infingimenti o scusanti. Anche facendo questo, si troveranno nuove leadership e nuovi gruppi dirigenti che non nascono nelle scuole di politica (che peraltro non ci sono più) ma dalla lotta politica reale, giorno per giorno, senza rete.
Questo il primo compito di un’opposizione fattiva, senza troppi Twitter o messaggi via Facebook e con, invece, molto contatto col sociale vero, pulsante, a volte certo, anche sgradevole. Almeno se si crede ancora all’idea di voler cambiare la società italiana.

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