Casanova a Venezia: una storia in gran parte conosciuta. Dal battesimo a San Samuele, e nella stessa chiesa, i due sermoni, uno trionfale e il successivo catastrofico, del giovane tonsurato e dotto laureato di Padova con appena quindici anni, fino alla leggendaria fuga dai Piombi. Senza dimenticare le emorragie nasali dell’infanzia e le prime esperienze para mediche presso una strega di Muran, le impazienze amorose dell’ardente adolescente al Palazzo Malipiero, l’eloquenza del bel parlatore del Palazzo Bragadin, o gli exploits dell’audace seduttore dell’eroticissima suora del convento di Murano. A mo’ di percorso iniziatico sulla Venezia d’allora, basta lasciarsi guidare dalle Memorie.
Ma il Casanova settantenne al termine della sua esistenza, “arrestando le sue corse” come diceva, dopo alcuni infruttuosi a Vienna, a Praga, o a Dresda, al Castello di Dux in Boemia, l’attuale Duchcov, lo è molto meno.
A Venezia ogni zona d’ombra è lungi dall’essere tolta. Fosse solo l’identità della famosa M. M., la suora di Murano, o il nome del convento, tra i sette allora presenti nell’isola, sempre soggetti a controversia. I casanovisti hanno a lungo esitato tra Maria Lorenza Pasini, chiamata Maria Maddalena al convento S. Giacomo di Galizia, e Maria Eleonora Michiel, ma sembrano accordarsi oggi sul nome di Marina Maria Morosini, reclusa al convento S. Maria degli Angeli. Per nascondere il suo ritratto inserito nel medaglione che offre segretamente alla sensuale M. M., Giacomo aveva fatto eseguire una mimetizzazione con la Vergine dalla braccia aperte, identica all’Annunciazione del Pordenone sovrastante l’altare maggiore della cappella di S. Maria degli Angeli. Indizio, sembra, in effetti incontestabile.
Peccato tuttavia che il casin che il futuro Cardinale di Bernis, ambasciatore di Francia a Venezia e protettore della suora, gaudente e voyeur, metteva a disposizione della coppia clandestina a Murano, godendo attraverso uno spioncino segreto del darci dentro eroico dei giovani amanti, situato, sembra, verso l’estremità nord del Canale San Donato, sia secondo ogni verosimiglianza scomparso. Sarebbe stato un testimonio perfetto dei luoghi di libertinaggio privati in quest’epoca. Entusiasta delle performance di Giacomo e della sua suora, il Cardinale rimarrà comunque negli anni seguenti un protettore sempre fedele dell’avventuriero che solca le strade d’Europa.
L’attrazione per i conventi non avrebbe a dire il vero mai lasciato Casanova. In un momento di abbattimento, prenderà in considerazione anche di farsi monaco al convento di Einsiedeln in Svizzera. Ma alla fine della vita, furono meno la trasgressione e i piaceri con le piccole suore della riflessione di ordine teologico e le giostre filosofiche che occuperanno largamente i suoi ultimi tredici anni passati a Dux.
Certo, sotto impulso del Principe di Ligne, rincontrato nella sua residenza di Toeplitz/Teplice, allora città di cure molto alla moda dove si ritrovava l’aristocrazia europea, zio del Conte di Waldstein (quanto alla famiglia Wallenstein – vedere Schiller!), proprietaria del castello di Dux situato a dieci chilometri, che offrirà al vecchio errante la carica di bibliotecario con incarico di occuparsi della sua collezione di quarantamila volumi, Casanova si metterà nella fredda e lontana Boemia del Nord a scrivere la sua grande opera, intitolata Histoire de ma vie, in francese, “la lingua delle nazioni”, tremila e settecento pagine in-folio redatte in quattro anni e ricorrette fino ai suoi ultimi giorni. Proprio come il suo romanzo visionario Isocameron, scritto innanzitutto in italiano, poi finalmente ugualmente in francese, o la sua Histoire de ma fuite des plombs, dopo che ne ebbe dovuto per migliaia di volte farne racconto nei saloni delle Corti europee.
