Con trentotto voti contro trentuno, il no alla depenalizzazione dell’aborto passa nella notte in Argentina, mentre migliaia di militanti verdi, il colore di coloro che sono favorevoli al superamento di una legge presente nel codice penale che risale al 1921, hanno organizzato una veglia sotto la pioggia che ha battuto le strade nei pressi del parlamento.
Ai voti dei partiti contrari, si è aggiunto quello del peronista José Alperovich, seguace dell’ex presidente Cristina Kirchner, lei sì favorevole alla conferma di quanto già aveva deciso la camera dei deputati.
Ora il progetto di legge potrà essere discusso solo nel prossimo 2019, e potrà quindi rientrare a pieno titolo tra i temi della prossima campagna elettorale. Con una precedente votazione la camera dei deputati aveva votato una legge che ammetteva l’interruzione volontaria fino alla quattordicesima settimana di gestazione come prestazione di base in tutte le strutture pubbliche e private, nel quadro del programma medico obbligatorio (pmo).
Tenuto conto che in Argentina si registrano tra le quarantasettemila e le cinquantaduemila ospedalizzazioni conseguenti alla pratica degli aborti clandestini, le cui vittime tra le donne sono state quarantatre solo nel 2016.
Hanno avuto quindi peso le richieste del movimento celeste che ha mobilitato gli antiabortisti, decisi a difendere la vita a ogni costo, con l’appoggio della chiesa cattolica che, nella battaglia del voto al senato, si è fatta particolarmente sentire, e comunque molto più dell’occasione del voto dei deputati.
Mentre il presidente Mauricio Macri aveva espresso pubblicamente la propria contrarietà alla legge che avrebbe introdotto l’aborto, dagli ambienti della Casa Rosada è stato fatto trapelare a poche ore dalla deicione del senato che si sta valutando di proporre la depenalizzazione per la donna che ricorre all’aborto, attraverso una riforma del codice penale che sarà inviata al congresso entro il mese.
Secondo tale riforma, contrariamente a quanto ora accade, per una donna che interrompe una gravidanza non scatterebbe l’arresto, mentre rimarrebbe comunque l’assistenza statale in caso di stupro o di rischio per la vita della gestante.
Il progetto di depenalizzazione dell’aborto ha in queste settimane scosso il paese, che si è profondamente diviso in campagne pro e contro, alle quali non hanno fatto mancare il loro appoggio anche personalità del mondo dello spettacolo internazionale.
Prima che il senato si riunisse per decidere, Mauricio Macri, aveva prima preso le distanze dal voto dei deputati e si era espresso a favore della vita. In seguito aveva fatto conoscere una sua opinione personale in privato, dicendo che “il tema principale era il diritto delle donne a decidere”. Osservando pubblicamente che “non importa quale sarà il risultato, oggi vince la democrazia”.
Nella riunione di governo fatta subito dopo il voto, il presidente ha promesso una politica a sostegno degli anticoncezionali soprattutto per evitare le gravidanze tra i giovani, mentre dagli ambienti della Casa Rosada si è fatto filtrare che una commissione di esperti sta pensando alla riforma dell’articolo del codice penale riguardante l’aborto.
L’intenzione sarebbe di eliminare la pena carceraria per la donna introducendo sanzioni alternative. In altre parole, l’aborto rimarrebbe comunque un delitto per la legge argentina ma escluderebbe il carcere per la donna, mentre lo manterrebbe per i medici e sanitari che provocano l’interruzione della gravidanza.
Un modo di ricercare il consenso nella società e degli ambienti della chiesa cattolica, si è premurato di precisare il ministro della giustizia argentino, che “può essere tollerato da tutti”.
Garantendo un protocollo di assistenza medica per gli aborti originati da violenza carnale e con rischio per la vita. Più o meno la stessa cosa che avevano tentato di far passare gli abortisti al senato davanti alla prospettiva di un voto a loro sfavorevole. Come appunto poi è stato.