[DETROIT]
Bernie Sanders ci crede. Crede sia possibile il successo di Abdul El-Sayed. E invita gli elettori democratici a crederci anche loro. “Facciamo tutto il possibile nei prossimi giorni per creare le condizioni di una vittoria storica in Michigan e in America”.
La vittoria nelle primarie democratiche del Michigan del dottore trentatreenne, figlio di immigrati dall’Egitto, sarebbe sicuramente una pagina indimenticabile della storia di questi anni complicati della politica americana, per gli evidenti connotati e le ripercussioni dell’evento. Ancora più clamorosa perché smentirebbe anche gli ultimi sondaggi che danno largamente in testa la candidata sostenuta dai maggiorenti del partito, Gretchen Whitmer. Bernie dice di non dar loro credito, ricorda che, anche a lui, i sondaggi lo davano inesorabilmente perdente, nelle primarie in Michigan, rispetto alla favoritissima Hillary Clinton nel 2016.
Sanders si è speso molto per Abdul. Ha fatto comizi con lui e per lui un po’ ovunque nel vasto e variegato stato dei Grandi laghi. Comizi affollatissimi. Pieni d’entusiasmo. Pieni di giovani. Un buon successo di El-Sayed – non necessariamente la vittoria – sarebbe una delle migliori conferme che la linea tracciata da Sanders non si è esaurita nel novembre 2016, ma prosegue, fa proseliti,”inventa” anche dal nulla nuove figure disposte a sfidare, come lui, l’establishment democratico. Una linea che trova seguito, soprattutto tra i giovani, tra le minoranze, tra i tanti democratici che hanno smesso di votare, per il disgusto della politica di potere che ha guidato il loro partito nelle ultime presidenziali.
Martedì 7 agosto si vota dunque per scegliere il candidato democratico che correrà per la carica di governatore del Michigan. Si voterà anche per numerose cariche locali e per il Congresso dello stato. Contemporanee di voterà in altri stati. Nelle primarie dove si già votato è stata notevole la partecipazione. E sull’affluenza alta punta l’ottimismo di Sanders.
In Michigan, come in molti altri stati, Abdul El-Sayed è il nome più forte tra i numerosi candidati in lista per diverse cariche locali e statali e per il Congresso con una storia d’immigrazione recente. La loro folta presenza, al di là dell’esito del voto, è già di per sé un’evidente risposta alla pretesa di questa amministrazione di negare uno dei tratti salienti dell’America odierna, la grande varietà culturale, etnica e religiosa, specchio di una demografia in profonda e rapida trasformazione. Che nessun muro di confine, nessun bando all’ingresso di musulmani, nessuna retata di immigrati senza documenti sono in grado di fermare.
Girando nello stato colpisce il numero di manifesti e di lawn sign (i cartelli di propaganda elettorale sui prati) con nomi arabi e asiatici, uniti ai tanti nomi di candidate donne. Il principale sfidante di El-Sayed è Shri Thanedar, nato in India, cittadino americano dal 1980, grande imprenditore nella zona di Ann Arbor, progressista, anche lui, anche se Abdul lo definisce un “fake progressive”, alludendo alla campagna milionaria che si è pagato con i propri dollari.
Che questo movimento non si traduca già domani in un successo elettorale, è possibile, è probabile, dando retta ia sondaggi, ma c’è solo da aspettare il prossimo “giro”.
L’altra America è in fermento e in movimento, e non è affatto disposta ad arretrare e a fermarsi. E bisogna darne merito a Sanders, 76 anni, sempre attivissimo sia nella sua attività di senatore sia nel suo instancabile sostegno ai politici locali in sintonia con lui, siano essi militanti dell’ala socialista (Democratic Socialist) come Alexandria Ocasio-Cortez, siano essi progressisti, come El-Sayed, tutti comunque impegnati sugli stessi fronti principali aperti da Bernie: il salario minino a quindici dollari, l’assistenza sanitaria universale, la gratuità degli studi universitari, il rigetto delle misure anti-immigrazione.
Una piattaforma semplicemente impensabile fino a poco tempo fa, quando il mantra che muoveva la politica democratica era quello dell’occupazione del centro e quando era dato per scontato che le candidature erano decise dall’establishment del partito con il sostegno dei sindacati e della galassia dei gruppi d’interesse legati al partito democratico.
Per rompere lo schema, è stata determinante la sconfitta di Hillary e il contestuale successo di Trump. E certamente ha contribuito l’assenza di Barack Obama sul terreno della riorganizzazione del partito, lasciato al suo destino (clintoniano), durante la sua presidenza.
Così, nella confusione e nel disorientamento seguiti alla sconfitta del 2016, sono emerse figure sconosciute, rapidissimamente diventate star nazionali e perfino internazionali della politica, come, innanzitutto, la ventottenne Alexandria Ocasio-Cortez, forte della sua clamorosa vittoria nelle primarie democratiche nel Bronx contro un cocco dell’establishment, lo scorso luglio.
- Questo quartiere è unito contro l’odio
- Una sola famiglia umana. Sosteniamo i rifugiati e i nostri vicini musulmani
Certo, il voto delle primarie ha una sua connotazione molto specifica. I centristi continuano a sostenere che, loro, hanno più possibilità di sconfiggere i repubblicani nelle elezioni generali, mentre la sinistra può pure vincere le primarie ma nel confronto aperto con i repubblicani cattura solo i suoi voti, non quelli dei moderati.
Sanders che ricorda le primarie vinte in Michigan contro Hillary, è convinto che questo e altri paradigmi abbiano fatto il loro tempo, specie di fronte a un avversario come Trump, che tra l’altro sta facendo campagna attiva per sostenere i suoi candidati. Un attivismo che sta estremizzando al massimo le primarie dei repubblicani, e imponendo una polarizzazione dello scontro con i democratici. In uno scenario così, la sinistra spera di avere più chance, anche contando sulla mobilitazione dei giovani e dei disillusi, attivati appunto dal ruolo di Trump.
L’altro assunto che Sanders considera sorpassato è quello dei distretti elettorati sicuramente dominati dai repubblicani o dai democratici, e nei quali chi non è del partito dominante non ha possibilità di vincere, com’è avvenuto per decenni. La politica attuale sta via spazzando, implacabilmente e spesso con violenta rapidità, molti degli schemi che hanno dominato lo scontro tra democratici e repubblicani.

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