Ma se si può comprendere che per pudore le scuole della Repubblica rinunciano a mettere le Mémoires nei programmi di studio, non si potrebbe che raccomandare loro di iscrivere al contrario altri scritti pensati a Dux, il dialogo per esempio di Casanova con Dio, sotto forma di un sogno, o i diciotto dialoghi riuniti sotto il titolo Le Philosophe et le Théologien. Un’opera maestra sul libero pensiero, dove le religioni, le loro storie, i loro settarismi, le loro imposture, il fanatismo dei monoteismi e “l’orribile dogma dell’intolleranza”, sono passati al setaccio del ragionamento filosofico. Casanova così, dopo aver in particolare fatto lungamente riferimento all’Imperatore Giuliano, e al suo Contro i Galilei fa dire finalmente al suo Filosofo:
Un nemico della ragione non può essere che un mostro, e il teologo si dichiara tale. Voi non fate che predicare contro la ragione.
Radicale, ma ai nostri tempi di predicatori fondamentalisti, non inutile.
E nel suo intrattenersi con Dio (Sogno. Me. Dio) conferma:
Me: “E che devo pensare, mio buon Dio, di tante religioni differenti per le quali si crede di renderti un puro omaggio e meritare la tua grazia?”
Dio: “Ogni religione, figlio mio, è derivata dal timore ed è stata nutrita dall’ambizione e dall’interesse. Le religioni furono le cause di tutte le disgrazie del genere umano; esse gli furono molto più funeste delle guerre… L’essenziale è di essere giusto, e di lasciare che ciascuno pensi come vuole”.
Come si vede, tenuto conto della porosità attuale delle nostre società laiche e democratiche di fronte al ritorno dei fanatismi e dogmatismi di natura religiosa, il recluso di Dux merita che ci si soffermi un po’ più a lungo sulla sua abbondante produzione filosofica e letteraria. Che per certi aspetti potrebbe facilmente fare concorrenza a Voltaire.
Certo, il Principe di Ligne, che Casanova distraeva, ce l’ha descritto, con bonomia ma con una penna pungente, come un vegliardo irascibile, suscettibile, un poco desueto, ovvero ridicolo, anche capriccioso, reclamante a alte grida i suoi biscotti preferiti, chiamandoli ironicamente Aventuros, e inoltre dice “per quel poco che a lui dispiaccia, egli è cattivo, astioso e detestabile”.
In breve, un Casanova molto paranoico nel suo fin di vita, altrimenti in conflitto permanente con il maggiordomo di Dux e il suo infame servitore, al quale scriverà diciotto lettere di ingiurie, alla fine non pubblicate, un’antologia nella materia, e del quale otterrà in fin dei conti il licenziamento da parte del Conte di Waldstein. Il che non gli impedirà di tradurre Orazio, e infarcire le sue Mémoires di un numero impressionante di citazioni latine, Orazio sicuramente per primo, filosofiche o poetiche.
Avendo avuto, ben inteso, il privilegio di essere uno dei primi lettori del manoscritto dell’Histoire de ma vie, il Principe di Ligne, che molto aristocraticamente non storceva il naso davanti alle affermazioni salaci, farà comunque uno dei più bei commenti sulle Mémoires, su cui Casanova poteva sognare:
Un terzo mi ha fatto ridere, un terzo me l’ha fatto alzare, un terzo mi ha fatto pensare. I due primi volumi vi fanno amare alla follia, e l’ultimo vi fa ammirare. Voi l’avete vinta su Montaigne; è il più gran elogio secondo me.
Verosimilmente stimolato da questa somma biografia del suo amico Giacomo, il Principe scriverà peraltro la sua propria biografia, e l’intitolerà: Fragments de l’histoire de ma vie. Un omaggio evidente.
Casanova tormentato dunque dalla terra intera, e quotidianamente dagli “invidiosi bricconi” del castello di Dux, che hanno fallito nel farlo “divenire pazzo o morire di tristezza”, non cesserà quindi di sognare. Nel suo Coup d’oeil sur bel-oeil et une grande partie des jardins de l’Europe, ritrovato negli archivi di Dux, scritto nel 1795, tre anni prima della sua morte, dove egli si autorizza a criticare il giardino del castello di Bel-Oeil, in Belgio, la residenza principale del Principe di Ligne, egli rappresenterà se stesso come Paradisomane, e immaginerà il suo giardino ideale, che voleva ispirato a suo caro Ariosto, con il suo Orlando Furioso dipinto a fresco in integrale sui muri esterni e interni di sei case erette secondo l’ordine architettonico che il poema esige.
