Sono sempre più chiari i messaggi d’isolamento internazionale che arrivano a Daniel Ortega e Rosario Murillo, ormai in ostaggio della popolazione a Managua. La settimana scorsa, nonostante Ortega l’avesse esplicitamente richiesto, papa Francesco ha chiuso la porta in faccia a Denis Moncada, ministro degli esteri nicaraguense in visita in Vaticano.
Lo stesso ha fatto Pietro Parolin, segretario di stato, il “primo ministro” di Bergoglio. Alla fine, a ricevere Moncada, che era latore di una lettera del governo “sandinista” in cui si sosteneva che la causa del blocco dei negoziati è da ricercare anche nell’atteggiamento antigovernativo dei vescovi locali, è stato incaricato un funzionario intermedio dello staterello pontificio. Mentre da parte sua papa Francesco si è fatto ritrarre con i vescovi della Conferenza Episcopale Nicaraguense, alla quale ha rinnovato il suo totale appoggio.
È solo l’ultimo episodio che testimonia l’isolamento internazionale in cui è caduto il governo di Daniel Ortega, appoggiato solo da alcuni paesi dell’Organizzazione degli Stati Americani, come Cuba, Venezuela e Bolivia e dal Foro de São Paulo, la conferenza dei partiti politici di sinistra e altre organizzazioni dell’America Latina e dei Caraibi riunitasi nelle scorse settimane all’Avana. Una sinistra che comunque sempre più subisce lacerazioni al suo interno, con distinguo e dichiarazioni critiche di peso, come quelle pervenute dal padre della teologia della liberazione Leonardo Boff e dall’ex presidente uruguayano Pepe Mujica.
Poco è anche servita la strategia di comunicazione di Ortega, che inopinatamente, vista la sua nota idiosincrasia a sottoporsi alle domande dei giornalisti, nelle scorse settimane ha dato interviste a media internazionali, difendendo con fatica le sue posizioni e spendendosi in incredibili interpretazioni di quanto sta accadendo. Come quando ha descritto un paese che sta uscendo dalla sua più grave crisi dagli anni Ottanta, e sostenuto che le squadracce che seminano terrore e morte nel paese sarebbero composte da ex poliziotti, e non da giovani al soldo del governo.
L’ultima tegola gli è venuta ieri dai possibili effetti della Legge Magnitsky, attraverso la quale il governo americano ha uno strumento per colpire cittadini stranieri corrotti e colpevoli di aver violato i diritti umani. Una legge che aveva già colpito nel dicembre del 2017 Roberto Rivas, presidente della Commissione elettorale dello stato, e nel luglio scorso il vicepresidente di Alba de Nicaragua SA (Albanisa), Francisco López Centeno, il capo della polizia, e consuocero di Ortega, Francisco Díaz, e il segretario politico del Frente Sandinista di Managua, Fidel Moreno. E che fa del governo nicaraguense quello con più esponenti sanzionati dalla legge.
La novità di ieri è che la deputata federale Ileana Ros-Lehtinen, denunciando gli assassini commessi dai gruppi paramilitari, ha pubblicato le foto di quelle che possono essere le prossime vittime della Legge Magnitsky. E ha colpito duro, dato che tra le foto pubblicate figura quella di Laureano Ortega Murillo, consigliere del padre per gli investimenti attraverso l’Agencia de Inversiones Pro Nicaragua, che in passato ha suggerito il famoso contratto del canale fantasma che dovrebbe tagliare in due il paese facendo concorrenza a Panama. Più volte inaugurato anni addietro dal regime, per la sua costruzione non si è mossa una ruspa.
Lo segue il figlio maggiore della coppia Ortega-Murillo, Rafael, il quale è a capo dei maneggi economici permessi dai fondi giunti dalla cooperazione venezuelana dei tempi di Hugo Chavez e dal bilancio pubblico, che hanno permesso alla coppia presidenziale di controllare il sistema televisivo del paese, in parte attraverso il figlio Juan Carlos che dirige Canal 8, molto grazie agli altri sette figli che pure dirigono canali televisivi di informazione.
Laureano e Rafael sono in buona compagnia, e appaiono accanto alle foto di Bayardo Arce Castaño, consigliere economico di Ortega, Gustavo Porras, presidente dell’Assemblea Nazionale, Denis Moncada Colindres, il famoso ministro degli esteri messo alla porta dal papa, Edwin Castro, capo gruppo del Frente Sandinista in parlamento, Alba Luz Ramos, presidente della Corte Suprema de Justicia (CSJ), e Hernán Estrada, procuratore generale della repubblica.
Un attacco più duro non poteva essere sferrato al vacillante potere di Daniel e Rosario, che ancora in questi giorni descrivono un paese sulla via della normalità, rifiutano di dare risposte chiare sui 448 morti, i dati sono dell’Asociación Nicaragüense Pro Derechos Humanos (Anpdh), dal 18 aprile scorso, e soprattutto rifiutano qualsiasi idea di gettare la spugna e andarsene dalla presidenza della repubblica prima della scadenza del 2021, convocando nuove elezioni generali.
Tanto più che questa volta le sanzioni, una morte finanziaria per chi ne è colpito, minacciano di toccare proprio la famiglia presidenziale, ed è difficile pensare che l’iniziativa di Ileana Ros-Lehtinen non goda dell’appoggio di Mike Pompeo, segretario di stato USA, e dello stesso Donald Trump.
Il cerchio si sta stringendo attorno al governo di Ortega, al quale il messaggio che si è voluto recapitare parla chiaro, ed è un invito palese al negoziato alla cui fine c’è solo un’uscita: l’abbandono del potere da parte del duo presidenziale.
Questa è anche l’interpretazione che l’ex vice ministro degli esteri José Pallais ha espresso ieri in un’intervista al quotidiano La Prensa, secondo il quale l’iniziativa della congressista americana sarebbe una pressione esercitata nei confronti di Ortega con l’intento di spingerlo verso
[…] un’uscita negoziata, che garantisca un cambiamento democratico, verso la libertà e che implica la celebrazione di elezioni anticipate.
Come possa reagire ora Ortega a tutto questo, quando appare sempre più chiaro che la via fino ad ora scelta è quella dell’arroccamento al potere, lo si vedrà già nei prossimi giorni. Chi lo conosce come combattente tenace, è convinto che egli possa scegliere di rompere con gli Stati Uniti in caso le sanzioni colpissero i due figli. E sarebbe la strada del confronto totale, il gettare alle ortiche ogni velleità di un negoziato che in questi mesi il governo ha utilizzato solo come escamotage per prendere fiato e sperare che la sollevazione popolare rientrasse.
Da registrare il parere opposto dell’ex procuratore Alberto Novoa, che non crede che si arriverà a una rottura delle relazioni con gli Stati Uniti, anche perché si tratterebbe di una sanzione economica derivante dal Tesoro americano, che non è così vincolato al Dipartimento di stato. E a La Prensa si dichiara convinto che Ortega non continuerà con le sue chiusure e sarà costretto a negoziare.
Quanto la sua ipotesi sia reale, e quanto invece Daniel e Rosario siano disperatamente attaccati a un potere che ormai è soltanto familiare, perché di rinuncia a esso comunque si tratterà se Ortega ritornerà a negoziare, lo capiremo già nelle prossime ore.

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