Flavia Paulon è il Festival

Il ritratto di una donna straordinaria, figura chiave per cinquant’anni della Mostra del Cinema a Venezia
BARBARA MARENGO
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Dal 1932 al 1987 è stata l’anima della Mostra del Cinema di Venezia. Una donna sempre sorridente e spigliata, Flavia Guidini sposata Paulon. Una donna che registi, attori, direttori e giornalisti identificarono per anni con la rassegna cinematografica più antica del mondo, da quando al Lido di Venezia, sulla terrazza dell’Excelsior, inizia per volere di Giuseppe Volpi l’avventura alla quale Flavia dedicò la vita: la Mostra del Cinema. E sarà importante questa avventura, se dal quel lontano 1932 registi e produttori inviano direttamente a lei le bobine dei film da selezionare, scrivendo semplicemente come indirizzo “Flavia Paulon, Venezia”. Sorpassando così ufficio stampa, direttori, uffici vari.

La sua è una vita iniziata in Inghilterra, dove Flavia nasce nel 1906 da Giuseppe, svizzero italiano laureato a Ca’ Foscari, e da Sophia Sorgudjan, appartenente a un’aristocratica e poliglotta famiglia armena che da Costantinopoli si stabilì a Londra per fuggire le persecuzioni nell’impero ottomano. La nonna paterna di Sophia aveva sposato un conte Zorzi veneziano, e a Venezia Flavia approdò adolescente dopo il divorzio dei genitori: come cittadini svizzeri, poterono separarsi. Mamma Sophia espose una scultura alla Biennale d’Arte del 1936 e Flavia si iscrisse al liceo Marco Polo diventando veneziana di cuore e di anima. Sposò giovanissima Mario Paulon, ebbe quattro figli e una vita matrimoniale armoniosa e affettuosa, iniziò per caso a lavorare come segretaria con Elio Zorzi, allora capo ufficio stampa della Biennale d’Arte, nata nel 1895 con Riccardo Selvatico sindaco lungimirante e Antonio Fradeletto segretario generale.

Venezia, Piazza San Marco. Da destra: Flavia Paulon, Edward G. Robinson, Elio Zorzi. Courtesy Archivio Flavia Paulon

Cinema a Venezia: forse era destino. Da quando i fratelli Lumière, inventori della nuova forma d’arte, approdano in laguna dieci anni prima della nascita di Flavia, nel 1896: per due mesi al Teatro Minerva a san Moisè si proiettano film su Venezia, tra l’entusiasmo di un numerosissimo pubblico. Flavia conobbe i due Lumière a una edizione della Mostra, divenne amica e consigliera dei maggiori intellettuali, artisti, registi e produttori, e iniziò una rutilante carriera non troppo dietro le quinte del cinema italiano e internazionale.

Flavia Paulon dal suo ufficio alla Mostra del Cinema, esprimendosi correntemente in inglese, francese e tedesco, accoglieva e indirizzava le centinaia di persone che durante i festival chiedevano informazioni. Nel mentre, Peggy Guggenheim le chiedeva consiglio sull’acquisto di Ca’ Corner dei Leoni per esporre la sua collezione d’arte, e Francesco Pasinetti, Massimo Bontempelli e soprattutto Gian Luigi Rondi non potevano fare a meno del suo spirito organizzativo, del suo entusiasmo e del suo buon umore.

1958 Venezia. XIX Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Da sinistra: Alberto Lattuada, Carla Del Poggio, Peggy Guggenheim e Flavia Paulon. Courtesy Archivio Flavia Paulon

Elena Casadoro è laureata a Padova con una tesi dal titolo “Flavia Paulon, la Dogaressa del Cinematografo” ed è autrice di “Flavia Paulon è il festival” edito nel 2006 da Electa, frutto di una minuziosa ricerca all’Archivio Storico delle Arti Contemporanee.

Casadoro racconta con passione la storia straordinaria di questa donna straordinaria. In un mondo di uomini, Flavia Paulon non poteva accedere che alla qualifica di segretaria, ma veniva ufficialmente definita “con l’incarico particolare di curare i rapporti con i produttori italiani ed esteri e di collaborare alle ricerche e alle selezioni dei film. Collaborazione con l’Ufficio Stampa alla preparazione del Catalogo Generale”.

L’ufficio dal quale Flavia Paulon organizzava il lavoro per il Festival è descritto come una stanza sempre piena di gente in cerca di informazioni o contatti, gente che si esprimeva in tutte le lingue, parlando contemporaneamente, mentre lei, capitano della scrivania e dei telefoni, continuava a lavorare. Oggi sono almeno cinque gli uffici con relativi staff che si occupano di tutto questo.

Cannes, Flavia Paulon e Monica Vitti. Courtesy Archivio Flavia Paulon

Nel centenario della sua nascita, la Biennale ha dedicato a Flavia una retrospettiva con materiale fotografico e testimonianze autografe di esponenti del mondo del cinema, sempre curata da Casadoro, intitolata “Flavia Paulon è il Festival”. Nell’introduzione, “Flavia Paulon angelo necessario e Ministro degli Esteri della Biennale”, Gian Piero Brunetta la definì una “instancabile tessitrice di rapporti internazionali”. Giorgio Busetto, all’epoca della pubblicazione Direttore dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee, parla dell’“inesauribile creatività” di Flavia Paulon, e sottolinea come il personaggio che viene descritto dalla biografia della Casadoro

merita tutta l’ammirazione che appaiono tributargli non solo gli intervistati, non solo i cronisti che in più occasioni la descrivono all’opera al Festival del Lido, ma altresì la stessa autrice.

“La dogaressa contestata” è un volume che la Paulon scrisse negli anni turbolenti che portarono la Mostra del Cinema a un lungo declino: considerato fino a oggi il più completo ed esaustivo libro sul Festival, si affianca alle altre intelligenti intuizioni di madame Flavia che fu tra i fondatori del Festival Cinematografico di Fantascienza di Trieste, del Festival sull’Arte di Asolo, creatrice della rivista “Film”, impegnata nella Rassegna Internazionale del Film Scientifico e Didattico a Padova per le sue diciotto edizioni, oltre che nel Festival Internazionale del Cartone Animato.

Tutto questo, come ricorda Casadoro, senza personale, ufficio stampa o collegamenti particolari, in anni ben lontani da email e internet: da casa Flavia Paulon, con telefono e lettere, grazie ai suoi mille e mille contatti personali, svolgeva una incessante attività di lavoro collegando Venezia al mondo. E ricordiamo che era madre di quattro figli. Anche quando suonò l’età della pensione, “la gran donna della Biennale” (così la ricorda Giorgio Busetto), la funzionaria instancabile continuò a lavorare, perché i direttori che si alternavano in momenti più o meno difficili richiedevano il suo impegno. Questo fino al 1987, anno della morte, che la colse a 81 anni al tavolo di lavoro, a primavera, quando si stringono i contatti per il Festival di agosto.

Le idee mi nascono come delle viole nel cervello e si moltiplicano,

così disse in un’intervista alla RAI madame Flavia.

 

Tutte le fotografie sono riprodotte per cortesia dell’archivio Flavia Paulon.

Flavia Paulon è il Festival ultima modifica: 2018-08-28T18:59:49+02:00 da BARBARA MARENGO
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