Peccato che il Conte di Waldstein, che ha ben voluto assumere i debiti dello sventurato Casanova dovuti tra l’altro ai suoi scacchi editoriali, non abbia per nulla concretizzato nei giardini di Dux il sogno del discepolo dell’Ariosto!
Soprattutto quando si sa che la questione del Paradiso ritornava in maniera ricorrente nella sua opera, e particolarmente nel suo Isocameron, con un paradiso situato al centro della terra, dopo lunga giustificazione appoggiata su uno studio approfondito della Genesi, sviluppata nella sua Prefazione.
Ben inteso le noie della salute non l’avrebbero risparmiato, ciò che ci regalerà una disputa omerica con il suo medico O’Reilly, sulla geografia intestinale in particolare, e sembra che egli abbia dovuto lottare con le sofferenze legate a una gotta persistente. Gli archivi di Dux ci svelano d’altra parte il segreto di una ricetta inventata da Casanova, che da sempre diffidava della medicina e dei medici, per curare la gotta. Non si può che raccomandarla ai ferventi delle medicine naturali: latte di capra, aristolochia longa, legno di guaco, legno di sassofrasso, sei grammi di sale di assenzio, e altrettanti di sale di ammoniaca. Senza dimenticare gli occhi granchio polarizzati per evitare che il latte quagli. Avviso agli amatori!
Casanova non voleva morire di gotta, come Foscarini, ambasciatore di Venezia a Vienna, di cui fu lo scrivano per scrivergli le lettere. Con tutta verosimiglianza la vescica fu quello che gli fu fatale. Ma egli ha amato passionalmente la vita. Egli ha “detestato la morte”, e secondo le sue ultime parole prima di spirare, egli ha “vissuto in filosofia”. La sua tomba si trova a Dux. La tomba simbolica. Perché la tomba reale non è stata ritrovata.
La digitalizzazione degli archivi di Dux è in corso. Un’impresa di lungo respiro. Dopo l’acquisto da parte della Bibliothèque Nationale de France nel febbraio 2010 del manoscritto originale dell’Histoire de ma vie (per sette milioni e mezzo di euro), un gruppo di ricercatori legati al Cnrs (Centre National de la Recherche Scientifique) e all’Ecole Nationale Supérieure de la rue d’Ulm a Parigi si è in effetti costituita per digitalizzare l’insieme dell’opera casanoviana, corrispondenza inclusa.
Gli archivi di Dux, divisi tra i Fondi di Archivio casanoviano di Praga e il Museo di Mnichovo Hradiště, dove si trovava un’altra proprietà della famiglia Wallenstein, ne faranno naturalmente parte. E verosimilmente rimane molto da scoprire.
L’identità reale delle 142 conquiste di Casanova recensite nelle Mémoires, nascoste la maggior parte del tempo sotto iniziali o nomi di battesimo fittizi, sarà certamente messa in luce. Ma è soprattutto la visione globale dell’enciclopedista viaggiatore, hypermnesico, geometra e moralista, sognatore e visionario, che farà epoca.
Il Casanova veneziano, libertino e europeo, ha di sicuro fatto storia. Ma l’opera fu nei fatti scritta a Dux. Per la posterità.
Non dimentichiamo dunque l’altro Casanova, quello di Dux.
[traduzione di Claudio Madricardo]
Nell’immagine di copertina Marcello Mastroianni interpreta Giacomo Casanova ne Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola (La Nuit de Varennes è il titolo francese del film, una co-produzione italo-francese).

“Nel marzo scorso quando sono andato a Murano per vedere S. Maria degli Angeli, ho avuto un allucinazione: Casanova nelle nuvole sopra l’isola…”, Patrick Guinand [foto dell’autore]

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